Di Paolo Arigotti
Il Vietnam (letteralmente paese del sud) è conosciuto in Occidente soprattutto per la guerra combattuta tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, più che per le sue tante peculiarità e la storia recente.
Per esempio, pochi sanno che vanta una popolazione molto variegata, raggruppata in cinque grandi ceppi etnolinguistici (oltre a diverse minoranze), accomunata però dall’essere dedita all’attività economica da sempre prevalente: la coltivazione del riso, oltre a una serie di comuni tradizioni, che sopravvivono nonostante le molte differenze culturali.
Per circa mille anni sotto l’influenza cinese – il che spiega una certa diffidenza nei riguardi dell’ingombrante vicino – e poi sotto quella indiana, il territorio dell’attuale Vietnam fu coinvolto dall’intervento occidentale nel sud est asiatico tra il XVI e il XIX secolo, pur conservando l’indipendenza nazionale - conquistata intorno al X secolo - fino al 1880, quando divenne un dominio francese, articolato in protettorato e colonia vera e propria.
Non ripercorreremo la lunga storia dei conflitti susseguitisi, quasi senza soluzione di continuità, nel corso del secondo dopoguerra: chiusi quelli con la ex madrepatria, grazie ai negoziati di Ginevra (1954), che sancirono la divisione del paese tra Vietnam del Nord (Rdv), d’ispirazione socialista, e Vietnam del Sud, con un governo filoccidentale e dominato da regimi militari estremamente repressivi, il Vietnam fu trascinato in una guerra ultradecennale per effetto dell’intervento americano, terminato nel 1975 con il ritiro statunitense e la riunificazione del paese sotto il governo socialista di Hanoi.
Da sempre ponte ideale tra Oriente e Occidente grazie alla collocazione strategica lungo la penisola indocinese, parliamo di uno stato che in linea d’aria si estende da nord a sud per circa 1.600 chilometri; a detta del ricercatore Hoàng Xuân Hãn il Vietnam vanta una cultura che “non ha mai assorbito alcun elemento straniero (hindu, cinese od occidentale) senza provare a imprimere su di esso il suo marchio. Ciò le ha garantito una sufficiente compattezza per resistere alle pressioni esterne”.
La grave crisi economica e sociale che seguì alla conclusione della guerra venne funestata da conflittualità, dall’embargo statunitense (protratto fino al 1994) e da devastanti calamità naturali, che purtroppo ancora oggi sono molto impattanti nella regione.
A metà degli anni Ottanta il paese si aprì a una nuova fase politica ed economica (chiamata Ðôi mó’i, rinnovamento), che, sulla falsa riga della perestroika sovietica, aprì le porte agli investimenti stranieri e allo sviluppo del settore privato. Fu grazie a quelle riforme che il paese conobbe una nuova fase di sviluppo, divenendo tra i massimi esportatori mondiali di riso, caffè e pepe, oltre che di petrolio; allo stesso tempo, però, abbandonò molte delle tradizioni collettivistiche, in nome di un certo individualismo estraneo alle sue tradizioni.
Il Vietnam, venendo ai giorni nostri, ha intessuto importanti relazioni politiche ed economiche con diversi paesi dell’Occidente, a cominciare da alcuni dei suoi “nemici storici”, ma non solo.
È notizia dei giorni scorsi l’incontro, tenutosi a Parigi, tra il presidente vietnamita To Lam e il suo omologo francese Emanuel Macron, in occasione del quale è stato siglato un accordo di partenariato strategico globale, che includerà anche i settori della sicurezza e della difesa, assieme a infrastrutture, intelligenza artificiale e industria aerospaziale, con un ulteriore volano per gli scambi commerciali, già oggi stimati in circa 3,4 miliardi di dollari. Tali intese si collegano con gli accordi di libero scambio siglati qualche anno fa con l’Unione Europea, mentre diversi studi indicano il paese come ideale per lo sviluppo dell’energia eolica offshore. Pure l’Italia ha fatto la sua parte, ad esempio con gli accordi siglati con la Locman.
E non mancano gli accordi con l’ex arcinemico per eccellenza, gli Stati Uniti, tra i quali annoveriamo quelli in materia di semiconduttori e minerali, culminati nella visita di stato di Joe Biden, avvenuta circa un anno fa. Come riconosce un report pubblicato a marzo del 2023, dopo una fase di tensione seguita alla conclusione del lungo conflitto: “Oggi, la relazione tra Stati Uniti e Vietnam è caratterizzata da un focus sulla cooperazione economica, in particolare nei settori del commercio e degli investimenti. Il Vietnam è diventato un importante partner commerciale per gli Stati Uniti, con scambi bilaterali che hanno raggiunto oltre 90 miliardi di USD nel 2021. Inoltre, i due paesi hanno anche collaborato su questioni di sicurezza regionale, in particolare nel contesto del raggruppamento Quad Plus.”
Come facilmente intuibile, questa linea politica non è stata salutata con particolare favore della Cina, che forse non a caso sembra intenzionata a rafforzare la cooperazione economica e militare col vicino Laos.
