di Paolo Arigotti
Chi ha non mai sentito pronunciare la frase “Essere mandato in Siberia?”.
Tanto in epoca zarista, che sovietica era la punizione che attendeva dissidenti politici e criminali, destinati a trascorrere lunghi periodi (ovviamente quando si faceva ritorno) in questa vastissima regione asiatica, che si estende per circa 12 milioni e mezzo di chilometri quadrati, due milioni in più dell’intero continente europeo. La Siberia si estende a ovest dai monti Urali, mentre all’estremo oriente è bagnata dall’oceano Pacifico, dove lo stretto di Bering la divide dall’Alaska; sul versante settentrionale si affaccia sul mar Glaciale artico e a sud lambisce i territori di Kazakistan, Mongolia, Cina e, per un piccolo tratto, della Corea del Nord. L’ambiente naturale, a seconda delle aree, è caratterizzato dalla tundra, che sul versante meridionale lascia spazio alle estese foreste (la taiga), che forniscono legname pregiato. Tra la fauna, spiccano lupi e la mitica (e quasi estinta) tigre siberiana, anche se negli ultimi anni nuovi avvistamenti nel distretto di Yakutia hanno fatto ben sperare circa un ripopolamento dei grandi felini, la cui sopravvivenza era stata messa a rischio da caccia e urbanizzazione.
Parte dell’impero zarista dopo la conquista realizzata nei decenni a cavallo tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600, la Siberia rimase sotto la sovranità dell’Unione Sovietica – salvo la Dichiarazione di indipendenza del 4 luglio 1918, rimasta solo sulla carta – e fa oggi parte della Federazione russa. Se prima della conquista zarista, gli abitanti della Siberia erano per lo più nomadi, dediti alla caccia, all’allevamento e alla raccolta dei frutti, sino alla fine del 1800 il popolamento fu garantito dai militari di stanza nella regione, utilizzati per il presidio del territorio e per la sorveglianza dei prigionieri.
Gli indigeni, suddivisi in più di trenta etnie (e diverse confessioni religiose), sono ancora oggi legati a tradizioni e culture secolari, sempre rispettate dai russi. Viste le condizioni non propriamente accoglienti, il numero degli abitanti è piuttosto contenuto: parliamo di circa 36 milioni di residenti, all’incirca un quarto di tutta la popolazione della Russia, che si dividono tra i vari centri urbani. In Siberia si contano una ventina di centri minori e solo tre grandi città, tra le quali Novosibirsk, oltre 3.300 chilometri a est di Mosca, capoluogo del Distretto Federale Siberiano, suddiviso a sua volta in tre parti (il distretto degli Urali, quello orientale, e quello del sud).
La prima cosa che viene in mente pensando alla Siberia è probabilmente il rigidissimo inverno. Se nei mesi più “caldi” si possono raggiungere “punte” di dieci gradi a qualche centinaio di chilometri dal mare Artico, in quelli invernali le temperature possono scendere fino ai 50 sottozero, con punte di meno 70, rendendo per lunghi periodi dell’anno il suolo gelato (permafrost). Giusto per rendere l’idea, nella cittadina di Verchojansk, cinquecento chilometri dal Mar Glaciale Artico e circa mille e quattrocento anime, luogo di esilio per i dissidenti politici in epoca zarista e poi stalinista, i pensionati spendono circa un terzo del loro assegno in legna da ardere e non si può restare all’aperto non adeguatamente coperti per più di un quarto d’ora. senza rischiare la morte per assideramento.
Altro luogo ameno è Ojmjakon, 800 anime che vivono a mille e duecento chilometri a nord di Jakutsk, capitale della più estesa repubblica del mondo, quella di Jacuzia-Sacha, dove si narra che nel 1924 si toccarono i 71 gradi, e dove le scuole restano aperte se le temperature non scendono sotto i meno cinquanta. E poi abbiamo Mirnyj, la “città dei diamanti”[1] situata nella Jacuzia, famosa per le miniere del prezioso minerale presenti nei “dintorni”, tra le quali quella di Udachnyj, meno di venti chilometri dal Circolo Polare Artico.
