Guerra ucraina, la “disperazione” neocon



Piccole Note


Lo tsunami Navalny si è abbattuto su entrambe le sponde dell’oceano con effetti differenti. Se negli Usa l’effetto è stato attutito, salvo qualche intemperanza verbale verso Putin, in Europa ha avuto l’effetto della benzina sulle fiamme in via di estinzione della guerra ucraina, ravvivando l’incendio.

Guerra ucraina, la “disperazione” neocon

Al congresso Usa infatti i repubblicani fedeli a Trump sembrano aver resistito alle pressioni neocon per rilanciare la crociata anti-russa. E questa non è cosa da poco visto che la Camera dovrà decidere del nuovo stanziamento destinato all’Ucraina, o meglio dovrà decidere un nuovo finanziamento destinato alle aziende Usa che producono armi destinate all’Ucraina, come ha recentemente puntualizzato la Nuland, citata Ron Paul.

In questi giorni in cui i lavori della Camera sono sospesi i lobbysti saranno certamente all’opera per convincere, in maniera più o meno brutale, i ribelli. L’esito del voto è ancora in bilico ma non vengono segnalati, fino ad oggi, particolari rivolgimenti.

A grippare l’ingranaggio neocon è però arrivata la dichiarazione di Dmytro Budanov, capo dell’intelligence militare di Kiev, che ha affermato che la morte di Alexei Navalny è avvenuta per cause naturali e ha pensato di dover anche precisare che tale informazione era “confermata”. Probabilmente anche lui sarà “invitato” a ritrattare ma quel “confermato” rende ogni eventuale smentita più difficile e meno credibile.

È evidente la divisione che scuote gli Usa e di cui scrive Ron Paul, il quale evidenzia la “disperazione” della Nuland che, in una intervista alla CNN, ha fatto un appello alla Camera affinché approvi il finanziamento per la guerra ucraina.


Iraq, Afghanistan, Siria, Libia…meglio l’Ucraina

Cosi scrive l’ex senatore Ron Paul: “C’è qualche americano che crede ancora che Washington stesse ‘difendendo la democrazia e la libertà’ quando ha usato un mucchio di bugie per portarci in Iraq, distruggendo un Paese e uccidendo forse un milione di persone? Che ne dite di quando, dopo 20 anni in Afghanistan, siamo riusciti a sostituire i talebani… con i talebani? E la Siria, la Libia e tutti gli altri interventi?”

“Washington stava ‘difendendo la democrazia’ quando la Nuland e il resto dei neoconservatori nel 2014 rovesciarono un governo democraticamente eletto in Ucraina?” (titolo dell’articolo: “Dopo due anni, i neocon bramano disperatamente una rinnovata guerra in Ucraina”).

Infine, a commento di un recente sondaggio che indica come “il 70% degli americani vorrebbe che si iniziassero i negoziati per concludere la guerra in Ucraina”, Ron Paul scrive: “Gli americani non sostengono più il progetto bellico dei neocon sull’Ucraina. C’è da festeggiare”.

Nell’intervista alla Cnn la Nuland aveva aggiunto: “Dobbiamo rammentare che la maggior parte di questo denaro ritorna direttamente nella nostra economia per produrre quelle armi…”. Inutile riportare l’ovvio commento del senatore Usa all’inusuale sincerità della Nuland, che disvela la mistificazione degli “aiuti” all’Ucraina, che in realtà servono solo a finanziare il “complesso militare-industriale” made in Usa.

Più esauriente di Ron Paul, un articolo del Washington Post di Max Boot. Lo scorso 2 ottobre, nel tentativo di smuovere i repubblicani dal loro niet agli aiuti, l’autorevole cronista del Post aveva scritto: con trasporto: “È un incredibile investimento […] La guerra in Ucraina ha un aspetto positivo impressionante anche rispetto ad altre guerre per procura realizzate dai repubblicani”.

La resistenza dei repubblicani che fanno riferimento a Trump sta mettendo a rischio questo “incredibile investimento”, ma non è detto che questa sia condizione sufficiente a interrompere il fiume di soldi diretti in Ucraina (per poi ritornare nella casse delle aziende di armi).

Del sequestro dei fondi russi congelati e altre idee balzane

Infatti, da tempo è sul tavolo l’idea di sequestrare i fondi russi congelati nella banche Occidentali per finanziare la guerra, riproposta ieri dal capo della Federal reserve Janet Yellen. Gravi le incognite e i rischi di tale operazione evidenziati anche da un recente articolo del Financial Times ( vedi: “Le insidie nascoste nel sequestro dei beni russi per finanziare l’Ucraina”).

Ai falchi non resta che aizzare la NATO, cioè i paesi europei, a sostenere con rinnovata energia [e soldi] Kiev per sopperire le defaillance americane. Il “momento Navalny” è capitato nella scena mondiale con perfetta scelta di tempo, ma, come tutti gli attimi, potrebbe rivelarsi fuggente.

La situazione ucraina sta infatti rapidamente peggiorando e i paesi europei devono fare i conti con il fattore tempo. Non è detto che ulteriori aiuti, anche quando fossero decisi, arrivino in tempo. Il rischio di un collasso del fronte ucraino è infatti alto (dopo il lento degrado, può cedere di schianto).

Così al recente vertice di Parigi si è parlato di alzare ulteriormente la posta e di inviare soldati NATO al fronte, con Macron che ha avanzato pubblicamente la folle proposta.

Neanche nei momenti più bui della Guerra Fredda, quando l’URSS incuteva reale timore, si era mai ipotizzato una sciocchezza di questa portata che indica il livello di follia della classe dirigente dei paesi dell’Ue i quali, evidentemente, non si rendono conto che così si va a innescare la terza guerra mondiale.

Esclusa, per ora tale follia, avendo Macron ricevuto picche un po’ da tutti gli alleati, resta solo la carta “aiuti”, alla quale allegare la carta mercenari già giocata (utile per dar rinforzo ma del tutto inutile a tenere il fronte).

Non basterà, la guerra è persa e lo sanno perfettamente. Si tratta solo di decidere i tempi. E a farne le spese saranno gli ucraini, blanditi con l’idealistica, utopica, promessa di un recupero dei territori perduti, che sono ormai persi per sempre (vedi ad esempio recenti articoli di Foreign Affairs e del Wall Street Journal).

L’unica via per porre fine a tale follia resta la diplomazia, ma i neocon, e altri con loro, non vogliono rinunciare alla loro guerra per procura. Lo indica anche il niet alla proposta di congelare la guerra lungo le linee del fronte opposto alla Russia lo scorso autunno, proposta e diniego spiegata nel dettaglio da New York Times del 23 dicembre scorso.

Un rifiuto sprezzante al quale è seguito non un successo, ma la sconfitta di Adviika e il parallelo sfaldamento del fronte Sud. E tanti altri morti. Il sonno della ragione non produce vittorie, ma mostri.

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