Israele ha ulteriormente rafforzato la sua presenza militare sulle Alture del Golan, territorio siriano occupato dal 1967 e annesso unilateralmente nel 1981, una mossa mai riconosciuta dal diritto internazionale. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che il Golan resterà "per sempre parte inseparabile di Israele", citando il sostegno ricevuto dall'ex presidente statunitense Donald Trump nel 2019.
Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno preso il controllo della zona cuscinetto del Golan, con immagini che mostrano mezzi militari israeliani sventolare la bandiera del paese nell'area. Questa operazione, giustificata da Israele come misura preventiva "per garantire la sicurezza", si è verificata mentre la Siria affronta il vuoto di potere seguito alla caduta di Bashar al-Assad e alla presa di Damasco da parte delle forze jihadiste.
In parallelo, l'aviazione israeliana ha lanciato una serie di raid contro obiettivi strategici in Siria, colpendo infrastrutture militari, depositi di missili e impianti di produzione di armi. Particolarmente significativo l'attacco al porto di Latakia, uno snodo cruciale per il commercio siriano, già duramente colpito dagli effetti della guerra. Questi bombardamenti sollevano interrogativi sulla legittimità delle azioni israeliane e sui danni inflitti a infrastrutture civili vitali per la popolazione siriana.
Critiche internazionali si sono levate contro le operazioni israeliane, visto che rappresentano un tentativo di sfruttare la crisi siriana per consolidare la propria presenza nei territori occupati e colpire l’influenza iraniana nella regione. Le azioni militari di Tel Aviv rischiano di aggravare l'instabilità regionale e aumentare la sofferenza della popolazione civile, già provata da anni di conflitto e crisi umanitaria.
*Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati
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