di Giulia Bertotto per l’Antidiplomatico
“Terza guerra mondiale?” è la domanda che ci stiamo facendo da diverse settimane e “Il fattore Malvinas” è la risposta, -anzi l’incognita- che si sono dati Daniele Burgio, Massimo Leoni, Roberto Sidoli (“Terza guerra mondiale? Il fattore Malvinas” L’AD Edizioni 2024) in un’ordinata e dettagliatissima analisi sulla convivenza con la consapevolezza atomica dal 1945 ad oggi; un libro francamente irrinunciabile se non si vuole rischiare di saltare in aria senza almeno aver compreso come siamo arrivati a questo punto.
I fatti raccontati si sono succeduti mentre i due grandi blocchi atlantico e russo detenevano questa forza devastante, innanzitutto l’espansione della NATO verso Est dopo la Caduta del Muro, le promesse fatte a Gorbaciov mai mantenute e anzi le provocazioni imperialiste con le sue esercitazioni alle periferie di Mosca e le continue adesioni al Patto Atlantico.
1945-2024. GLI USA AL GOVERNO DEL MONDO: DAI MICROBI ALLO SPAZIO (ANCHE VIRTUALE)
Dal 1945 ad oggi l’America ha sempre guardato fisso l’obiettivo di conservare il proprio dominio finanziario, la supremazia militare, l’egemonia ideologica sul mondo intero, impedendo la crescita di potenziali economie rivali e competitori bellici. La Federazione americana ha approfittato degli antagonismi esistenti per inasprire i rapporti e fomentare le tensioni, così da indebolire le nazioni tra loro ostili, e ha organizzato colpi di stato Usa in ogni terra emersa, da L’Avana a Kiev. Anche nel nostro paese nel 1948 vinse la DC, cioè la CIA, supportata dai servivi americani in funzione anti Unione Sovietica[1]. Lo ha fatto attraverso il “business dell’antiterrorismo” (che però rappresenta anche una pesante voce di spesa), ingerenze arcobaleniche e rivoluzioni “colorate” in una “guerra cognitiva mondiale”. Non solo acqua, terra e cielo, ma assoggettamento della mente e del sistema valoriale: un softpower globale a stelle e strisce.
Lo status quo a vantaggio statunitense viene mantenuto attraverso politiche economiche mirate ad accrescere la disoccupazione in Europa e ad erodere la sovranità degli stati del nostro continente; impedire l’emancipazione europea è un interesse prioritario e in questa logica va letto anche l’attentato al gasdotto Nord Stream 2. Nel secondo dopoguerra abbiamo assistito al crescente e capillare legame tra servizi segreti e intelligenza artificiale nell’intesa con colossi come Amazon, Microsoft e Facebook per un dominio planetario online; è quella che viene chiamata politica-struttura cioè la politica intesa ed esercitata come “espressione concentrata dell’economia”. Veri e propri regimi digitali che profilano utenti-cittadini, impongono mode, condotte etiche, demonizzano nemici e celebrano martiri.
Attualmente, spiegano gli autori, sono solo tre le mega agenzie, le grandi fonti di informazione, da cui attingono tutte le agenzie nazionali in materia di notizie geopolitiche che a loro volta ingozzano i media di menzogne, e due sono legate allo stato profondo Usa. Spionaggio delle classi dirigenti e della popolazione, controllo delle informazioni attraverso cavalli di Troia virtuali, disordine militare, destabilizzazione ideologica e sociale, sanzioni e blocco economico: forse nessuno stato come Cuba ha subito attacchi su ogni fronte e in ogni ambito della vita civile.
Gli Usa si sono spesi alla conquista di nuove dimensioni: quelle dei microbi con l’ingegnerizzazione di virus e quella extraplanetaria con sonde e satelliti per il controllo siderale. Il Pentagono ha anche congelato sei miliardi di dollari della banca afgana, denaro di una popolazione poverissima. Gelido anche l’inverno nucleare che potrebbe piombare sulla terra a causa dello scudo di radiazioni nell’atmosfera. Guerre stellari e ipocrisie spaziali: per la “difesa della libertà” anche in orbita.
