Inferno Ucraina. Papa Francesco incontra Epifanio

21 Dicembre 2024 16:43 Clara Statello

Ancora immagini d’orrore dall’Ucraina. Non dalla guerra di Putin, ma dalla guerra civile strisciante in corso da oltre dieci anni. Le ultime arrivano dalla regione di Kiev, un video diffuso dalla stampa ucraina giovedì di una mobilitazione forzata. A Vishgorod due poliziotti e tre militari (due dei quali armati con fucili d’assalto), accerchiano un’auto per un controllo. L’autista (che nel filmato non compare) si rifiuta di uscire dal veicolo, probabilmente perché teme di essere prelevato con la forza e spedito in prima linea, come barriera di carne per l’artiglieria russa.

I reclutatori allora provano lo stesso metodo usato dai cacciatori stanare i conigli: prima tentano di riempire l’abitacolo di gas o fumo attraverso il finestrino e poi di dar fuoco ad una fiancata del veicolo. Al fallimento dell’iniziativa, un uomo in uniforme esplode in una risata. La mobilitazione forzata è un fenomeno ormai tristemente diffuso, ma l’episodio di Vishgorod però è stato troppo eclatante per passare nel silenzio. La polizia ha rimosso i suoi agenti. Il ministero della Difesa ha assicurato con un comunicato ufficiale che i responsabili saranno perseguiti in conformità con la legge. Le loro azioni minano la fiducia nelle forze armate e di sicurezza.

Fiducia che tuttavia è continuamente minata da gravi scandali che travolgono le forze armate. Un’indagine di Ukrainskaya Pravda ha portato alla luce gravissimi casi di maltrattamenti, umiliazioni, minacce, estorsioni e tangenti in una brigata, sullo sfondo di un permeante nepotismo.

Soldati ucraini nelle gabbie o crocefissi

La 211° brigata pontoni galleggianti era il sogno di ogni coscritto. Svolge mansioni ingegneristiche, lontano dalla prima linea e dall’inferno dell’artiglieria russa. Forse per questo, al suo interno si erano stabiliti rapporti di privilegio, con comandanti e generali che avevano piazzato mogli e figli.

E’ proprio il figlio del capo di stato maggiore, Valery Pastukh, nonché figlioccio del comandante della brigata, il colonnello Oleg Poberezhniuk, il protagonista dello scandalo. Comandante di un plotone del primo battaglione, Vladislav Valeriovich Pastukh estorceva denaro ai suoi subordinati, minacciando di inserirli nelle liste di chi violava le regole sull'assunzione di alcool.

Cinque ex ufficiali e sergenti della brigata hanno affermato che gli abusi sono avvenuti durante i suoi viaggi nelle province di Donetsk, Kharkiv e Dnepropetrovsk, dove le truppe della sua brigata stavano costruendo fortificazioni. Picchiava i soldati che non volevano pagare le tangenti (fino a 20.000 grivne, circa 450 euro) e infliggeva loro punizioni fisiche. Dai documenti in possesso di UP emerge che un uomo è stato crocifisso e poi abusato dal comandante. Durante le pratiche umilianti Pastukh si è fatto scattare una foto assieme alla sua vittima.

Un altro soldato ha rivelato sotto anonimato a UP di essere stato picchiato, costretto a pagare 5000 grivne e poi gettato mezzo svestito nella cosiddetta gabbia , dove il comandante del plotone gli avrebbe chiesto soldi in più per essere liberato. Inoltre Pastukh organizzava pestaggi e utilizzava il nome del padre e del generale di brigata suo padrino per costringere i soldati a pagare, con la minaccia di inviarli al fronte a fare da carne da cannone.

I suoi superiori (cioè suo padre e il suo padrino) erano al corrente della situazione, ma anziché prendere provvedimenti, lo avevano semplicemente trasferito ad un’altra unità. L’indagine di UP ha costretto le autorità a intervenire, aprendo un caso penale. Il ministro della Difesa Umerov ha inviato un’ispezione. Il capo delle forze armate ucraine Syrsky ha licenziato il comandante della 211a brigata del ponte di barche. Giovedì Poberezhnyuk è stato arrestato e dopo un giorno rilasciato, su pagamento di una cauzione di quasi 21.000 euro.

