Bielorussia: che fine ha fatto l'opposizione della «presidente legittima»?

di Fabrizio Poggi

Tempi duri per la “presidente legittima della Bielorussia, Svetlana Tikhanovskaja” e i suoi laudatori euroatlantisti. Nell'ufficio dell'autoproclamata "Presidente della Bielorussia", alla disperata ricerca di qualcosa da organizzare che somigliasse più o meno a una protesta per il giorno delle elezioni presidenziali, alla fine si è escogitato un evento virtuale per il 26 gennaio: è stato annunciato l'avvio del ricevimento delle domande per il rilascio di un fantomatico "passaporto della Nuova Bielorussia", i cui “prototipi” erano stati presentati nel 2023, per essere rilasciati nel 2024, prima però che il “progetto” venisse sospeso.

Disgraziatamente per la cosiddetta opposizione bielorussa, la ditta lituana “Garsu pasaulis”, che avrebbe dovuto lavorare a tali “passaporti”, pare sia controllata da tale Viktor Ševtsov, per nulla maldisposto verso il presidente Aleksandr Lukašenko. Una volta che la ditta ha avuto accesso ai dati personali di chiunque avesse presentato domanda di “passaporto”, non ha perso tempo a trasmetterli al KGB bielorusso. Un gioco da ragazzi.

La situazione è stata aggravata dal fatto che il governo di Minsk ha deciso di vietare il rinnovo all'estero di documenti scaduti. E i fuggiaschi del “belomajdan” non se la sentono proprio di rientrare in patria con passaporti scaduti.

A quel punto, il “progetto” è stato preso in carico dal cittadino lituano Marius Gudelajtis. Sebbene, a quanto si dice, per il “passaporto” fosse stata ricevuta una solida sovvenzione occidentale, il “gabinetto Tikhanovskaja” non ha resistito alla tentazione di spillare un po' di soldi ai propri seguaci di “fede”: hanno annunciato che i primi fortunati a poter godere di tale “documento” sarebbero stati coloro che avessero versato almeno mille dollari nelle casse del “progetto”. Per gli altri, ci si accontentava di 97 euro: bazzecole, se confrontate con un normale passaporto bielorusso ufficiale al prezzo di 20 euro, o anche ucraino, a 18 euro. Ma, vedete: qui si tratta di un “passaporto” sulle cui pagine troneggia la firma della «presidente legittima della Bielorussia, Svetlana Tikhanovskaya»; vuoi mettere! Che importa se il “passaporto della Nuova Bielorussia”, rilasciato per 5 anni, non darà ai suoi proprietari alcun diritto in termini di legalizzazione nei paesi UE o viaggi internazionali, dal momento che il “gabinetto Tikhanovskaja” non ha mai ottenuto un codice-paese.

Per quanto sia stato detto, a proposito e a sproposito, di questo “passaporto”, afferma su “Malanka Media” Valerij Kovalevskij, già attivo nel “gabinetto Tikhanovskaja”, prima di sbattere la porta, «accadrà che non appena qualcuno lo otterrà, vorrà subito servirsene: andrà in un'ambasciata per richiedere un visto e salire su un aereo... Ci sarà chi lo farà a ragion veduta, chi in maniera automatica, senza pensare che il documento non verrà riconosciuto. Le persone verranno a trovarsi nelle più disparate situazioni: dalle più comiche a quelle più critiche». Intercederanno allora le signore Boldrini e Quartapelle, con il loro Comitato per la democrazia in Bielorussia”, per il riconoscimento di tale “passaporto”, almeno per ottenere un visto di accesso alle stanze del PD?

Nel dubbio, un altro “profugo” bielorusso, il politologo Dmitrij Bolkunets, sconsiglia «vivamente di richiedere un passaporto-souvenir di Svetlana Tikhanovskaja, se non si vuole che i propri dati finiscano nelle mani della polizia bielorussa. Se qualcuno ha bisogno di legalizzare o confermare il proprio status, in tutti i paesi UE esistono da tempo le relative procedure», avverte. Tanto più che, a quanto pare, al Seimas lituano qualche deputato ha sollevato la questione dello stemma raffigurato sul “passaporto”, troppo somigliante allo stemma ufficiale lituano del “Vitis”, classificato in altre epoche della Bielorussia come “Pogonja”, così che è stato chiesto al Ministero degli esteri di Vilnius di indagare.

Ma, uscite folkloristiche a parte e ricordando come ancora nell'ottobre del 2020, un paio di mesi dopo le ultime elezioni presidenziali in Bielorussia che, a detta delle summenzionate signore della politica italica, avrebbero decretato «la mancanza di legittimità del presidente bielorusso Lukashenko», si chiedevano «azioni a sostegno della richiesta di democrazia avanzata dal popolo bielorusso», ecco, ora, a distanza di quattro anni, non pare meno opportuno ricordare come, appena poche settimane fa, la degna comare di suddette dame, la stipendiata Svetlana Tikhanovskaja, parlasse di rovesciare Lukašenko con l'intervento del “battaglione Kalinovskij”, la masnada di elementi che dal 2022 è inquadrata nelle legioni straniere ucraine e che, dal 2014, prende parte alle operazioni terroristiche in Donbass dalla parte di Kiev. «Sarebbe auspicabile», ha detto colei che «s’è rifugiata anche lei in Europa», che il rovesciamento del regime «avvenisse per via pacifica, ma nessuno può sapere come si svolgeranno gli eventi» e dunque, ha aggiunto la signora che “richiede la democrazia”, l'opposizione deve esser pronta a scenari diversi degli eventi.