Il che non significa che manchino le intese con la Repubblica Popolare. A dimostrarlo ci sono i 36 accordi di cooperazione siglati in occasione del viaggio di Xi Jinping in Vietnam del febbraio 2024, che includono settori strategici come sicurezza e sviluppo ferroviario, ma anche pesca, politica estera, contrasto al crimine. I colloqui tra il leader cinese e il segretario generale del partito vietnamita Nguyen Phu Trong, il vero dominus degli assetti politici interni, sono stati estremamente cordiali. In quell’occasione, le parti si sono impegnate per garantire un futuro di stabilità e prosperità in Asia, nonostante diverse scaramucce territoriali e marittime che investono il Mar Cinese Meridionale. A parte gli ottimi rapporti personali, altri aspetti che accomunano i leader delle due nazioni sono la lunga permanenza al potere e la campagna anticorruzione promossa da entrambi, che nel caso vietnamita è funzionale soprattutto alla salvaguardia degli investimenti stranieri.
A dimostrazione che Hanoi, pur strizzando l’occhiolino all’Occidente, non trascura il cosiddetto sud globale, possiamo ricordare anche gli accordi sottoscritti col Venezuela di Nicolas Maduro, assieme al sostegno espresso in favore di Cuba, nazione per la quale il Vietnam ha più volte chiesto la fine delle sanzioni. Il tutto, senza mai dimenticare che il paese, pur avendo aperto all’economia privata e alle relazioni con l’Occidente, conserva ancora oggi un assetto politico interno ispirato al modello socialista e al partito unico.
Il Vietnam serba buoni rapporti con la Russia, e non solo decidendo di non prendere posizione sul conflitto in Ucraina. Vladimir Putin vi si è recato in visita di stato nel mese di giugno di quest’anno, firmando numerosi accordi. Per parte sua, il Vietnam si è più volte astenuto sulle risoluzioni adottate in sede ONU contro la Russia, votando contro la sospensione dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Inoltre, pur manifestando alcuni segnali in controtendenza, il Vietnam seguita a importare armamenti da Mosca, che rimane uno dei principali fornitori.
In ultima analisi, la cosiddetta “diplomazia del bambù”, fortemente voluta dall’attuale leader Trong, sembra aver dato i suoi frutti: pur non mancando i problemi interni, a cominciare dalla diffusa corruzione, il Vietnam ha al suo attivo importanti trattati con una trentina di nazioni, oltre a essere parte di più di 70 organizzazioni e forum internazionali e membro di 15 accordi di libero scambio. Come spiega efficacemente per ISPI Raimondo Neironi, tale dottrina “associa la diplomazia vietnamita alla pianta di bambù, caratterizzata da radici ben salde al terreno, tronco solido e rami flessibili. L’analogia veicola l’idea secondo cui, prima di prendere qualsiasi decisione, i leader vietnamiti devono capire i tempi e le contingenze del contesto internazionale, riconoscere le proprie vulnerabilità – nonché quelle dei propri partner e avversari – e sapere quando avanzare o quando ritirarsi”, concludendo come “adattarsi al nuovo contesto regionale e internazionale contraddistinto dalla rivalità sino-statunitense e dalla guerra in Ucraina. Il paese è riuscito a consolidare la relazione commerciale con la Cina, a fare notevoli passi in avanti nel dialogo con gli Usa per controbilanciare l’iperattivismo cinese nel mar Cinese Meridionale e, infine, a garantire alla Russia la propria vicinanza in uno dei momenti più delicati della sua storia recente.”
Una strategia che, in definitiva, si basa sulla diversificazione, sul perseguimento dell’interesse nazionale e sul non prendere posizione sulle principali questioni sul tappeto, e che appare per molti versi vincente.
Il che fa scattare l’ultimo dubbio: se una nazione come il Vietnam è riuscita in questo, per quale ragione non sarebbe possibile fare lo stesso per altre realtà? Ogni riferimento a fatti e circostanze a noi più vicine non può dirsi casuale.
FONTI
www.limesonline.com/rivista/storia-e-geopolitica-del-vietnam-14626241/
www.lindipendente.online/2024/10/08/vietnam-e-francia-annunciano-un-partenariato-strategico-globale/
www.agenzianova.com/a/6703fc44c93c27.72154996/5567804/2024-10-07/francia-vietnam-macron-seguiamo-la-stessa-bussola-che-e-quella-del-diritto-internazionale
www.lindipendente.online/2023/09/11/accordo-commerciale-tra-stati-uniti-e-vietnam-la-cina-osserva/
www.crisalidepress.it/locman-debutta-in-vietnam/
www.china-files.com/laltra-asia-i-danni-del-tifone-yagi-e-non-solo-nel-sud-est-asiatico/
www.lantidiplomatico.it/dettnews-venezuela_e_vietnam_riaffermano_i_legami_di_cooperazione/82_56509/
www.crisalidepress.it/locman-debutta-in-vietnam/
www.chinausfocus.com/foreign-policy/strategic-reset-new-golden-era-of-china-vietnam-relations
asiatimes.com/2023/09/biden-all-about-realpolitik-in-vietnam-and-india/
www.ispionline.it/it/pubblicazione/vietnam-scosse-economiche-per-sisma-politico-172743
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