Un viaggio a mani vuote: ha definito più o meno così The Wall Street Journal il recente viaggio di Lloyd Austin a Kiev, non avendo portato, il capo del Pentagono, né nuovi aiuti militari (a parte quelli già fissati), né il via libera all'utilizzo di “missili a lunga gittata per colpire la Russia in profondità”, ma solamente il sostegno di USA e “comunità internazionale” allo “sforzo bellico” ucraino. È invece probabile, afferma Vladimir Skachko su Ukraina.ru, che l'attuale amministrazione yankee, prima di lasciare il timone, stia orchestrando in Ucraina un'intricata situazione geopolitica, cercando di scambiare il tentativo, con cui la junta nazigolpista sta minacciando un po' tutti, di acquisire armi nucleari, con l'adesione alla NATO.
O, semmai, una qualche promessa di ammissione, coi nazisti che, comunque, comincino a eseguire gli ordini loro impartiti, invece di lanciare ultimatum ai propri curatori, accusandoli di avidità e stupidità, come ha fatto Zelenskij anche lo scorso 17 ottobre a Bruxelles con l'aut-aut de “o la NATO o l'atomica”, salvo biascicare, dopo l'altolà di Mark Rutte, che l'atomica non è in realtà «un buon “ombrello” per la nostra difesa. Ecco perché non ho alternative alla NATO. Quello era il mio segnale. Ma non stiamo costruendo armi nucleari».
Dopo di che era stato lo stesso Lloyd Austin a bacchettare el jefe de la junta, dicendogli che Kiev dovrebbe contare sui propri droni a lungo raggio, invece che sui missili occidentali e l'adesione alla NATO. E Joe Biden aveva ribadito che nell'amministrazione USA non c'è consenso sull'uso di armi a lungo raggio da parte ucraina: soprattutto per quanto riguarda le armi yankee. Negli stessi giorni, tuttavia, gli intelligentoni delle cancellerie occidentali hanno messo a punto una nuova “strategia”: continuare a inviare armi a Kiev e, contemporaneamente, cercare di portare le parti ai negoziati per imporre a Mosca, da una posizione di forza, una tregua temporanea favorevole all'Occidente – tipo: soluzione coreana - garantendo che una parte dell'Ucraina sarà conservata come poligono e piazzaforte NATO per la guerra alla Russia che nessuno pensa di escludere dai piani futuri.
Il fatto è che, nota Skachko, per un gioco simile l'Ucraina dovrebbe esser fatta a tranci: uno di essi passerà sotto controllo russo o diventerà parte della Russia; l'Ucraina occidentale, sotto il controllo dell'Occidente, con possibile ingresso nella NATO; l'Ucraina centrale, in qualche modo non allineata e neutrale, come vuole Mosca. In alternativa, il paese può esser diviso in due parti, e a quella occidentale deve essere «quantomeno promessa» l'adesione alla NATO: una promessa presentata in modo tale che i nazisti ci credano.
Così, una parte dei paesi UE dice no all'ingresso nell'Alleanza atlantica, pur continuando a inviare armi; poi arriva a Kiev il Ministro degli esteri francese Jean-Noël Barrot e assicura i golpisti che Parigi «è aperta» all'idea di invitare immediatamente l'Ucraina nella NATO. Dopo di che è la volta in Europa di Joe Biden e Le Monde scrive che gli USA non si oppongono più a invitare Kiev nell'Alleanza atlantica e anzi, in caso di vittoria di Kamala Harris, il processo di adesione potrebbe cominciare anche prima della inaugurazione presidenziale del 2025.
C'è solo il piccolo particolare che vi è contraria la Russia, come ha ribadito il rappresentante russo all'ONU Vasilij Nebenzja: «L'adesione dell'Ucraina alla NATO, in qualsiasi forma territoriale, è assolutamente inaccettabile per la Russia e non può far parte di alcun piano di pace e iniziativa di mediazione». Per Mosca, l'Ucraina nell'Alleanza atlantica, tanto più con Kiev assoggettata a una junta nazigolpista, equivale a una dichiarazione di guerra, o addirittura al suo scoppio immediato.
