Di Paolo Arigotti
Giorgio Napolitano, classe 1925, sposato con Clio Bittoni, due figli (Giovanni e Giulio), è scomparso lo scorso 22 settembre all’età di 98 anni. La sua storia umana e politica è contraddistinta da una serie di primati: è stato il primo ex comunista a ricoprire l’incarico di ministro dell’Interno (1996-1998) nel primo Governo Prodi e a essere eletto Capo dello Stato (2006)[1]; Napolitano, inoltre, è stato il primo presidente della Repubblica Italiana a ottenere un secondo mandato (2013).
Iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza della Federico II di Napoli, dove si sarebbe laureato nel 1947, ebbe un’esperienza giovanile nei Gruppi Universitari Fascisti (GUF), quella che nelle intenzioni del regime avrebbe dovuto essere la fucina della futura classe dirigente[2], collaborando con il settimanale IX Maggio, per il quale teneva una rubrica di critica teatrale. Entrò poi giovanissimo nei consigli studenteschi e nel congresso nazionale universitario. Nel 1942 aderì ai gruppi clandestini antifascisti e nel 1945 si iscrisse al Partito Comunista Italiano (PCI). Nel corso della sua lunga vita riceverà diverse lauree honoris causa da parte di atenei italiani e stranieri e pubblicherà numerosi articoli e vari libri dedicati a temi politici e alle relazioni internazionali. Nel 1947 avrebbe preso parte alla fondazione del Movimento per la Rinascita del Mezzogiorno, del quale avrebbe fatto parte per oltre dieci anni.
Eletto parlamentare per la prima volta nel 1953 nella circoscrizione di Napoli, farà parte ininterrottamente della Camera dei deputati – salvo la parentesi della IV legislatura – fino al 1996, guidando per due volte negli anni Ottanta il gruppo comunista a Montecitorio. Tra il 1992 e il 1994 occuperà lo scranno di presidente della Camera, terza carica istituzionale per importanza, dopo essere stato per alcuni anni parlamentare europeo, lui che da sempre era stato un convinto sostenitore del progetto comunitario. Alto dirigente del PCI, sarà tra i più stretti collaboratori del segretario Luigi Longo; membro della corrente di Amendola, alla sua morte fondò la cosiddetta corrente migliorista, una sorta di “destra” del partito, considerata vicina a posizioni socialdemocratiche. Eppure, questo orientamento non gli avrebbe impedito, ancora nel 1956, di appoggiare l’invasione sovietica dell’Ungheria, considerata la scelta migliore per salvare la pace nel mondo[3]. Sono noti i suoi contrasti con Enrico Berlinguer, del quale non condivideva il pensiero politico e la linea impressa al partito.
Nel corso della sua esperienza politica si è occupato sia di politica interna, che internazionale: negli anni Novanta ha fatto parte della delegazione italiana presso l'Assemblea della Nato, oltre ad aver partecipato a eventi e conferenze all’estero, compresi diversi istituti universitari statunitensi (Harvard, Princeton, Yale, Chicago, Berkeley, SAIS e CSIS di Washington)[4].
Il 23 settembre 2005 fu nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, al quale sarebbe succeduto poco meno di un anno dopo, il 10 maggio del 2006, quando venne eletto con 543 voti; il 20 aprile 2013, per la prima volta nella storia repubblicana, fu rieletto con una maggioranza molto più ampia (738 voti), rassegnando le dimissioni anticipatamente il 14 gennaio 2015. A succedergli sarebbe stato l’attuale Presidente Sergio Mattarella, a sua volta rieletto per un nuovo mandato, mentre Napolitano, come tutti gli ex capi dello Stato, divenne di diritto senatore a vita.
Fatto questo breve excursus storico, veniamo al nocciolo della questione. Forse in nessun paese, come in Italia, vale il vecchio adagio secondo cui: “Tutti belli quando di nasce, tutti bravi quanto si muore”. Nessuno mette in discussione il rispetto per i morti, ma questo non può esimere dal formulare un giudizio politico più complessivo, a maggior ragione nei confronti di chi - è questo il caso - abbia rivestito responsabilità di tale portata, oltretutto in fasi storiche e politiche tanto delicate. E le critiche nei confronti di Giorgio Napolitano non sono mancate.