La stampa dell’opposizione ucraina ha evidenziato che questi fenomeni sono diffusi all’interno dell’esercito. Secondo la deputata ucraina Anna Shokorod ha affermato a Radio Svoboda che casi simili sono avvenuti in 22 brigate delle forze armate ucraine.

Diserzione di massa in una brigata addestrata in Francia

Secondo i dati riferiti da Donald Trump a inizio dicembre, le forze di Kiev avrebbero subito 400.000 perdite, tra morti e feriti permanenti. Le perdite russe sarebbero quasi il doppio tra 700/750mila. I dati degli scambi di corpi fra Mosca e Kiev, indicano però un gap meno sbilanciato.

Ieri la Russia ha restituito 503 corpi di soldati ucraini, in cambio di 42 russi. In totale nel 2024 lo scambio è stato 3361/535. La sproporzione è dovuta al fatto che Mosca ha molti più corpi di Kiev, ed ha la necessità di consegnarli. Mash rivela delle cifre scioccanti: 8000 cadaveri di soldati ucraini in battaglia sono stati raccolti dai russi. Di questi solo 4000 sono identificati. Ci vorranno almeno tre anni per identificare il resto. Gli obitori militari russi al fronte sono stracolmi, le salme sono trasferite a Belgorod, Kursk e Rostov.

La fame di uomini delle forze armate non è provocata solo dalle perdite, ma anche dalle diserzioni. Il fenomeno ha raggiunto dimensioni di massa. La rivista polacca Gazeta Wyborcza riferisce, citando ufficiali ucraini sotto anonimato, che in alcune unità le diserzioni superano il numero di perdite per morti e feriti. Solo il 10% di chi ha abbandonato ritorna alle sue postazioni.

Il fenomeno è causato principalmente dall’impreparazione dei soldati. I coscritti sono spesso catturati per strada con violenza dai reclutatori. Dopo pochi giorni trascorsi nei centri di reclutamento, sono mandati al fronte. I tempi di addestramento sono rapidissimi. Senza preparazione militare, un soldato può essere impiegato solo come barriera umana contro l’artiglieria russa. Comprensibilmente gli ucraini non hanno alcuna voglia di morire come carne da cannone. Scappano.

Il giornalista ucraino Yuri Botusov, caporedattore del sito Censor, ha reso noto nei giorni scorsi che più di mille uomini hanno abbandonato la 155a brigata “Anna Kyiv”, che ha combattuto vicino a Pokrovsk. Erano per lo più coscritti “busificati”, cioè sequestrati per strada dai reclutatori. All’arrivo dei russi sono fuggiti. Parte degli uomini della brigata erano stati addestrati in Francia.

Propaga e persecuzione

Al disastro sul campo di battaglia e alla catastrofe umanitaria e culturale, le elite di Kiev rispondono con le persecuzioni degli oppositori e con becera propaganda che ammicca neanche troppo velatamente al nazismo. Valery Zaluzhny, ex capo delle Forze Armate ucraine, nonché favorito alle future presidenziali (se mai si terranno), ha pubblicato un libro dal titolo “La mia guerra”. Circa cento anni fa, in Europa venne pubblicato un infausto libro con lo stesso titolo. Si augura a Zaluzhny una fine migliore di quella dell’autore tedesco.

Per fortificare l’identità ucraina, sarà pubblicato un fumetto su Stepan Bandera, il collaborazionista delle SS che l’Ucraina postsovietica, finalmente libera e democratica, ha elevato ad eroe nazionale, con sfregio per la vicina Polonia e a Israele. La motivazione: far conoscere la sua storia affinché la gente abbia una valutazione positiva, non solo perché è l'eroe della “bella canzone Batko nash Bandera”.

Intanto in Ucraina prosegue la persecuzione della Chiesa ortodossa ucraina (UOC). Martedì è stato condannato a 5 anni di carcere, per dei post pubblicati su Telegram, l'arciprete Evgeniy Koshelnik, sacerdote della Chiesa dell'Intercessione della Beata Vergine Maria nel villaggio di Lyulintsy, appartenente alla diocesi dell’UOC di Vinnytsia.