Abbiamo parlato degli autoctoni, che diedero un contributo molto importante per la realizzazione della più importante infrastruttura della regione, la famosa linea ferroviaria transiberiana, lungo circa diecimila chilometri, che collega Mosca con Vladivostok, città portuale che affaccia sul Pacifico, nella baia di Zolotoj Rog, in prossimità del confine con la Cina e la Corea del Nord. Inaugurata nel 1903, dopo più di dieci anni di lavori (e circa 90mila addetti impiegati nei vari cantieri), è ancora oggi la linea ferroviaria più lunga del mondo; il tragitto si svolge per poco meno di un quinto in territorio europeo, e per la restante parte in quello asiatico, attraversando numerose località (Nizni Novgorod, Perm, Ekaterinburg, Tjumen, Omsk, Novosibirsk, Krasnojarsk, Irkutsk, Ulan Ude, Cita, Khabarovsk).
Nel suo ultimo libro, “Pravda”, il giornalista Franco Fracassi, che ha vissuto e viaggiato in lungo e in largo nel territorio russo ed ex sovietico, la definisce come “una sorta di filo da cucire che univa centinaia di diverse etnie tra loro e con il centro, rappresentato da Mosca”.
In oltre un secolo di operatività, la Transiberiana ha contribuito a favorire le migrazioni verso oriente, funzionali allo sfruttamento delle risorse minerarie della regione, già implementata in epoca sovietica e rinvigorita a partire dagli anni Novanta, dopo un periodo di crisi legata alla dissoluzione dell’URSS e alcuni rigurgiti indipendentisti (presto messi da parte). Per incentivare i trasferimenti, ai lavoratori vengono garantiti alloggi e trattamenti economici particolarmente favorevoli. Inoltre, risorse naturali a parte (gas, petrolio, carbone, diamanti, legname, etc.), in Siberia, specie lungo la linea ferroviaria, si trovano alcuni tra i maggiori complessi industriali della Russia, che conobbero una notevole espansione già a partire dagli anni Quaranta, per effetto della guerra.
Nonostante le condizioni inospitali e la sinistra fama legata alle colonie penali - tra i famigerati Gulag, ricordiamo lo Slon, in russo elefante, acronimo di Campo per scopi speciali delle Solovkij, 160 chilometri a sud del circolo polare artico, il primo e forse più tristemente famoso dei campi di prigionia (creato nel 1923) - la Siberia si avvia a conquistare una rilevanza strategica e geopolitica sempre più importante, e non solo per le ricchezze naturali. E in gioco, come vedremo, non ci sono solo gli interessi della Russia, ma anche quelli del potente vicino (e partner) cinese, che condivide con la Federazione una linea di confine lunga oltre quattromila chilometri, che corre proprio a sud della regione siberiana.
Non è un mistero che ancor prima dello scoppio del conflitto ucraino i rapporti tra Russia e Occidente si fossero fatti sempre più tesi, specie dopo i fatti di Euromaidan e l’annessione della Crimea. Mosca ha guardato con sempre maggior interesse a Pechino, anche come mercato di sbocco per le forniture energetiche. A fine del 2019[2] i due presidenti, Vladimir Putin e Xi Jinping, avevano inaugurato il gasdotto Power of Siberia, sulla scorta del progetto approvato circa cinque anni prima, dopo lunga trattativa tra le parti, con la Russia che aveva premuto fortemente per l’intesa[3]; la struttura è lunga circa tremila chilometri, e serve per trasportare l’oro blu dai centri di produzione siberiani di Irkutsk e Yakutia verso la Repubblica popolare. Per realizzarla sono stati spesi circa 400 miliardi di dollari, ed è stato stimato che a pieno regime potrà trasportare verso la Cina fino a 38 miliardi di metri cubi di gas.