Tra le altre, gli è stata rimproverata la sua condotta in occasione del cambio di governo del novembre 2011, quando a Silvio Berlusconi, travolto da dissidi interni e dal famigerato spread, successe l’economista Mario Monti, nominato solo pochi giorni prima senatore a vita dallo stesso Napolitano, chiamato a guidare un governo tecnico[5]. Sarà anche per via di questa decisione, che Napolitano si guadagnerà l’appellativo di «Re Giorgio», conferitogli dal New York Times[6] e dall’Espresso[7], per aver rappresentato – a loro dire - l’unico punto di riferimento del paese di fronte a un “…governo debole, un premier in crisi, una politica viziata da liti e scandali”. Per quanto possa suonare paradossale, quello che era nato come un titolo onorifico verrà poi utilizzato in senso critico dai detrattori del presidente: saranno questi ultimi a diffondere la tesi del “golpe bianco”, vale a dire di un cambio di governo orchestrato per defenestrare il premier in carica[8], strumentalizzando fatti personali e l’andamento dei mercati. Stando sempre a questa ricostruzione, a Berlusconi non sarebbero stati “perdonati” i nuovi rapporti con la Libia di Gheddafi, personaggio ritenuto in contrasto coi disegni anglo americani e francesi, non foss’altro per i suoi sentimenti indipendentisti (e sappiamo che fine avrebbe fatto di lì a poco il leader libico) e la dichiarata intenzione di dare vita a una nuova valuta africana, che avrebbe mandato in soffitta il franco CFA.
A dirla tutta, lo stesso presidente francese dell’epoca, Nicolas Sarkozy, nel suo ultimo libro “Il tempo delle battaglie”, uscito pochi mesi fa, ha confermato che la fine politica di Berlusconi, personalità da lui definita “patetica e delirante”[9], sarebbe stata il frutto di vero e proprio patto franco tedesco, facendo ricorso all’arma finanziaria (spread e debito) per “farlo fuori”[10].
La decisione di Napolitano di non andare a nuove elezioni e affidare l’incarico a Monti, personalità sicuramente più gradita agli alleati europei e ai mercati, segnò l’inizio di una stagione di riforme, all’origine di grandi cambiamenti e di un diffuso malcontento: basti ricordare le riforme in ambito fiscale (vedi l’IMU sulla prima casa), previdenziale (cd. legge Fornero) o del mercato del lavoro (con un aumento del precariato), che unite a una politica di tagli lineari (come nella sanità e nei servizi) fecero parlare i detrattori di una vera e propria “macelleria sociale”[11] o, secondo un termine più in linea con il “politicamente corretto” di austerity, o di governo del Presidente e/o delle emergenze[12]. Non che il personaggio Monti aiutasse a dipingere un’immagine più umana dell’azione del suo governo (scusate la dissertazione vagamente “fantozziana”), come quando gli scappò un commento sui suicidi in Italia e in Grecia imputabili alla crisi economica[13].
La stessa rielezione di Napolitano nel 2013, una prospettiva contro la quale lo stesso “Re Giorgio” si era più volte espresso[14], venne interpretato come il sintomo di una crisi profonda del sistema politico italiano, già culminata nell’esperienza del governo tecnico. La classe politica, incapace di trovare un accordo sul nuovo inquilino del colle più alto, bruciò nelle diverse votazioni le varie candidature, trovando come unica soluzione quella di un Napolitano bis. Nel suo secondo discorso d’insediamento, il presidente rieletto criticò duramente i politici parlando, tra le altre cose, d’inconcludenza del Parlamento (per quanto la sua rielezione fosse avvenuta dopo sei scrutini, molti meno dei ventitré che servirono a eleggere Giovanni Leone nel 1971!), di “una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità”, oltre al “prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi. Ecco che cosa ha condannato alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in Parlamento”. Napolitano lamentava anche il mancato varo delle riforme attese dal paese, a cominciare da quelle istituzionali ed elettorali”[15]. Per la cronaca il Parlamento applaudì a scena aperta un Re Giorgio che lo “bastonava”.