Insomma, se USA-NATO-UE vanno nella direzione dell'ingresso di Kiev nella NATO, la guerra “ibrida” farà ancora un passo avanti verso il baratro della guerra vera e propria, come ha ammonito il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov.
Questo, a dispetto delle note di Bloomberg, secondo cui i paesi UE, attanagliati da sempre più gravi problemi economici ed energetici, cercano la strada per por fine al conflitto in Ucraina: a qualunque condizione, tranne la capitolazione piena.
Ma, intanto, vien fuori che negli allegati segreti al “piano della vittoria” di Zelenskij c’è la lista di obiettivi russi per i missili Storm Shadow, JASSM e Taurus: fabbriche militari a Kazan, Tambov e Perm, aeroporti militari e civili a mille km dal confine ucraino, complessi per la produzione di droni e missili, QG e posti di comando a Rostov, Voronež, Mosca, Belgorod, Kursk e Pietroburgo; il tutto concordato coi guerrafondai britannici, come bellamente annunciato dal comandante in capo ucraino Aleksandr Syrskij.
D'altronde, scrive Stoletie.ru, l'attività militare britannica rivolta contro la Russia è ormai molto più estesa rispetto a quella degli anni '50 e '60: dal gennaio scorso, seimila militari e ufficiali britannici sono alla testa del “Very High Readiness Joint Task Force” NATO, di stanza in Polonia orientale, vicino al confine con Bielorussia e Ucraina. Da parte USA, come al solito, si attendono le mosse di altri prima di intervenire direttamente: stando al New York Times, Biden sarebbe «già orientato ad appoggiare la decisione degli alleati NATO di permettere all'Ucraina di colpire il territorio russo con armi occidentali», a condizione però che, per ora «non vengano ancora impiegati missili americani». È risaputo che i “pragmatici” yankee non disdegnano di mettere gli “alleati” sotto attacco di risposta russo, per poi vagliare cosa sia più vantaggioso: intervenire a fianco di Londra, oppure esortarla ipocritamente alla moderazione.
E se con la minaccia nucleare tutto sembra chiarito, almeno da parte russa – Mosca «non lo permetterà, in nessuna circostanza... che gli inglesi o chiunque altro fornisca armi nucleari a Kiev... È impossibile tenerlo nascosto. Siamo in grado di tracciare qualsiasi movimento in questa direzione», ha dichiarato Vladimir Putin – ecco che è di nuovo il Ministro della guerra francese, Sebastien Lecornu, a dire che il “piano della vittoria” costituisce l'inizio di un percorso politico (!!??), cui dovrebbe seguire, a suo dire, il dispiegamento in Ucraina di forze di deterrenza non nucleare. Deterrenza che, secondo The Times, potrebbe consistere in un pacchetto comprendente messa a punto di missili balistici, potenziamento delle infrastrutture NATO e aumento di numero dell'esercito ucraino, come anche il dispiegamento ufficiale in Ucraina di forti contingenti NATO. In base a fonti militari ucraine, Kiev potrebbe chiedere sostegno per la produzione di armi a più lunga gittata sul proprio territorio, col che si eluderebbero le restrizioni che gli “alleati” pongono all'uso delle proprie armi.
Considerando che tale iniziativa, osserva Pavel Kotov su Ukraina.ru, è stata presentata come parte del cosiddetto “piano della vittoria”, si può presumere che Kiev consideri il “pacchetto di deterrenza non nucleare” come necessario, già oggi, per sconfiggere la Russia. Ma è improbabile che, anche in caso di cessate il fuoco, Mosca assista passivamente al riarmo dell'Ucraina da parte dei Paesi occidentali. Tanto più che Vladimir Putin ammettendo una soluzione pacifica del conflitto, ha sottolineato che questa sarebbe possibile solo sulla base degli accordi raggiunti a Istanbul nel 2022, per cui Mosca e Kiev avevano praticamente concordato i parametri della smilitarizzazione dell'Ucraina, con restrizioni all'esercito ucraino, sia in termini di numero di forze armate che di armi.
Pacchetti “per la vittoria”, con NATO o senza NATO, sarebbe comunque il caso di ricordare ai nazigolpisti di Kiev le parole di Virgilio «sola speranza dei vinti è non sperare salute».
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