Il fatto è, però – non si disperino in casa PD – che secondo un rapporto dell'Istituto di economia e relazioni internazionali (IMEMO) dell'Accademia delle scienze russa, manca in Bielorussia una forza organizzata in grado di guidare e ripetere le proteste di massa del 2020. «È improbabile che questa volta, anche con l'eventuale ennesima rielezione di Lukašenko, ci siano forti reazioni nel paese» è detto nel rapporto riportato da RIA Novosti; ciò è legato «in gran parte sia all'attuale situazione geopolitica attorno ai confini bielorussi e alle dure sanzioni UE e USA, sia all'attiva opera governativa verso la popolazione». Il documento del IMEMO sottolinea che le elezioni parlamentari e locali del 2024 hanno offerto alle autorità bielorusse l'opportunità di mettere alla prova la lealtà della società e hanno dimostrato che la situazione è sotto controllo. Inoltre, «questa volta non c'è una richiesta di massa di cambiamento nella società. Anzi, si è fatta più attuale la questione della stabilità» e, in generale, non c'è «una forza organizzata in grado di guidare e ripetere proteste di massa».

Questo è dovuto in buona parte anche allo sgretolamento dell’opposizione, divisa in piccoli gruppi (ad esempio, “Piattaforma 2025”, “Ambasciate del popolo”, “Estero bielorusso” sparsi tra Repubblica Ceca, Ucraina, Finlandia, Polonia, Lettonia, Lituania, Germania, Georgia, USA e qualche altro paese) che «hanno lasciato il paese e sono alla ricerca di sostegno finanziario dai paesi occidentali» - ne sono stati informati al PD? - e Tikhanovskaja, proclamata dall’opposizione bielorussa nel 2020 “presidente legittimo” e “leader nazionale”, nel 2025 perderà sicuramente tale “status”; dunque, niente quadretto a tre con Boldrini e Quartapelle: ne sentiamo già la mancanza.

Ma, soprattutto, la cosiddetta opposizione non dispone di altre figure su cui fare affidamento: i «gruppetti all'estero si stanno gradualmente degradando nella lotta “fratricida” per le risorse assegnate dai paesi occidentali»: se scarseggiano i fondi da destinare alla junta di Kiev, figuriamoci per la fantomatica opposizione bielorussa, a meno che, forse, non giunga qualche piccolo obolo da via Sant'Andrea delle Fratte.

Dunque, se qualche preoccupazione c'è a Minsk, questa non viene tanto da possibili “autonome” sortite dell'opposizione, quanto da provocazioni che partano da paesi NATO, soprattutto Polonia e Lituania, ancor più che non dall'Ucraina, in cui hanno ben altro cui pensare. Già lo scorso dicembre, Lukašenko aveva detto che «a 15 chilometri di distanza, a due passi dal confine, sono dislocati non solo polacchi e lituani, ma anche truppe di altri paesi, tra cui la Germania». E non appaiono più positive le note con cui il Dipartimento di stato USA, come fa di solito in vista di grossi disordini qua e là per il mondo, ha cominciato ad avvertire i cittadini americani che si trovino in Bielorussia, di lasciare il paese.

Insomma: “finiti i soldi, finito l'amore”, dicevano. E un'opposizione senza soldi, a chi distribuisce i “gadget” per invogliare a manifestare? «Per quanto riguarda le somme, è tutto molto semplice» diceva un paio di mesi fa, ad esempio, nient'altri che uno dei passati simboli dell'occidente, Roman Protasevic; ed è anche «un altro motivo dei continui litigi all'interno dell'opposizione. In sostanza, la sede centrale ha monopolizzato quasi tutti i principali flussi finanziari». Ma il fatto più importante è che gli stessi «flussi sono certamente in calo e continueranno a diminuire», aveva detto ancora Protasevic, perché nessuno si preoccupa di inviare dei «rendiconti ai “grandi donatori” che erogano sovvenzioni». Ma, quali rendiconti si dovrebbero inviare, quando fa il giro del mondo la foto di «un orologio al polso di Vecërko, credo, da novemila euro o quello che costa»? Oppure quando ancora lo stesso František «Vecërko, insieme a Tikhanovskaja e figli sono andati a farsi le vacanze a Creta, affittando un intero cottage con sicurezza e tutto il resto»?

Attendiamo con ansia l'organizzazione di un telethon targato PD a favore della “povera” opposizione bielorussa.

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