di Giulia Bertotto
“Sputiamo sul lavoro” di Leo Essen (L’AD edizioni, 2024) ha un titolo diretto almeno tanto quanto il suo contenuto è (invece) sempre indiretto e “rimandato”, come il piacere del masochista; metafore sessuali, dinamiche psicologiche, note di antropologia sull’origine della legge, mitologia e psicanalisi (Edipo), filosofia, teologia (negativa), si rincorrono in una serie di allusioni e giochi di ambiguità.
Il saggio di Essen riprende il titolo di un famoso libro di Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, scritto nel 1970. “Ciò che dà fastidio, scrive Lonzi, è il nostro attacco al concetto di potere. Il potere è fallo-centrico. Di più, il potere è logo-centrico. E siccome la donna non ha un accesso al Logos, quindi non ha accesso al comando. Rivendicazione del potere. Potere alle donne. Il tema delle donne – il femminismo, la questione femminista - non può essere subordinato a nessun altro tema. L'oppressione della donna, scrive Lonzi, è il risultato di millenni: il capitalismo l'ha ereditata piuttosto che prodotta” ci spiega l’autore stesso.
Detto tra noi, però, non pare che dica mai davvero perché dovremmo sputare sul lavoro. Questo è ciò che rende affascinante ma anche inafferrabile questo saggio, che talvolta ricorda i salti mortali della logica e i tentativi oltre la logica (il superamento degli opposti in Cusano) delle scritture dei mistici, i quali sanno che il linguaggio non può. Il divino, come il lavoro, viene continuamente rinviato, dis-velato, richiamato senza essere afferrato, simboleggiato da altro; lo sputo fa pensare a quel verme dello pseudo-Dionigi che può riferirsi allo Spirito con maggiore autenticità proprio nella sua assenza di pretesa cognitiva, nella sua umiltà, più di qualsiasi immagine di maestosità ferina e forza leonina.
Un libro a tratti così cinico e spinoso, provocatorio ma stufo dello scandalo, pieno di trappole tra le parole; l’autore lascia tranelli in giro e al contempo ci avverte dei pericoli sul sentiero.
LIBERAZIONE TELEOLOGICA DAL LAVORO
Se abbiamo ben inteso il paradigma di Essen, l’incarnazione dell’Infinito nella storia (di Dio nel Cristo, dell’eterno nel tempo) viene paragonato alla trasformazione del denaro in merce (Dio-Denaro nello stato assoluto che si fa carne-merce) Dio tuttavia non ritorna arricchito dall'esperienza mondana come il profitto con il plusvalore dell'investimento, l'incarnazione non aggiunge nulla a Dio. Anche l’uomo lavorando non aggiunge nulla a se stesso.
In molti capitoli il tema è la teleologia – dunque anche la teologia – c’è una forte critica della teologia e della teleologia. Una critica dell’idea che l’uomo abbia il potere di decidere del suo destino. Che il potere sia dalla parte dell’uomo; che si tratta di prendere il potere, di avere il potere. Si pone tutta l’attività dalla parte dell’uomo – il lato attivo, spirituale – mentre si pone il lato passivo dalla parte della materia. Il mondo, la materia, è il lato passivo, inerte, inerme. E invece io cerco di mostrare che c’è passione anche nell’uomo. Che l’uomo fa la storia tanto quanto è fatto da essa. C’è una forte critica al tema del potere, un tema centrale nelle analisi degli anni Settanta (Lotta continua, Potere operaio, Foucault e il potere, eccetera) anche nella sua forma negativa Anti-psichiatria, Anti-militarismo, Anti-scuola, al centro c’è sempre il potere.
Dunque il potere ontologico di incidere sulla realtà, il millenario scontro tra predestinazione e libero arbitrio. Che sia predeterminata o libera, l’incarnazione permette l’esperienza e l’esperienza necessita della dimensione materiale per attuarsi.
