di Clara Statello per l'AntiDiplomatico
Mentre Los Angeles brucia, il presidente Joe Biden lascia in eredità la minaccia di una crisi energetica che rischia di assumere proporzioni globali. L’amministrazione uscente ha approvato l’ultimo pacchetto di sanzioni contro la Federazione Russa, mirato ad annichilirne l’economia, colpendola al cuore: il settore dell’energia.
La “misura radicale” si pone nel solco tracciato nel 2022 con l’imposizione del tetto massimo del prezzo del petrolio russo. È il culmine di una serie di provvedimenti volti a interrompere le entrate energetiche di Mosca. In particolare intende punire quelle entità che consentono l’elusione delle sanzioni occidentali, ad esempio i cosiddetti “trader opachi” e la “flotta ombra”.
Nella blacklist del Tesoro americano sono finite:
Il pacchetto di sanzioni “fine di mondo” vuole privare la Federazione Russa di miliardi di dollari al mese che finanziano “la macchina bellica del Cremlino” in Ucraina. Pubblicato a dieci giorni esatti dalla fine del mandato di Joe Biden alla Casa Bianca e dieci giorni dopo lo stop ucraino al gas russo in Europa, il provvedimento senza precedenti potrebbe innescare una spirale di rincari dei prezzi dell’energia a livello globale.
Nonostante le rassicurazioni di John Kirby e di Biden sugli aumenti contenuti di “pochi centesimi a gallone” di benzina, le prime indiscrezioni sul provvedimento hanno fatto volare venerdì mattina le quotazioni del Brent, che ha guadagnato il 5%, superando la soglia psicologica di 80 dollari a barile. È il livello più alto degli ultimi tre mesi. Gli speculatori scommettono sulla crisi energetica.
In Italia Confcommercio lancia subito l’allarme e chiede misure immediate a livello europeo per evitare la crisi energetica, in particolare il tetto massimo per il gas. Nell’ultimo anno la spesa media per l’energia è aumentata del 35% rispetto al 2019. Un rincaro insostenibile per famiglie e aziende.
Il rialzo si innesta sugli aumenti causati dallo stop dell’Ucraina al transito di gas russo. Il mancato rinnovo del contratto tra Gazprom e l’ucraina Naftogaz, scaduto il primo gennaio, ha azzerato il pompaggio verso Austria, Slovacchia, Ungheria. La crisi ha investito la Moldavia e in particolare la Transnistria, dopo che Mosca ha tagliato le forniture per una controversia sul debito non pagato da Chisinau. L’interruzione dei flussi di energia russa ha fatto schizzare il valore dei futures sul gas naturale europeo di oltre il 4%, a 51 euro per megawattora, il livello più alto dall’ottobre 2023. Gli speculatori scommettono sulla crisi energetica.
Oltre all’Europa, ci saranno ricadute su Cina, India e Turchia, che continuano a commerciare petrolio russo attraverso le petroliere fantasma della flotta ombra utilizzata da Mosca per eludere il tetto del prezzo. Nei guai anche la Serbia di Vucic, dove GazpromNeft controlla l’unica raffineria, attraverso il possesso del 50% della compagnia Nis(Nafta Industrija Srbije). Dovrà cedere le partecipazioni entro 45 giorni.
La riorganizzazione del settore energetico a livello globale sarà un’importante risvolto del provvedimento dell’OFAC. Lo stop al petrolio russo potrà essere compensato dalla crescente produzione di greggio in Guyana, Brasile, Canada, Medio Oriente e Stati Uniti.
L’effetto, tuttavia, potrebbe non essere così devastante per la Russia. Restano esclusi dalla lista nera di Washington la più importante compagnia di gas russo, Rosneft Oil, ed il principale operatore utilizzato per le triangolazioni, il trader azero Etibar Eyyub. Risparmiati anche i suoi soci e la maggior parte delle aziende che gestisce. Anzi, le misure hanno colpito i suoi concorrenti minori, tra cui una società commerciale con sede negli Emirati Arabi Uniti chiamata Demex Trading, che esporta petrolio da piccoli produttori nella Russia orientale.
Inoltre Donald Trump potrebbe revocare le sanzioni alla Russia, una volta insediato alla Casa Bianca, anche se avrà bisogno dell’approvazione del Congresso. E’ il timore della Commissione Europea, riporta il Financial Times. Il provvedimento, però, potrebbe essere invece un regalo al futuro presidente, già alle prese con un piano per il cessate il fuoco.
“Aggiunge una pressione significativa sulla Russia senza che vi siano le impronte digitali di Trump", dice un ex funzionario statunitense della Casa Bianca al Wall Street Journal.
Da questo prospettiva la mossa di Washington va necessariamente collegata allo stop dell’Ucraina al gas russo per l’Europa. La guerra energetica si sviluppa parallelamente a quella militare, per dare a Kiev un maggior peso negoziale.
Utilizzare il ricatto dell’energia come leva per portare Putin al tavolo delle trattative è l’ennesimo e ultimo azzardo dell’amministrazione uscente. Il rischio è quello di innescare una crisi energetica sulla pelle di tante famiglie, in Europa e non solo, che dovranno scegliere se utilizzare il gas per riscaldarsi, lavarsi o cucinare.
Gli USA, invece, ne usciranno rafforzati, aumentando le esportazioni di energia, in particolare GNL e la dipendenza di una UE che è sempre più il suo cortile di casa.
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