Un numero considerevole di cittadini statunitensi si sono trovati inaspettatamente coinvolti nell'ampio utilizzo di sanzioni finanziarie da parte di Washington per punire i suoi avversari globali, secondo quanto riportato da Bloomberg in un articolo pubblicato lo scorso mercoledì.
Le istituzioni bancarie degli Stati Uniti stanno diventando sempre più restie ad effettuare transazioni con individui o entità legate ai paesi soggetti a restrizioni, per timore di subire pesanti sanzioni da parte delle autorità di regolamentazione. Queste istituzioni sostengono di non discriminare, ma affermano che i segnali provenienti dai regolatori sono spesso ambigui e che le restrizioni sono complesse e soggette a frequenti cambiamenti.
Ci sono racconti di cittadini nordamericani che si trovano in situazioni difficili a causa di queste politiche. Ad esempio, Shahbaz Salehi, un cittadino statunitense di origine iraniana, non è stato in grado di trasferire l'eredità lasciata da suo padre in Iran a causa delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro il paese. Nonostante abbia cercato di seguire tutte le direttive del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, ha incontrato numerose difficoltà.
L'uso massiccio di sanzioni è diventato uno strumento comune per esercitare pressione su paesi considerati avversari senza dover ricorrere alla forza militare. Paesi come Russia, Cuba, Iran, Venezuela, Siria e Corea del Nord sono tra i più colpiti da queste restrizioni, mentre altri paesi sono soggetti a misure punitive meno severe.
Tuttavia, l'abuso delle sanzioni ha avuto un impatto significativo su diverse comunità, inclusi immigrati e organizzazioni benefiche, nonostante le autorità siano a conoscenza di questa problematica. Si è sollevato il dibattito sulla legalità di queste azioni, con alcune voci che sottolineano come talvolta le sanzioni colpiscano più gravemente coloro che non sono direttamente coinvolti nelle dispute politiche.
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