IL PARADOSSO ATOMICO: L’ARMA DEFINITIVA SCONGIURA LA FINE DELL’UOMO
Guerra militare, guerra culturale, guerra dei dati, guerra dell’informazione e guerra spaziale. Come si posiziona oggi, in questo scenario, il rischio atomico?
Fin dalla fabbricazione della prima bomba sperimentale l’obiettivo nucleare degli Stati Uniti è sempre stata l’Unione Sovietica e non solo la Germania nazista. Ma dal caldissimo agosto del 1949 -quando anche l’URSS ha sviluppato il proprio ordigno atomico- il rischio reciproco ha provvisoriamente stabilizzato i rapporti di forza; il pericolo è stato cristallizzato nella Guerra Fredda, “l’equilibrio del terrore” ha evitato il genocidio di noi stessi. Il paradosso atomico chiamato “stallo nucleare” ha scongiurato la nostra estinzione; “in sintesi solo il potere atomico può bloccare il potere atomico” scrivono i nostri autori. Secondo alcuni storici, lo stesso Oppenheimer, a capo del progetto Manhattan, pur consapevole del potenziale distruttivo della bomba, era anche tentato dall’idea di forgiare un’arma definitiva, così spaventosa da responsabilizzare tutti gli attori in campo. Un’arma così drastica da obbligare alla pace, o meglio costringere alla diplomazia. La più tremenda arma di autodistruzione era anche paradossalmente il più solido deterrente al suicidio di massa. La pulsione di morte era stata disciplinata dal microscopico atomo.
2024 E FATTORE MALVIS: SÌ AL TERRORE, NO ALLA DISPERAZIONE
Veniamo al 2024. Basta guardare un telegiornale e ci si accorge che oggi qualcosa è cambiato, l’equilibrio del terrore si è rotto. L’emergere dei BRICS, il regime change a Kiev, il genocidio del popolo palestinese, le sfide Usa contro la Cina a Taiwan riportano a galla l’incubo nucleare. Secondo gli autori, in questo quadro, l’auto-sterminio può essere evitato solo se non si aggiunge il fattore Malvinas, il sentimento di sconfitta americano. Purtroppo, secondo gli autori, la bancarotta d’oltreoceano sarebbe inevitabile a causa dell’aumento del debito pubblico, della stagnazione dell’industria, della disoccupazione e della bassa tassazione delle multinazionali. Gli Usa starebbero per cadere in una Grande depressione 2.0 e la mancanza di una via di uscita potrebbe indurli a farla finita, innescando una reazione a catena fino all’olocausto dell’umanità. Quindi, secondo questa tesi, Washington non deve arrivare al punto di non aver nulla da perdere. Perché se non si ha nulla da perdere non si ha nulla da temere, mentre il timore di perdere qualcosa è la distanza emotiva che separa da quel pulsante.
Gli autori avanzano però anche una proposta, una ponderata ricetta politica ed economica anti fallimento per gli Usa, un antidoto lungimirante alla probabile perdita di speranza e lucidità degli Usa. Un libro raggelante da cui imparare tantissimo, da leggere con le ultime notizie a portata di mano, tutti sintonizzati sulla fine del mondo.
[1] “La Schlein, quando era una studentessa, ha partecipato come volontaria a due campagne elettorali di Obama (2008 e 2012). Secondo alcuni biografi della segretaria del Pd, Elly Schlein, la sua rapida ascesa politica è stata agevolata e pianificata dall'agenzia Social Changes, vicina a Barack Obama, che ne ha promosso l'immagine sui media con grande efficacia. Per altri biografi, non vanno però trascurati sponsor di peso nel mondo dem, come Romano Prodi, e i rapporti del passato tra lo stesso Prodi e Melvin Schlein, padre di Elly, docente universitario americano: i due prof, entrambi classe 1939, hanno avuto modo per alcuni anni di collaborare e insegnare a Bologna nella John Hopkins University. Due tracce da seguire molto interessanti”. Su Italia Oggi al link https://www.italiaoggi.it/news/gli-sponsor-dell-ascesa-di-elly-2594409
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