di Michele Blanco
Il popolo francese e la sinistra hanno sorpreso l'intera classe politico-mediatica italiana, domenica scorsa, dando una inaspettata e bella vittoria al Fronte Popolare delle sinistre, che comprende l’unione de "La France Insoumise" di Mélenchon, Socialisti, Verdi, Comunisti, con una grande dimostrazione di unità e lealtà nella strategia delle desistenze[1] grazie a cui è stato possibile opporre un vasto "Fronte Repubblicano", con le desistenze concordate con i candidati centristi, di Macron e gollisti rimasti fedeli all’antifascismo, all'avanzata di Marie Le Pen e Jordan Bardella.
L'estrema destra viene addirittura confinata al terzo posto cosa non prevista da nessuno e da nessun sondaggio, dopo le sinistre vittoriose e la coalizione centrista di Macron, che perde più di 80 deputati ma non crolla grazie all’accordo di desistenza con il fronte popolare (questo accordo prevedeva che se al primo turno un qualsiasi candidato sia del fronte popolare o centrista prendeva più voti, al secondo turno si votava per questo candidato tutti per contrapporsi al candidato lepenista). Ovviamente anche Le Pen ha ottenuto un successo, infatti aveva 89 deputati ora 143; e che è pronta più che mai a dare battaglia in vista delle presidenziali del 2027. Grossi rischi ci saranno ancora se non si riuscirà a formare un nuovo governo che rispetti il voto popolare e la Camera diverrà ingovernabile come tanti commentatori italiani sperano e predicono.
Le desistenze del secondo turno hanno visto la serietà dei candidati che ha portato al ritiro sistematico dei candidati di sinistra a favore di quelli di centro-destra democratico in grado di battere i candidati del lepennista Bardella, lì dove restavano in lizza tre candidati. In buona parte si sono ritirati anche i centristi neoliberisti di Macron, malgrado l’odio politico che provano per Mélenchon.
Quindi nonostante le profezie del centrismo italiano e macroniano sulla fine della dialettica destra-sinistra, la contrapposizione finalmente è tornata e la sinistra vera è stata premiata dagli elettori che sono tornati in massa a votare come non accadeva da venti anni. Il problema sorge ora visto che il Nuovo Fronte Popolare è molto lontano dalla maggioranza assoluta, ha attualmente182 parlamentari invece di 289 necessari per formare un governo tutto di sinistra. Infatti Macroniani e Repubblicani sono molto forti, certamente più uniti e compatti delle sinistre.
Macron che con lo scioglimento anticipato dell’Assemblea nazionale e l’indizione delle elezioni riteneva di restare il punto di riferimento del sistema politico francese e invece proprio i dirigenti del suo raggruppamento hanno preso le distanze da lui, nella campagna elettorale e ancor di più domenica sera dopo aver conosciuto il risultato delle elezioni. Il Premier Gabriel Attal e l'ex Premier Édouard Philippe hanno annunciato una "nuova era" più democratica, e si sono presentati come leader di un radicale cambiamento della Quinta Repubblica, destinato a spostare il baricentro della vita politica dall'Eliseo al Parlamento. È la stessa battaglia condotta ormai da anni da Mélenchon.
È nell'Assemblea che tocca ora cercare maggioranze più o meno fluttuanti, restituendo ai parlamentari un potere che De Gaulle aveva drasticamente ridotto con la riforma Costituzionale del 1958. Da rilevare che oggi si parla di maggioranza presidenziale perduta ma è dalle legislative del 2022 che Macron ha una maggioranza relativa, e che ha abituato tutti ai suoi ripetuti patti con le destre, specie sulle questioni legate alle migrazioni. Mettiamo in evidenza che per la quarta volta, negli ultimi ventidue anni, l'estrema destra è bloccata, dagli “accordi repubblicani” proprio quando è sul punto di vincere le elezioni e prendere il potere. È accaduto nel 2002, quando Jean-Marie Le Pen sorpassò al primo turno i socialisti e fu battuto al secondo da Jacques Chirac, che nel duello finale raccolse l'82,2% dei voti pur avendo ottenuto il 19,8% al primo turno. Seguirono altri due sorpassi, quando Macron fu eletto Presidente nel 2017 e 2022, grazie alle desistenze delle sinistre. Nel 2022 i francesi lo detestavano più che mai, e infatti gli diedero alle legislative una maggioranza relativa.
Nonostante questo respinsero ancora Le Pen figlia. La logica repubblicana resistenza nei confronti della destra lepennista continua ed è questa la particolarità della politica in Francia. A questo punto la logica e prassi parlamentare vorrebbe che sia il Fronte Popolare, primo gruppo vincitore delle elezioni, a proporre il prossimo Primo ministro. Che governi con il suo programma e magari con una provvisoria maggioranza relativa, come è capitato al primo ministro del partito di Macron dopo il 2022. E logica vorrebbe che il candidato a Primo Ministro provenga dalla Francia Indomita, il partito di Mélenchon che a sinistra risulta il primo partito con il contemporaneo rafforzamento di Socialisti e Verdi. Ma il furbo e impopolare Macron prende tempo, ha respinto le dimissioni del Premier Attal. In parte con la scusa delle Olimpiadi, in parte perché vuol osservare quel che accade nei vari partiti di sinistra e ovviamente punta allo sfaldamento dell’alleanza del nuovo Fronte Popolare, nella sua speranza di potere evitare il governo con il partito di Mélenchon.