E con questo ci riallacciamo a un'altra fase politica molto criticata, per quanto si tratti di un periodo storico nel quale il Capo dello Stato aveva già lasciato il suo incarico: il fallimento del progetto di riforma promosso dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. Napolitano non era più al Quirinale quando, nel dicembre del 2016, gli italiani furono chiamati ad approvare o respingere il progetto di revisione costituzionale, per quanto fosse stato lui a nominare Renzi a Palazzo Chigi nel febbraio del 2014. E il progetto aveva ricevuto l’imprimatur dell’ex capo dello stato, il quale, parlando nell’imminenza della consultazione referendaria, in occasione di una lectio magistralis presso la Classedem, la scuola di formazione del PD, aveva manifestato chiaramente la sua visione, affermando che “Se vince il referendum istituzionale, avremo la possibilità di tornare a rendere il parlamento un luogo degno" visto che: "tra decreti e fiducie - ha aggiunto - il parlamento è stato ridotto uno straccio. Tutto questo può finire con questa riforma"[16]. Sappiamo che vinsero i “no”, mettendo fine non solo al progetto di riforma, ma allo stesso Esecutivo Renzi: commentando l’esito del voto, Napolitano lo definirà una sconfitta personale, pur criticando l’impronta eccessivamente personalistica che il premier aveva voluto dare alla campagna referendaria[17].
Per uno di quei curiosi capricci della storia, la scomparsa di Napolitano è avvenuta quasi contemporaneamente a quella del boss Matteo Messina Denaro, morto per un tumore all’età di 61 anni. Il fatto ha quasi inevitabilmente fatto riemergere la decisione di Napolitano di distruggere le intercettazioni telefoniche con l’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino, vicenda che si innestava nell’ambito della cosiddetta (e presunta) trattativa stato mafia. Si trattava di fatti avvenuti nel 2011, ma resi pubblici qualche mese più tardi. Il telefono sotto controllo era quello di Mancino, nell’ambito di un procedimento che lo vedeva indagato (e poi imputato) per falsa testimonianza: secondo la tesi dell’accusa, nel 1992 egli sarebbe stato al corrente - quando era alla guida del Viminale - della presunta trattativa tra pezzi dello stato e cosa nostra, e avrebbe mentito circa alcuni fatti. Mancino avrebbe parlato di queste accuse per telefono con l’allora capo dello Stato, tanto che i pubblici ministeri intendevano avvalersene nel procedimento penale contro l’ex ministro dell’Interno (e altri imputati). Ma le registrazioni non sarebbero mai arrivate al processo, perché Napolitano sollevò un conflitto d’attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale[18], e la Consulta gli diede ragione, dando nella sostanza luce verde alla distruzione dei nastri, poi avvenuta nel 2013[19]. Premesso che Napolitano non era minimamente coinvolto nella vicenda processuale sulla trattativa stato mafia, l’episodio della distruzione delle registrazioni, come intuibile, ha fatto sollevare più di una riserva sulla vicenda. Giova precisare, però, come fece Eugenio Scalfari[20], che “la ricerca della verità da parte della Procura di Palermo e di qualsiasi altro ufficio giudiziario è (era) fuori questione”.
Critiche alla figura di Napolitano sono arrivate anche dallo storico Aldo Giannuli, che lo ha definito, in un recente video pubblicato sul suo canale YouTube[21], “il peggior presidente della Repubblica”: a parte ricordare il suo passato stalinista nella corrente amendoliana del partito (poi divenuta migliorista), rigettando il presunto carattere moderato e di “destra” dell’uomo politico, viene ricordato il sostegno di Napolitano all’idea dell’equilibrio tra i due grandi imperi (americano e sovietico), e più in generale una certa tendenza alla difesa dello status quo: forse anche per questo Harry Kissinger definirà Napolitano “il suo comunista preferito”[22], consegnandogli il premio a lui intitolato nel giugno del 2015[23]. Altra critica espressa dallo storico, come dal giornalista Marco Travaglio (che lo definì il presidente col talento di “sbagliare tutto”[24]), riguarda la sua tendenza a sottoscrivere qualunque iniziativa governativa, comprese quelle più controverse: pensiamo al cosiddetto lodo Alfano, in sostanza una legge, voluta dalla maggioranza guidata da Berlusconi, che prevedeva una sospensiva dell’azione penale per le più alte cariche dello stato[25]. O ancora quella di sorta di indirizzo “pedagogico” circa l’azione dei pubblici poteri da sempre cara a Napolitano, una sorta di difesa degli assetti esistenti.
