Il Vertice Nato e il missile che oscura la visita di Modi a Mosca

09 Luglio 2024 11:00 Piccole Note

PICCOLE NOTE

Le notizie di un bombardamento a Kiev, 19 i morti e oltre 80 i feriti, ha fatto il giro del mondo, soprattutto per il missile caduto sull’ospedale pediatrico, notizia alla quale si è dato più spazio che non a tutti gli ospedali di Gaza bombardati messi assieme. La strage è stata attribuita ai russi, i quali a loro volta hanno dichiarato che non bombardano obiettivi civili e che quanto avvenuto si deve ai sistemi di intercettazione ucraini.

A confermare la versione russa potrebbe essere quanto si è registrato in quasi due anni di guerra, nei quali i target degli loro ordigni sono stati di natura militare o infrastrutturale. Quanto agli ucraini, la loro propensione ad attribuire ai russi più del dovuto è notoria, dal missile “russo” caduto in Polonia che poi si è scoperto essere ucraino, all’abbattimento dell’Il 76 che trasportava prigionieri ucraini, attribuito mendacemente alla contraerea di Mosca, a tanto altro.

Ed è inutile ricordare che mentre i morti civili ucraini fanno notizia, i civili russi che cadono sotto i bombardamenti indiscriminati di Kiev nel Donbass o a Belgorod non sono neanche registrati. Come è inutile ricordare che allo strazio della leadership occidentale per il missile che ha colpito l’ospedale pediatrico – due i bambini uccisi – non corrisponde un’analoga tristezza per le bombe americane che ogni giorno fanno strame di bambini a Gaza.

La visita di Modi a Mosca e il vertice Nato

Se prestiamo attenzione a quanto avvenuto non è tanto per scrivere tali ovvietà quanto per evidenziare altro. Da tempo in questo conflitto non si registrava un evento tanto lesivo dell’immagine di Mosca. Così, a spiegare l’accaduto, potrebbe contribuire un titolo di Strana: “Il giorno dell’attacco missilistico all’Ucraina, il primo ministro indiano è andato da Putin e lo ha definito amico”…

Già, nel giorno della strage Putin inanellava un successo geopolitico di rilevanza primaria, non solo per la visita in sé ma perché la decisione del presidente indiano di recarsi a Mosca subito dopo la rielezione è un chiaro messaggio all’Occidente. Le immagini dei bambini insanguinati hanno oscurato tale successo (altro motivo per cui l’esercito russo si sarebbe guardato bene dal compiere l’eccidio).

Sul punto, appare significativo, un titolo del Washington Post che mette in relazione la visita di Modi con quella contemporanea di Orbán, già reduce da Mosca, a Pechino: “Con Orbán in Cina e Modi in Russia, il mondo multipolare di Putin prende forma”. Bloccare tale sviluppo è fondamentale per le aristocrazie d’Occidente.

Significativo, per altro verso, un cenno del New York Times: “Gli attacchi sono avvenuti il giorno prima dell’incontro programmato dei leader della NATO a Washington, nel quale si dovrebbero annunciare nuove decisioni per rafforzare le difese aeree dell’Ucraina”. La guerra alla Russia fino all’ultimo ucraino richiede sacrifici, e sacrifici umani.

All’escalation mediatica corrispondono nuove più pericolose escalation nel teatro di guerra, secondo il metodo usato finora per intensificare l’impegno Nato nel conflitto nella prospettiva di trasformarlo in una grande guerra europea.

Anzitutto le pressioni per ampliare la portata dell’uso delle armi americane, con la folle richiesta di Kiev di poter utilizzare gli Himars a pieno regime, cioè fino a 300 km…

Alla follia ucraina fa pendant quella della Polonia, da tempo pedina fondamentale in questo gioco al massacro. Di questi giorni l’accordo di sicurezza tra Varsavia e Kiev nel quale la prima si impegna a formare una legione di volontari ucraini – rifugiatisi in Polonia – rinforzata da volontari provenienti da altri Paesi Ue, in particolare dalle regioni baltiche.

Un’iniziativa di piccolo cabotaggio, ma che potrebbe rappresentare l’embrione, sotto altre e meno ufficiali spoglie, di quella “coalizione dei volenterosi” vagheggiata dal generale David Petraeus all’inizio della guerra, quando ripropose per l’Ucraina lo schema adottato per l’invasione irachena.

La nefasta sensazione è rafforzata da una clausola dell’accordo che, secondo l’ufficio di Zelensky, prevede che i polacchi possano impegnare la propria contraerea contro “missili e droni russi”, ovviamente dal proprio territorio. Di fatto, sarebbe un ingaggio diretto di un Paese Nato nel conflitto.

I rischi che comporterebbe tale sviluppo aumentano esponenzialmente se si considera che la contraerea polacca potrebbe abbattere un aereo russo, possibilità tutt’altro che remota dal momento che fin dall’inizio della guerra i falchi americani, ai quali si deve l’accordo Varsavia-Kiev, avevano fatto pressioni per creare una no fly zone sui cieli ucraini.

Gli F-16, la rete elettrica e il multilateralismo

Quanto alla guerra attuale, la Russia, oltre a incrementare di giorno in giorno i suoi guadagni territoriali, negli ultimi tempi ha preso di mira le basi aeree – deprimendo le speranze riposte dalla Nato dall’arrivo sul campo di battaglia dell’ultima arma magica, gli F-16 – mentre, in parallelo, martella la rete elettrica, causando non pochi problemi alla parte avversa.

“Il 7 giugno – scrive Andrew Cockburn su Spoils of War – il Primo ministro Denis Shmyhal ha annunciato che quasi tre quarti delle centrali termoelettriche del Paese sono fuori uso e che 42 centrali elettriche sono state distrutte, mentre altre 20 centrali idroelettriche sono state danneggiate”.

Su quest’ultimo punto si rileva che il procuratore del Tribunale penale internazionale Karim Khan – che non sembra interessato a sollecitare il Tribunale ad accogliere la sua richiesta di un mandato di arresto contro Netanyahu per Gaza – ha chiesto un mandato di arresto contro un generale e un ammiraglio russo per crimini contro l’umanità.

“Non conosciamo i calcoli precisi dello Stato maggiore russo nel pianificare questa offensiva – scrive ancora Cockburn su Spoils of War – ma sappiamo cosa avevano in mente gli strateghi statunitensi quando inflissero danni simili alla rete elettrica irachena nel 1991. Quella guerra è quasi completamente scomparsa dalla memoria collettiva degli Stati Uniti, tranne forse come una guerra ‘buona’ combattuta per obiettivi limitati” [sic].

“Ma nel nostro documentario PBS Frontline The War We Left Behind, il colonnello dell’aeronautica militare statunitense John Warden, stratega dei bombardamenti iniziati a gennaio, ha spiegato […] che il sistema elettrico iracheno era l’obiettivo principale della campagna aerea. ‘Il motivo per cui l’elettricità è tanto importante è perché praticamente tutto ciò di cui si ha bisogno per operare a livello strategico dipende dall’elettricità'”.

Nessun Endgame in vista, come denota peraltro l’odio suscitato dalle visite di Viktor Orbán a Kiev, Mosca e Pechino, che avrebbero dovuto invece essere supportate perché potrebbero aprire vie ai negoziati. Kiev resta attaccata al suo illusorio massimalismo, i suoi burattinai alla loro lucrosa guerra infinita.

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