Si tratta di numeri imponenti, che però richiedono alcune precisazioni. In primis, per raggiungere certi volumi di produzione non sarebbero sufficienti gli attuali giacimenti russi, ma sarebbe indispensabile svilupparne di nuovi – come quello di Kovykta, nella regione di Irkutsk, circa 800 km a sud di quello di Chayanda – operazioni che richiederebbero tempi lunghi, fino a dieci anni, per essere portate a termine, senza contare i rilevanti costi per la realizzazione delle infrastrutture, oneri che Mosca finora ha dovuto sopportare praticamente da sola[4], con pesanti ipoteche sulla convenienza economica dell’operazione[5].
Come accennavamo, in Siberia non c’è solo gas naturale. L’Artico, in base ad alcune stime effettuate da istituti di ricerca americani, potrebbe contenere un quinto delle risorse mondiali di gas e petrolio, in gran parte ancora da scoprire per via della morfologia del territorio, senza contare ulteriori e importanti giacimenti di nichel, cobalto, rame, oro, platino, diamanti, alcuni dei quali vitali per lo sviluppo industriale; naturalmente anche queste risorse potrebbero essere utilizzate da Mosca come moneta di scambio coi paesi del sud globale – Cina e India in testa – per ricevere tecnologie e prodotti colpiti dalle sanzioni occidentali.
Se non è certo un caso che a Pechino sia stato recentemente avviato un nuovo team di lavoro che fa capo a Novatek, il più grande produttore di GNL della Russia, per rafforzare la cooperazione nel settore energetico, che vede nel progetto Arctic LNG-2 il suo fulcro, una serie di dati dimostrano la crescente importanza dell’interscambio tra le due nazioni. Il commercio tra Cina e Russia ha raggiunto nel 2023 i 218 miliardi di dollari, in aumento di oltre un quarto[6], mentre le esportazioni di gas russo verso la Cina nel 2023 sono cresciute nel solo 2023 di oltre il 60 per cento su base annua, facendo di Pechino il secondo importatore in assoluto dopo il Turkmenistan[7].
E come noto, pure alla luce degli ultimi viaggi in Cina di Janet Yellen[8] e Antony Blinken[9], rispettivamente segretari al Tesoro e di Stato degli Stati Uniti, Pechino non ha la benché minima intenzione di arretrare dalla cooperazione con la Russia; tralasceremo, per carità di patria, le esortazioni provenienti da Bruxelles[10] e/o la minaccia di eventuali sanzioni[11] [12], che a parte danneggiare ulteriormente l’economia del vecchio continente, non si comprende a cos’altro potrebbero servire[13].
Il fatto, però, è che tra cinesi e russi, specie quando si parla di Siberia, non tutto è “rose e fiori”. A Pechino e dintorni, come noto, si è abilissimi a tutelare i propri interessi economici – e magari imparassimo qualcosa al riguardo… - e si punta chiaramente a espandere la propria sfera d’influenza in una regione, quella artico siberiana per l’appunto, sempre più strategica. Pur non avendo alcun aggancio territoriale diretto coi punti più strategici – la parte più settentrionale della Repubblica popolare dista oltre 1.400 chilometri dal Circolo Polare Artico – lo strumento migliore sembra quello di fare leva sul partner russo.
Come abbiamo visto, la Siberia (come la Russia in generale), pur essendo molto estesa è scarsamente popolata, ragion per cui la Cina potrebbe avanzare, per il tramite di una sorta di “colonizzazione”, in diversi territori caratterizzati da una scarsissima densità abitativa. Naturalmente non si tratterebbe di un’operazione repentina, che richiederebbe del tempo, forse decenni, ma che potrebbe alla lunga condurre verso una sorta di conquista de facto, per lo meno sotto il profilo economico, di vasti spazi geografici, impiantandovi di cittadini e imprese del Dragone che, per il tramite di licenze, contratti di acquisto e permessi di estrazione delle risorse, garantirebbero un’efficace penetrazione. Del resto, già oggi la Cina utilizza le rotte artiche per i suoi traffici commerciali e le recenti aperture verso Pechino riguardo il porto di Vladivostok[14] potrebbero rappresentare un segnale in questa direzione, offrendo oltretutto al Dragone uno strategico affaccio sul mar del Giappone.