Ma le critiche a sinistra non finiscono qui: in un articolo di Alberto Burgio, pubblicato dal Manifesto[26], si effettuava una disamina delle decisioni più discutibili prese dal presidente Napolitano, dalla nomina di Monti, all’intromissione in questioni legate alla difesa, fino alle riforme varate durante il suo mandato o al ruolo da lui patrocinato per l’Italia nel contesto politico internazionale. Secondo le sue parole: “La questione cruciale è di ordine costituzionale. Può un presidente far pesare le proprie personali valutazioni di merito? Può egli entrare nell’ambito dell’attività e funzione statuale che attiene all’indirizzo politico, quindi alle prerogative proprie di parlamento e governo? La domanda è retorica: naturalmente non può.” Non a caso, il titolo del pezzo era “le forzature pericolose di Napolitano”.
Lo stesso Andrea Scanzi, pur ribadendo la stima e il rispetto verso l’ex presidente, non è stato tenero in un suo recente intervento su YouTube[27]. Egli descrive Napolitano come un fautore della conservazione, esprimendo posizioni non molto distanti da quelle del prof. Giannuli, oltre a riprendere le critiche circa il mancato contrasto alle cosiddette leggi ad personam, e soprattutto scagliandosi contro la linea politica restauratrice, da lui incarnata in diverse occasioni (come dopo le politiche del 2013).
Emerge da quanto detto, mettendo da parte le apologie che in questo paese rappresentano una prassi assai discutibile, che il ritratto dell’uomo politico (e delle istituzioni) è assai complesso, qualunque opinione politica si possa avere. Uno spunto finale ci arriva da Massimo Villone, che così scriveva sul Manifesto qualche giorno fa[28]: “un parlamento e un governo che volessero arginare le intemperanze del capo dello Stato potrebbero agevolmente farlo nel rispetto della Costituzione e delle prassi consolidate. Se non lo fanno, è anzitutto alla loro debolezza che vanno imputate le responsabilità.”
Ora, se provassimo a sostituire in questo passaggio le parole “capo dello stato” con altre, magari riferite a certe assisi internazionali, il discorso cambierebbe? La risposta la lasciamo al lettore, ma resta il fatto che prendersela con l’uomo singolo sarebbe fin troppo facile, mentre servirebbe a nostro avviso una riflessione più ampia, che investa un’intera classe dirigente (e chi la esprime), per valutare se in certe dinamiche insistano responsabilità diffuse, che non possono essere ascritte solo a chi riveste, in un certo momento storico, le più alte posizioni politiche e istituzionali.
