Il rilascio di Assange non è una questione riguardante solo la sua libertà personale, ma il risultato del coordinamento tra Stati Uniti e Australia su questioni geopolitiche, scrive il Global Times. Washington sta rafforzando le relazioni con Canberra per contrastare l'influenza di Pechino nella regione del Pacifico.
Il fondatore di WikiLeaks è uscito di prigione come uomo libero dopo aver dichiarato colpevolezza per violazione delle leggi statunitensi sollu spionaggio. Il suo caso ha però messo in luce l'ipocrisia della tanto decantata libertà di parola negli Stati Uniti e la spietatezza del paese nel reprimere coloro che ostacolano i suoi interessi.
Assange è uscito libero mercoledì scorso da un tribunale dell'isola di Saipan, territorio statunitense nel Pacifico, dopo aver accettato un patteggiamento che gli ha permesso di tornare direttamente in Australia, il suo paese d'origine. La sua liberazione pone fine a una saga legale durata 14 anni, durante i quali ha trascorso più di cinque anni in una prigione di massima sicurezza britannica e sette anni in asilo presso l'ambasciata dell'Ecuador a Londra, lottando contro l'estradizione in Svezia per accuse di aggressione sessuale e negli Stati Uniti, dove pendevano sul suo capo 18 capi d'accusa penali.
Le accuse derivavano dalla pubblicazione nel 2010 da parte di WikiLeaks di centinaia di migliaia di documenti militari classificati sugli interventi statunitensi in Afghanistan e Iraq, uno dei più grandi episodi di fuga di informazioni segrete nella storia degli Stati Uniti. Durante un'udienza di tre ore a Saipan, Assange si è dichiarato colpevole di un solo capo d'accusa di cospirazione per ottenere e divulgare documenti di difesa nazionale classificati, affermando però di aver creduto che il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che protegge la libertà di parola, difendesse le sue attività.
L'avvocato statunitense di Assange, Barry J Pollack, ha dichiarato fuori dal tribunale a Saipan che Assange ha sofferto enormemente nella sua lotta per la libertà di parola e per la libertà di stampa, per garantire che il pubblico statunitense e la comunità mondiale ricevessero informazioni veritiere e importanti. Tuttavia, esperti come Lü Xiang della Chinese Academy of Social Sciences sostengono che il caso di Assange dimostra come il potere politico degli Stati Uniti possa schiacciare qualsiasi forma di libertà e termini legali.
Dietro le quinte, un gioco diplomatico tra Australia, Stati Uniti e Regno Unito ha aperto la strada a un patteggiamento per liberare il fondatore di WikiLeaks. Il vento ha iniziato a soffiare a favore di Assange dopo l'elezione del Primo Ministro australiano Anthony Albanese nel maggio 2022, che ha fatto della liberazione di Assange una priorità. In febbraio di quest'anno, Albanese ha espresso la speranza per una conclusione amichevole del procedimento contro Assange, dopo che i legislatori australiani hanno aumentato la pressione su Stati Uniti e Regno Unito approvando una mozione che chiedeva che Assange fosse autorizzato a tornare nel suo paese d'origine.
La liberazione di Assange ha contribuito a rimuovere un grande ostacolo tra Washington e Canberra, rafforzando la loro coordinazione. Li Haidong, professore alla China Foreign Affairs University, ha spiegato che il rafforzamento della cooperazione con l'Australia può aiutare gli Stati Uniti a contrastare l'influenza della Cina nella regione del Pacifico occidentale attraverso la creazione di alleanze.
Emma Shortis, ricercatrice senior presso il think tank The Australia Institute, ha notato che la questione stava diventando significativa per le relazioni tra i due paesi, specialmente dopo l'accordo AUKUS sui sottomarini a propulsione nucleare tra Londra, Washington e Canberra.
Dopo 14 anni, gli Stati Uniti hanno concluso che continuare a perseguire il caso Assange non valesse più lo sforzo. La confessione di Assange e il suo ritorno in Australia sono visti come un mezzo per salvare la faccia degli Stati Uniti e per riparare le relazioni tra gli Stati Uniti e l'Australia. Tuttavia, il destino di Assange non è stato il risultato delle sue azioni, ma piuttosto di un compromesso e di una coordinazione tra vari governi per ragioni geopolitiche, evidenzia amaramente il quotidiano cinese Gloabl Times.
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