Gli agenti della SBU che avevano aperto il caso avevano riferito in precedenza di aver documentato le “attività sovversive” del sacerdote. Tra le prove trovate nel suo appartamento c'era solo un ritratto dell'imperatore russo Nicola II.

Il giorno dopo è stato arrestato l'arciprete Volodymyr Koretskyi, parroco della chiesa dei Santi Cirillo e Metodio nella regione di Odessa, con l'accusa di aver elogiato Putin e glorificato le forze di occupazione russa nei suoi sermoni.

Negli stessi giorni i servizi ucraini hanno arrestato e sottoposto a interrogatorio il deputato del popolo Yuriy Boyko, del partito di opposizione Piattaforma per la vita e la pace, per la pubblicazione di un video in cui criticava la persecuzione della Chiesa ortodossa ucraina (UOC) e la politica di cancel culture delle autorità russofobe del governo Zelensky.

Boyko aveva affermato che sempre più persone si oppongono alla cancel culture dei radicali ucraini, alla demolizione delle statue in tutto il paese, ridenominazione delle città, divieto per i russofoni di parlare la propria lingua madre e di professare la propria religione. E’ stato costretto a scusarsi pubblicamente.

I parlamentari della Verkovna Rada lo hanno rimosso dalla commissione dei diritti umani, per aver difeso il diritto di culto, la libertà linguistica, di arte e cultura.

L’incontro tra Papa Francesco e Bartolomeo

Mentre in Ucraina si arrestano preti e religiosi, Papa Francesco ha incontrato la settimana scorsa Epifanio I, il primate della Chiesa scissionista creata su iniziativa dell’ex presidente ucraino Petro Poroshenko, con la concessione del tomos del patriarca ecumenico Bartolomeo nel 2019.

Dall’inizio della persecuzione sistematica della UOC, gli scismatici della Chiesa ortodossa di Ucraina (OCU), hanno perseguitato i fedeli dell’ortodossia canonica, assaltato chiese per occuparle. In generale Kiev ha facilitato (per usare un eufemismo), il passaggio volontario o coatto dalla UOC all’OCU. Alcune chiese dell’UOC sono state rase al suolo. Il 20 agosto la Verkhovna Rada ha approvato una legge che prepara alla messa al bando del culto. Nel mio canale Telegram ho meticolosamente documentato il fenomeno, basta cercare utilizzando la chiave “Persecuzioni religiose in Ucraina”.

Il Papa aveva reagito con timidezza alle persecuzioni dei cristiani da parte del governo di Kiev.

Pensando alle norme di legge adottate di recente in Ucraina mi sorge un timore per la libertà di chi prega”, aveva detto alcuni giorni dopo l’approvazione.

Roma non si è spesa più di tanto per fugare questo timore. Anzi, venerdì 13 dicembre, Francesco ha ricevuto in Vaticano Epifanio I. L’incontro non è stato pubblicizzato, ma di fatto si tratta del riconoscimento papale della nuova Chiesa, che esiste in contrapposizione all’ortodossia canonica e in virtù del conflitto tra Bartolomeo e il Patriarcato di Mosca.

Bartolomeo e il Patriarcato di Mosca. Una semplice foto è rivelatrice.

Anziché difendere i perseguitati, Papa Francesco bacia l’autorità di chi perseguita. Epifanio I si è poi recato a Bari per le celebrazioni di San Nicola. Da lì ha dichiarato:

“Vogliamo avere una pace, una vittoria che renderanno liberi i territori occupati dell’Ucraina. Questo processo è molto difficile ma crediamo che Dio farà le condizioni giuste affinché il nemico lasci la nostra terra”.

Del resto, dopo Slava Ukraini, Geroi slava, dopo i fumetti di Bandera e il Mein Kampf di Zaluzhny, mancava solo il Got mitt uns. Speriamo che ad ascoltare sia il Dio della Pace di Francesco e non il Dio della Vittoria di Epifanio, una vittoria pagata con il sangue dei lavoratori ucraini, mica di Epifanio!

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