Questo tema dell’incarnazione è un tema hegeliano – è il tema dell’alienazione, di dio che diventa uomo per farsi riconoscere, per farsi vedere, per diventare vero. La verità passa sempre dall’esperienza, dal lavoro, dalla materialità. Hegel dice, solo l’operaio che lavora e trasforma il mondo può conoscere la verità. La verità s’invera nell’incarnazione trasformatrice del mondo. È un tema forte, entrato nelle mie ossa. Mio padre mi diceva devi andare e scoprire il mondo, devi fare esperienza del mondo per capire chi sei; per sapere chi sei, devi vivere. Sputare sul lavoro vuol dire sputare su questa concezione dell’uscire fuori di sé, sputare su questa concezione dell’alienazione come viaggio, scoperta e trasformazione del mondo.
Ossa e Padre; un libro sofisticatamente molto personale per essere un trattato “contro” il regime del lavoro, un libro che è anche una lettera al Padre, un libro edipico.
FUORI DALLA LEGGE DEL LAVORO
Essen accosta la “conquista” di legittimità da parte della legge senza bisogno ad altre giustificazioni al di fuori di se stessa (operazione di emancipazione della legge avviata da Kant) alla legittimità della vita (volontà di potenza) senza necessità di trovarla nell’assoluto o nel divino. Seguendo questo ragionamento l’uomo dovrebbe trovare fondamento alla propria esistenza in se stesso e quindi non radicarla nel lavoro;
Nel terzo capitolo, il più lungo, rileggo Nietzsche, il collegamento con il lavoro è questo: Nietzsche mette al centro della teoria del valore il corpo fisico, e lo mette al centro (stranamente) non in un’ottica di potere (l’ottica di potere è un tratto della lettura più affermata di Nietzsche), ma in un’ottica materialista – io la chiamo inconscia, appunto per sottolineare che l’uomo, la sua volontà e il suo controllo, non hanno effetto su questa costituzione del valore.
IL CORPO SFRUTTATO E IL LAVORO MASOCHISTA
Il potere e il suo esercizio tramite l’affermazione sul corpo è un tema comune alla psicanalisi, al diritto, alla teoria politica e alla lotta di classe: il sadico e il masochista, opposti e complementari attaccano in modo diverso la legge; il sadico la aggredisce, il masochista la sfugge e deride perché invece di divincolarsi dalla punizione e dal dolore li cerca.
Il tema di Masoch è il tema del corpo, del corpo materiale, del corpo che sente dispiacere, un dispiacere che è ricercato come piacere – siamo sempre nel tema hegeliano dell’alienazione, dell’esperienza, dell’uscita fuori dall’idea (idealismo) di potere e di controllo. Il controllo passa per il corpo, per la passione, per una perdita di controllo (dunque per via inconscia), e non per l’azione, per il lato attivo, spirituale – o perlomeno non solo da questo lato. Questo ci dice Masoch. La legge deriva dal corpo, dalla passione, dall’esperienza, dal lavoro. È il lavoro che ancora sta al fondo della legge.
Rinunciare all’escatologia, respingere la Legge, dire no al lavoro, uccidere edipicamente il padre, forse siamo vicini al cuore dell’opera di Essen. Nei capitoli dedicarti a Tronti, Mallet, Bifo e al rifiuto del lavoro spiega (o meglio allude al fatto che) che essendo la produzione identificatasi con la società, dato che società e capitale coincidono, l’unico modo per liberarsi dal capitale è liberarsi dalla società:
È giusto dire che Tronti identifica la produzione con la società-fabbrica, come è giusto dire che Tronti condanna la società, per una forma di ribellismo anarchico, anzi Punk, in Noi operaisti, un libro pubblicato da deriveapprodi, si paragona proprio a un Punk, paragona gli operaisti ai Punk no future, nichilismo e anarchia.
Il corpo è obbligato al piacere, la Legge scaturisce inevitabilmente dall’antropologia, l’esperienza è un lavoro duro, lo scopo fa rima con profitto e lo ricusiamo…che ci resta? E con la Metafisica che ci facciamo?
L’intenzione del post-moderno era che liberandoci dalla metafisica - dall’idea di soggetto – su sub-stanza – ci saremmo liberati dal potere. Il fatto è che tutti i tentativi di liberarci dalla metafisica non hanno fatto altro che rafforzare il potere. Bisogna dunque pensare a un altro rapporto con la metafisica, che non sia quello di una fuori-uscita.
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