Se è vero che il colosso energetico statale russo Gazprom, nel solo 2023, ha fornito alla Cina, per il tramite del Power of Siberia (gestito da Gazprom) circa a 22,7 miliardi di metri cubi, pari a 1,5 volte del quantitativo del 2022, resta pur vero che tra le due parti i maggiori vantaggi, specie alla lunga, potrebbe essere appannaggio di Pechino. E non è che a Mosca non lo sappiano, ma visto il contesto geopolitico si rende indispensabile accettare qualche compromesso, come vendere a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati agli europei, tenuto conto che l’industria energivora di Pechino dispone di altri fornitori, tra i quali Kazakistan e Turkmenistan, che vendono il loro gas a costi inferiori rispetto ai russi[15], e che se non sono ovviamente in grado di compensare le forniture di Mosca, rappresentano pur sempre una carta da giocare per strappare condizioni più favorevoli. Non a caso, si parla di una joint venture russo cinese per la costruzione di un nuovo gasdotto, che partendo dalla penisola di Yamal, arrivi in Cina passando per la Mongolia, garantendo (e a prezzi contenuti) quelle risorse energetiche indispensabili per lo sviluppo industriale cinese.
Resta ancora un aspetto da attenzionare, per evidenziare l’importanza strategica della Siberia. Se finora la rigidità delle condizioni ha reso impraticabile per lunghi periodi dell’anno la navigazione nelle acque artiche, il cambiamento climatico, quali che ne siano le origini, sembra aprire nuove e interessanti prospettive, che potrebbe spalancare le porte a nuove e redditizie rotte commerciali, in grado di fare concorrenza al tradizionale predominio della talassocrazia a stelle e strisce. E non si parla solo dei traffici via mare: l’anno scorso l’ammiraglio Rob Bauer, che guida il comitato militare dell’Alleanza Atlantica, ammise che: “La Nato è sempre più preoccupata per l’utilizzo marittimo cinese della rotta russa del Mare del Nord e per la possibilità che i suoi interessi commerciali e scientifici possano essere un precursore di una presenza militare cinese nell’Artico”[16].
Pechino naturalmente è molto interessata alle rotte artiche – che si stima potrebbero consentire una potenziale riduzione dei tempi tra il 30 e il 50 per cento rispetto al canale di Panama o quello di Suez – come del resto la stessa Russia, che ha già avviato una serie di importanti lavori per implementare i terminal portuali e la flotta di rompighiaccio nucleari, dei quali la Russia è l’unica nazione a possedere una flotta [17]. Secondo alcune stime, se già oggi per la rotta artica, quella che passa per i due snodi fondamentali San Pietroburgo e Vladivostok, viaggiano circa 34 milioni di tonnellate di materiali, nel 2030 si potrebbe arrivare a 117 tonnellate annue, altri addirittura arrivano a ipotizzare 244, o più modestamente 150[18]. E non è cosa da poco, se consideriamo che circa il 90 per cento del commercio mondiale percorre la via marittima[19].
In tal senso, alla fine del 2022 il Parlamento russo aveva approvato una legge che limitava la libertà di navigazione lungo il passaggio a nord-est della rotta artica, una decisione che sarebbe in contrasto con la Convenzioni dell’ONU sul diritto del mare e che ha creato diverse frizioni in seno al Consiglio Artico, un organismo internazionale formatosi nel 1996 e che riunisce varie nazioni (compresi USA e Russia, con la Cina e l’Italia in veste di osservatori), chiamato a garantire lo sviluppo sostenibile della regione, pur essendo privo di poteri decisionali.
In ultima analisi, se “il concetto della libertà è sacro per i siberiani”[20], la Siberia è una regione del mondo che oggi più che mai fa gola a molte potenze e che è destinata ad acquisire sempre maggiore rilevanza per gli equilibri geopolitici ed economici. Resta solo da vedere se, come scriveva anni fa per Limes Aleksandr Malysev, visto che “l’interesse fondamentale della Siberia sta nel creare condizioni di vita accettabili per i suoi cittadini, per l’oggi come per il domani” se a prevalere sarà o meno ”… la necessità di assicurare uno sviluppo stabile del territorio, non solo in senso strettamente economico ma anche in senso sociopolitico, ecologico e perfino spirituale”.
