di Giulio Di Donato
Come rispondere a chi ci domanda: quale messaggio ci consegna la lettura di “Teologia politica e diritto” di Nello Preterossi?
Alla luce delle più recenti interpretazioni si può forse sostenere questo: a fare seriamente e fino in fondo i conti sia con l’eredità del cristianesimo (in una maniera compatibile con il principio, ad essa non estraneo, della “soggettività” e con le ragioni di una laicità non ostile), sia con l’autonomia e l’eccedenza simbolica del politico, con la sua ulteriorità, anche spirituale, di significati.
Sullo sfondo - possiamo aggiungere - la riscoperta del senso del sacro (come sfera da erigere in difesa di ciò – la pari dignità sociale delle persone soprattutto – che non può essere sacrificato a scopi di “utilitas et potentia”), la valorizzazione del nesso costitutivo immanenza/trascendenza e la necessità di un katéchon dinamico, produttivo, contro il vortice nichilistico che tutto mercifica, spettacolarizza, oggettivizza e livella.
Il tutto muovendo contemporaneamente dal basso della società e dall'alto del pensiero, anche profetico, e della creatività.
In conclusione, solo uno sguardo insieme religioso e polemico, in grado di mobilitare insieme tradizioni comunitarie e trasformazioni progressive, ovvero il senso di ciò che ci precede e del limite con il senso dell’oltre e di una nuova contrapposizione, può riscattare l’uomo e la politica dalla condizione di ripiegamento e asservimento attuali, in direzione di un orizzonte di vita altro.
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