Ogni volta che un bambino vuole afferrare la vita, viene fermato da un rigido muro innalzato da una società fredda, autoritaria e repressiva. Le frustrazioni diventano cicatrici e giorno dopo giorno il muro viene interiorizzato.
di Osvaldo Orgone
Con questa analisi, Wilhelm Reich (l’unico ad essere riuscito a superare l’esaurimento nervoso che Sigmund Freud causava puntualmente a tutti i suoi allievi o colleghi che osavano scostarsi dal suo pensiero) intendeva avvisarci che non solo i grandi traumi costituiscono questo muro ma anche le piccole frustrazioni. Gesti apparentemente innocui come zittire un bambino mentre piange, togliergli la mano dalla bocca senza troppe gentilezze o semplicemente rimproverarlo quando si butta per terra.
Secondo Reich, questa corazza ha una natura psico-emozionale e fisica; e ancorandosi alla muscolatura compromette il flusso di energia vitale bloccando il contatto con l’esterno e con il propio essere.
Innalziamo questo muro per proteggerci dal dolore e dalle frustrazioni ed è così che rimaniamo al di fuori dalla vita impedendoci un’educazione naturale, contatti amorosi sereni nel nome di una società rigida e contraria alla vita.
Reich riesce quindi ad individuare due modalità di vita diametralmente opposte:
-l’organismo che opera seguendo i processi naturali
-l’organismo le cui funzioni sono bloccate dalla corazza
Il primo ha una percezione sensoriale differente rispetto al corazzato, infatti le sensazioni di quest’ultimo risultano bloccate.
La dissoluzione della corazza trasforma la visione generale del mondo e della vita.
Per poter studiare la natura bisognerebbe amarla, adorare l’oggetto del proprio studio senza distorcerlo ma l’organismo corazzato non è in grado di farlo.
Più la corazza è rigida più è rigido il suo modo di pensare. Egli non ha accesso al vivente, al movimento, all’energia pulsante.
Secondo lo psicanalista austriaco, questa è la chiave dell’ignoranza dell’uomo moderno, la stessa chiave del trionfo del meccanicismo nella ricerca scientifica, nella medicina e nell’educazione, che a causa del corazzamento, non può comprendere i processi alla base della vita e per questo motivo non è in grado di amare e capire gli organismi vivi.
Questa forma di ignoranza si trasforma in paura, la paura alimenta la peste emozionale.
Per comprendere cosa sia la peste emozionale Reich prende ad esempio la figura di Cristo:
Cristo è l’essere non corazzato assassinato dalla peste emozionale. Muore perché è vita e l’uomo non può superare la breccia tra la grandezza della vita e la sua limitata capacità di viverla.
Il destino di Cristo rappresenta il segreto della tragedia dell’animale umano.
Qui voglio quindi rivolgere un appello ai nostri governanti e ai governati: quando siete soli (io lo faccio spesso), nella vostra stanza o casa, provate a parlare con quel bambino ferito mille volte. Ditegli che va tutto bene e che da grande se la caverà meglio di come potrebbe immaginare. Pettinatelo e dategli una carezza.
Abbracciatelo, finche non sentirà la vita per la prima volta, finché non si sentirà amato e protetto, senza più corazza.
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