Macron spera che Socialisti e Verdi da lui corteggiati prenderanno le distanze dal Fronte e da un programma politico di sinistra imperniato fondamentalmente sulla giustizia sociale, l'economia keynesiana espansiva, la tassazione finalmente molto progressiva, le imposte sui redditi alti, alle corporazioni che più hanno profittato del Covid e della crisi inflazionista e alle multinazionali. Finora l'unità delle sinistre regge, ma si vedono e intuiscono i primi tentennamenti.
Ora la speranza è che dopo una grande vittoria su un programma progressista e popolare, nessuno si sogni di dire ai francesi che è stato tutto un bluff, che il programma di giustizia sociale e di non discriminazioni per cui hanno votato, ottenendo la maggioranza relativa, non è ora più valido. Ma nell'area dei moderati Socialisti e Verdi qualcuno pensa di rompere con la sinistra radicale vincitrice e di adottare di nuovo un punto di vista neoliberista che domina con Macron da sempre e da parte degli opinionisti in tutte le reti Tv, sia francesi che italiane, secondo cui Mélenchon e i suoi parlamentari rappresentano una presunta "estrema sinistra".
Così si vuole definire al giorno d’oggi la vera sinistra, che ha governato in molti paesi dell’Europa occidentale, dopo la seconda guerra mondiale, per decenni facendola diventare il posto dove la qualità della vita di tutti era la migliore al mondo. Inoltre questi “commentatori” pagati dai possessori dei mass media per infangare con il marchio dell'antisemitismo Mélenchon, cosa già fatta per emarginare Jeremy Corbyn in Gran Bretagna.
Ora fare una coalizione di governo senza la "France Insoumise", con Macronisti e destra dei Repubblicani, è rinnegare il voto popolare. Gli elettori non si sono limitati a sorprendere tutti e il mondo dei mass media in particolare, affluendo massicciamente alle urbe e salutando la sinistra vittoriosa con imponenti manifestazioni di sollievo e gioia, in tutta la Francia. Hanno sconfitto l'estrema destra, ridimensionato il potere di Macron, e screditato moltissimo gli istituti di sondaggio e soprattutto la stampa scritta e audiovisiva, che da molto tempo fanno disinformazione attaccando Mélenchon e il suo partito accusandolo di antisemitismo, estremismo e anti-repubblicanesimo.
Uno schieramento assolutamente simile disinforma da decenni anche in Italia. Un chiaro esempio va cercato nel Tg della Sette che diceva il sabato prima delle elezioni, che le elezioni francesi sono "importanti anche per l'Europa, i mercati e gli imprenditori", ignorando vergognosamente che in democrazia esiste un popolo di cittadini elettori che non coincide con il mercato e gli imprenditori.
L’insegnamento che dovremmo trarre dalle elezioni francesi, come anche in Italia: i cittadini non sono assolutamente rappresentati dalla maggioranza assoluta della classe politica e certamente non lo sono per nulla dal potere mediatico/industriale, che tranne qualche rarissima eccezione sembra occuparsi solo di mercati, degli imprenditori e padroni della stampa. La differenza fondamentale oggi tra Francia e Italia è che nella prima va a votare in massa, gli elettori di tutti gli schieramenti hanno trovato chi li rappresenta in tutti gli schieramenti compresa la sinistra politica, mentre nella nostra italia ancora si fugge nell' astensione, probabilmente perché molti cittadine e cittadini elettori non intravedono ancora chi i possa realmente rappresentare.
[1] Il sistema elettorale francese è uninominale maggioritario a doppio turno. La popolazione francese viene divisa in 577 collegi uninominali, su base territoriale. Il candidato che vince il primo turno viene eletto deputato se ottiene la maggioranza assoluta dei voti, purché sia pari ad almeno il 25% degli elettori iscritti alle liste del collegio. Altrimenti, accedono al secondo turno i primi due classificati e comunque tutti quelli che hanno ottenuto il 12,5% degli elettori iscritti alle liste del collegio. Quindi è possibile un ballottaggio a tre o a quattro candidati, chiamati rispettivamente “triangolari” e “quadrangolari” in gergo mediatico e politico francese. L'affluenza è, dunque, importante: Quando è alta, c'è maggiore probabilità di ballottaggi a tre o a quattro. Se invece è bassa, la soglia del 12,5% si alza sempre più e i triangolari sono più difficili.Chi vince il secondo turno viene eletto deputato. In caso di parità, vince il candidato più anziano.
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