FONTI
presidenti.quirinale.it/page/11/nap-biografia.html
web.archive.org/web/20160128193553/http://it.ibtimes.com/dal-berlusconismo-al-renzismo-la-storia-di-re-giorgio-napolitano-9-passaggi-chiave-1381143
books.google.it/books?hl=it&lr=&id=TKGyfScpvwYC&oi=fnd&pg=PT6&dq=%22giorgio+napolitano%22+gruppi+universitari+fascisti&ots=nQrUFzhG_n&sig=a6R29rArMrjTGg1-ZX2iVCkEFAM#v=onepage&q=%22giorgio%20napolitano%22%20gruppi%20universitari%20fascisti&f=false
web.archive.org/web/20070927014228/http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=10473
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web.archive.org/web/20220130150623/https://www.repubblica.it/2006/05/sezioni/politica/nuovo-presidente-4/eletto-presidente/eletto-presidente.html
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www.repubblica.it/politica/2011/11/14/news/editoriale_mauro-24969049/
ilmanifesto.it/le-forzature-pericolose-di-napolitano
video.repubblica.it/dossier/repubblica-delle-idee-2013/napolitano-si-racconta-a-scalfari-la-mia-vita-da-comunista-a-presidente/131005/129510
ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/07/24/napolitano-firma-il-lodo-alfano-di-pietro.html
www.repubblica.it/politica/2012/08/19/news/perch_attaccano_il_capo_dello_stato-41159408/
ilmanifesto.it/si-napolitano-ha-regnato-ma-glielo-hanno-lasciato-fare
[1] web.archive.org/web/20220130150623/https://www.repubblica.it/2006/05/sezioni/politica/nuovo-presidente-4/eletto-presidente/eletto-presidente.html
[2] it.wikipedia.org/wiki/Gruppi_Universitari_Fascisti
[3] www.ilgiornale.it/news/interni/napolitano-disse-che-i-carri-sovietici-ungheria-avevano-2212978.html
[4] web.archive.org/web/20070927014228/http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=10473
[5] st.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-11-10/monti-senatore-vita-pole-063708.shtml?uuid=AajRsHKE
[6] www.corriere.it/esteri/11_dicembre_03/napolitano-omaggio-new-york-times_98d14d84-1d8c-11e1-806b-ab0ba8b41272.shtml
[7] www.open.online/2023/09/22/napolitano-re-giorgio-berlusconi-monti/
[8] www.lafionda.org/2020/11/16/nove-anni-fa-il-golpe-delleuropa-contro-berlusconi/
[9] www.open.online/2023/08/22/sarkozy-autobiografia-2011-merkel-dimissioni-berlusconi/
[10] www.lindipendente.online/2023/08/23/sarkozy-ammette-il-golpe-morbido-contro-berlusconi-nel-2011-fu-crudele-ma-necessario/
[11] www.liberoquotidiano.it/news/liberoquotidiano.it/870671/lega-monti-macelleria-sociale-ma-mario-apre-al-federalismo.html
[12] www.repubblica.it/politica/2011/11/14/news/editoriale_mauro-24969049/
[13] www.agoravox.it/Monti-sui-suicidi-In-Grecia-ce-ne.html
[14] www.corriere.it/politica/speciali/2013/elezioni-presidente-repubblica/notizie/20aprile-elezione-presidente_5c4ab4e0-a98b-11e2-8070-0e94b2f2d724.shtml
[15] www.huffingtonpost.it/politica/2023/09/22/news/napolitano_il_testo_integrale_del_discorso_di_insediamento_per_il_secondo_mandato_da_presidente-13379166/
[16] www.rainews.it/archivio-rainews/articoli/referendum-costituzionali-napolitano-campagna-si-scuola-formazione-pd-commessi-molti-errori-6dec5ac0-596f-493b-a16f-2abf49f45d1c.html
[17] www.ilfattoquotidiano.it/2016/12/22/napolitano-la-sconfitta-al-referendum-e-anche-mia-ma-renzi-ha-fatto-errori-come-cercare-voti-con-lantipolitica/3276441/
[18] www.corriere.it/politica/12_luglio_16/napolitano-contro-procura-palermo_711a7906-cf1a-11e1-8c66-2d335d06386b.shtml
[19] www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/22/trattativa-distrutte-intercettazioni-napolitano-mancino/571587/
[20] www.repubblica.it/politica/2012/08/19/news/perch_attaccano_il_capo_dello_stato-41159408/
[21] www.youtube.com/watch?v=AokQPe35ajo
[22] web.archive.org/web/20111206201353/http://archiviostorico.corriere.it/2001/settembre/09/Kissinger_incontra_suo_comunista_preferito_co_0_01090910113.shtml
[23] www.lastampa.it/esteri/2015/04/03/news/kissinger-premia-napolitano-il-suo-comunista-preferito-1.35268412/
[24] www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/36986899/marco-travaglio-giorgio-napolitano-70-anni-politica-sbagliare-tutto.html
[25] web.archive.org/web/20140101044237/http://www.camera.it/parlam/leggi/08124l.htm
[26] ilmanifesto.it/le-forzature-pericolose-di-napolitano
[27] www.youtube.com/watch?v=RcPxDlyeJbk
[28] ilmanifesto.it/si-napolitano-ha-regnato-ma-glielo-hanno-lasciato-fare
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