PICCOLE NOTE
L’approvazione della mozione di impeachement del presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol per il tentativo di golpe del 3 dicembre, benché ponga fine al pericolo immediato, non chiude la crisi. Yoon, sospeso dalle funzioni dopo il voto, ha infatti giurato che non si arrenderà mai.
Infatti, non è affatto isolato, come dimostra il fatto la maggioranza qualificata (tre quarti dei parlamentari) necessaria all’approvazione della mozione presentata dal partito democratico, maggioritario in Parlamento, è stata trovata a stento e solo grazie alla defezione di una sparuta pattuglia di esponenti del Power people party (il partito di Yoon) che l’ha votata contro le indicazioni del leader del partito.
La Corte suprema ha 180 giorni per confermare la decisione del Parlamento e anche qui serve una maggioranza qualificata. Presumibile che i magistrati subiscano pressioni debite e indebite durante la lunga riflessione.
Nel frattempo, a ricoprire la carica di presidente a interim, come prevede la Costituzione, è il primo ministro Han Duck-soo, nonostante questi godesse della fiducia dello stesso Yoon e non abbia mosso un dito dopo la proclamazione della legge marziale; un silenzio-assenso sul quale le opposizioni hanno chiesto alla magistratura di indagare.
Questo per quanto riguarda il presente, ma per comprendere le prospettive future del Paese e cercare di comprendere i rischi insiti nello scampato golpe, occorre chiarirne alcuni aspetti, che stanno iniziando a circolare sui media (nello specifico, facciamo riferimento a Peoples dispatch).
Anzitutto, la proclamazione della legge marziale non avrebbe semplicemente limitato la libertà di politici, cittadini e media, ma prefigurava un possibile bagno di sangue. Il parlamentare Choo Mi-ae, infatti, ha reso pubblici alcuni documenti relativi alla pianificazione del golpe nei quali si faceva “riferimento ai famigerati massacri che hanno sedato le rivolte popolari a Jeju e Gwangju”.
I massacri di Jeju, nei quali militari e agenti della sicurezza uccisero decine di migliaia di persone, si consumarono tra il 1948 e il ’49, e presero di mira quanti si ribellarono “all’occupazione statunitense” e contestavano “le imminenti elezioni del 1948 per istituire la Repubblica della Corea [del Sud ndr.], alla quale all’epoca si opponeva la maggioranza dei coreani”. Una repressione che fu condotta con “il supporto e la supervisione dell’esercito statunitense”.
I massacri di Gwangju, invece, ebbero luogo nell’80, quando la città si ribellò alla legge marziale imposta dal dittatore Chun e proclamò un governo cittadino simile alla Comune di Parigi. Il golpe di Yoon, però, non aveva solo finalità interne, ma anche quelle di innescare una “guerra limitata” contro la Corea del Nord, come da accuse dei parlamentari sudcoreani.
Per parte sua, Peoples dispatch ricorda come, da quando è diventato presidente, Yoon abbia dato vita a un confronto durissimo con la Corea del Nord, tanto che nel 2023 si sono registrati 200 giorni di esercitazioni militari congiunte Usa-Corea del Sud, con un picco ad agosto nel quale è stato simulato un attacco nucleare al Paese confinante, il quale, in risposta alle provocazioni, aveva iniziato a inviare in territorio sudcoreano i famigerati palloni pieni di spazzatura, iniziativa che va vista come un segnale che la “politica di pazienza” si era esaurita, dopo che “per decenni” Pyongyang aveva tollerato che Seul inviasse palloni sui propri cieli.
Non solo le esercitazioni. Più di recente, la Corea del Sud ha iniziato a inviare droni sui cieli del Paese confinante, ovviamente evitando di confermare tali indebite intrusioni. È stato a questo punto che Pyongyang ha deciso di far saltare strade e ponti che collegavano i due Stati tramite la zona de-militarizzata (DMZ), che divide le due Coree, per prevenire un’eventuale invasione.
Diversi parlamentari, continua Peoples dispatch, sostengono che l’incursione dei droni aveva lo scopo di innescare una risposta militare dalla Corea del Nord, che avrebbe innescato una “guerra limitata”. Tante le denunce in tal senso dei parlamentari, che però si sono imbattute sui “non possiamo confermare” dei vertici militari.
Peraltro, avendo gli accusatori individuato una piattaforma di lancio di droni che sembra sia stata utilizzata per la provocazione di Seul, e volendo denunciarla, hanno scoperto che la piattaforma aveva preso fuoco, incenerendo le potenziali prove. Incendio casuale, hanno risposto i militari…
Non solo, un parlamentare ha accusato l’ex ministro della Difesa Kim Yong-hyun di aver “tentato di ordinare un attacco diretto alla Corea del Nord per ‘colpire l’origine dei palloni spazzatura’ il 28 novembre”, cioè pochi giorni prima del tentato golpe. Se si sta alle date, si può ipotizzare che, avendo incontrato ostacoli all’attacco, il golpe servisse per eliminarli. Fu il ministro della Difesa, peraltro, a suggerire il golpe.
“Citando fonti militari anonime – prosegue People dispatch – il parlamentare Kim Byung-joo, ex generale a quattro stelle” ha denunciato che la notte del golpe “20 membri dell’unità del distaccamento di intelligence del quartier generale delle forze speciali (HID) ‘erano in stand-by in una località di Seul’ e si chiede se fossero stati mobilitati per arrestare i parlamentari e se l’ordine prevedeva il loro assassinio, “forse indossando false uniformi nordcoreane. L’unità HID è normalmente dispiegata nella DMZ e ha il compito di svolgere operazioni in Corea del Nord, tra cui sabotaggi, rapimenti e omicidi”.
Una denuncia simile è arrivata da giornalista Kim Eo-jun, più che noto a Seul, secondo il quale la notte del golpe avrebbe dovuto essere rapito (insieme ad altri) e assassinato il leader del People power party, Han Dong-hoon. Il suo omicidio sarebbe stato attribuito a sicari della Corea del Nord, avendo avuto cura gli assassini inviati dai golpisti di nascondere presso il luogo dello scontro a fuoco delle “uniformi nordcoreane”.
Al di là delle accuse specifiche di politici e giornalisti sudcoreani, che la magistratura dovrà verificare (e difficilmente lo farà), resta che il golpe aveva lo scopo di innescare una “guerra limitata” con la Corea del Nord, che poi tanto limitata non sarebbe stata. Peraltro, va nell’emanare le leggi marziali, Yoon aveva evocato il pericolo comunista, identificando con ciò il presunto pericolo esterno e interno.
Tale deriva contribuisce non poco a spiegare perché Pyongyang si sia affrettata a stringere un partenariato strategico con la Russia. Non era l’Ucraina il focus della vicenda – con l’Occidente che accusa Pyongyang di aver inviato truppe a combattere le forze di Kiev – ma la criticità coreana, che qualcuno aveva deciso di far scoppiare in faccia a Russia e Cina, che ne sarebbero rimaste invischiate. Un piano di cui Yoon era solo una pedina sulla grande scacchiera globale.
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