di Giulia Bertotto
Ci sono eventi, complessi e multifattoriali, che cambiano il corso della storia, come la caduta dell’Impero Romano d’Occidente o la Guerra del Peloponneso, e la de dollarizzazione del mondo, è un processo forse meno visibile, ma non da meno.
Ne parla in maniera documentata e avvincente Giacomo Gabellini nel suo saggio De dollarizzazione Il declino della supremazia monetaria americana (Diarkos 2023), uno studio dettagliato sulla perdita di egemonia economica da parte dell’Occidente, arricchito da un inserto finale con grafici e tabelle.
Alla fine della Guerra Fredda, al dissolversi dell’Unione Sovietica, la superiorità economica e militare statunitense non era in discussione, ma si sa, ogni supremazia ha una fine, soprattutto se intanto “Il resto del mondo continua a pagare per l’esercizio della potenza americana permettendo agli Usa di dispiegare i cannoni e consumare burro”[1]. Il 75 per cento del mondo è infatti stufo della vampirizzazione da parte degli USA, una potenza arrugginita che ha “Un’economia deindustrializzata, terziarizzata, finanziariamente ipertrofica, sovra indebitata, gravata da pesanti squilibri strutturali e afflitta da inflazione perdurante”[2]. Le aree più popolose e produttive della terra sono stanche del ricatto Usa, per cui chi non si allinea alle scelte di convenienza della federazione dovrà essere oggetto di “missioni di pace” o castighi in ambito finanziario. “Il New York Times parlò apertamente (già dal 2015, riporta Gabellini, ndR) di qualcosa di simile a quanto accaduto un secolo fa, quando il dollaro soppiantò la sterlina”[3] riferendosi ai recenti tentativi di mettere ai margini la valuta di riserva mondiale.
I due contendenti al governo del mondo vedono quindi contrapposti da una parte “una sorta di G-7 allargato, popolato da circa un miliardo di persone, fortemente disomogeneo dal punto di vista degli equilibri commerciali e caratterizzato da una posizione finanziaria netta aggregata profondamente negativa” e dall’altra “la popolosa compagine Russia-Cina-India, al cui cuore vi sono i BRICS+ con un lungo elenco di stati pronto a rivendicare la propria sovranità monetaria e a sganciarsi dalla dipendenza dell’Occidente allargato”.
Eventi bellici come l’avvio dell’ “Operazione militare speciale” russa in Ucraina dal febbraio 2022, hanno velocizzato la rete di intese internazionali per mettere al bando la banconota verde. Gli Usa e molti illustri economisti davano per scontato che le sanzioni imposte a Mosca, avrebbero messo in ginocchio il gigante eurasiatico, l’effetto (collaterale per le amministrazioni ad Ovest) è stato invece quello di “imprimere una forte accelerata al processo di riposizionamento di Cina e Russia”[4]. Uno smacco clamoroso.
Machiavelli paragonava la Fortuna, ministra imperscrutabile degli eventi, al corso di un fiume: gli uomini possono costruire argini, alzare barriere, deviare il flusso della corrente con le dighe, ma la potenza dell’acqua è imprevedibile, così come lo è stata la reazione del Cremlino alle sanzioni, ai dazi, all’esclusione dal sistema Swift, al blocco dei conti correnti occidentali dei privati russi e altre politiche economiche e finanziarie punitive draconiane da parte di Washington.
Attraverso la navigazione della “flotta ombra” dalla Russia per l’esportazione clandestina, e del “flusso commerciale fantasma” verso la Russia, Gabellini ci racconta una storia di pirati di mercati in epoca di criptovalute. Dove non arriva la balcanizzazione in chiave militare, può la contesa della moneta, come nel settore delle criptovalute; il conflitto si sposta così nella gara tra le grandi aziende tecnologiche. Emblematica la sfida per realizzare niente di meno che un computer quantistico.
Gabellini ci spiega le dinamiche del tentato isolamento dell’Iran, il ruolo dell’Arabia Saudita, -monarchia non più disposta al vassallaggio all’Occidente- sulle rotte del greggio; una notte da corsari “dal tramonto del petrodollaro all’alba del petroyuan”[5]. Solo per menzionare un settore della superiorità dell’Ucraina e Russia, basti sapere che le due nazioni da sole soddisfano la domanda del 90% del neon. Si tratterà di capire quanto durerà la buia notte di questa transizione, e chi ne farà -e ne sta già facendo- le spese.
Intanto nel nostro continente si continuano a proiettare ipnotici film americani, ma la realtà è un’altra dallo schermo, poiché “Si profilano scelte che nemmeno la cannibalizzazione economica dell’Europa, semiprotettorato su cui gli Usa scaricano il costo più alto del proprio ‘riaggiustamento strutturale’ renderà rimandabili”. Questa volta noi europei siamo dalla parte scalzata e sorpassata del pianeta; del resto la legge del divenire vuole che “Un ciclo riempiamo gli arsenali e un ciclo i granai, un ciclo macellati e una macellai”[6]. Il paradosso, o forse la conseguenza più coerente di una hybris economica a debito, di una politica estera imperialista, di una mentalità colonizzatrice è che “la Russia non ha inflitto questo danno agli Stati Uniti. Il danno è stato autoinflitto”[7].
L’ormai stantio ordine unipolare a dominio Usa è logoro; l’alternativa multipolare, o l’ipotesi di un globo bipolare sino-statunitense, sono queste le mappe del Nuovo Mondo già scoperto, che si scontrano anche militarmente nei luoghi più incandescenti delle terre emerse: soprattutto nel Pacifico tra Cina e Taiwan, nel cuore d’Europa tra Russia e Ucraina e in Medioriente, tra Israele e la martoriata Palestina. Il sangue che ancora non è stato versato scorre sotto le vene bancarie dei rivolgimenti di questo secolo convulso e violento. Vogliamo capire cosa sta accadendo?
Ieri si diceva follow the money, oggi possiamo dire follow the de dollarizzazione.
[1] Martin Wolf, dal Financial Times, p. 55 del testo di Gabellini.
[2] P. 322.
[3] P. 100.
[4] P. 302.
[5] P. Zoltan Suisse Economics 2022.
[6] CCCP, la canzone è Guerra e pace, dall’album “Socialismo e barbarie”.
[7] R. James riportato da Gabellini a p. 324.
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