Detto in altri termini, se lo sviluppo della regione andrà (anche) appannaggio dei siberiani, o solo di qualcun altro.
FONTI
www.treccani.it/enciclopedia/siberia/
www.limesonline.com/carte/carta-l-espansione-russa-1300-1945-14718372/
www.limesonline.com/rivista/di-chi-e-la-siberia-14611328/
www.focus.it/ambiente/natura/8-cose-che-forse-non-sai-sulla-siberia
Franco Fracassi, Pravda, 2024
www.notiziegeopolitiche.net/russia-putin-e-xi-inaugurano-il-gasdotto-power-of-siberia/
www.ispionline.it/en/publication/arctic-ambitions-the-role-of-russia-in-chinas-polar-strategy-135859
www.globaltimes.cn/page/202402/1306886.shtml
worldview.stratfor.com/article/modern-geopolitics-russia
www.geopolitica.info/power-of-siberia-2-pivot-to-asia-russo/
www.globaltimes.cn/page/202404/1309971.shtml
www.ft.com/content/d9a8b800-e09a-11e3-9534-00144feabdc0
www.lindipendente.online/2023/06/12/la-russia-paga-il-conto-alla-cina-dopo-163-anni-concesso-il-porto-di-vladivostok/
www.aljazeera.com/opinions/2019/12/19/power-of-siberia-or-power-of-china
[1] it.rbth.com/lifestyle/85117-come-si-vive-nella-citt%C3%A0
[2] www.notiziegeopolitiche.net/russia-putin-e-xi-inaugurano-il-gasdotto-power-of-siberia/
[3] www.ft.com/content/d9a8b800-e09a-11e3-9534-00144feabdc0
[4] www.rfa.org/english/commentaries/energy_watch/china-russia-tighten-ties-with-gas-pipeline-11252019105355.html
[5] www.aljazeera.com/opinions/2019/12/19/power-of-siberia-or-power-of-china
[6] www.globaltimes.cn/page/202312/1304329.shtml
[7] www.globaltimes.cn/page/202402/1306886.shtml
[8] www.ilsole24ore.com/art/yellen-dura-cina-proteggere-l-industria-americana-sovrapproduzione-pechino-AFf8u3JD
[9] it.euronews.com/2024/04/26/usa-cina-blinken-incontra-xi-jinping-a-pechino-gestiamo-responsabilmente-le-differenze
[10] www.globaltimes.cn/page/202404/1309971.shtml
[11] www.ansa.it/sito/notizie/mondo/nordamerica/2024/05/01/nuove-sanzioni-usa-ad-aziende-in-russia-e-cina-per-lucraina_4976785b-5846-40f4-bb6e-09fc4915e377.html
[12] www.ilfoglio.it/esteri/2024/02/14/news/sanzioni-e-pressioni-dell-ue-contro-putin-e-i-suoi-amici-6217488/
[13] europa.today.it/attualita/cina-deplora-guerra-sanzioni.html
[14] www.lindipendente.online/2023/06/12/la-russia-paga-il-conto-alla-cina-dopo-163-anni-concesso-il-porto-di-vladivostok/
[15] www.geopolitica.info/power-of-siberia-2-pivot-to-asia-russo/
[16] www.limesonline.com/limesplus/gli-obiettivi-artici-di-russia-e-cina-dovrebbero-preoccuparci-14718864/
[17] www.notiziegeopolitiche.net/lartico-russo-dagli-attriti-nel-consiglio-artico-allasse-mosca-pechino-per-le-materie-prime-siberiane/
[18] www.limesonline.com/limesplus/gli-obiettivi-artici-di-russia-e-cina-dovrebbero-preoccuparci-14718864/
[19] www.logisticanews.it/trasporto-marittimo-re-della-distribuzione-globale-il-90-dei-volumi-e-suo/
[20] Nicolai Lilin, Educazione siberiana, 2009.
di Alessandro Orsini* Risposta, molto rispettosa, a Liliana Segre. Il dibattito sul genocidio a Gaza, reale o presunto che sia, non può prescindere dalle scienze sociali. Nel suo...
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