di Clara Statello per l'AntiDiplomatico
Gli Stati Uniti pongono ancora una volta il veto sull’esistenza della Palestina come Stato indipendente che ha diritto alla stabilità, all’autodeterminazione e alla pace. In sede di Consiglio di Sicurezza, giovedì sera, Washington ha esercitato il suo potere per fermare una bozza di risoluzione che avrebbe consentito all’Assemblea generale di accettare lo Stato palestinese come membro dell’ONU.
Il documento, presentato dall’Algeria, ha ricevuto i voti favorevoli di 12 membri del Consiglio di Sicurezza, tra cui Russia e Cina. Gran Bretagna e Svizzera si sono astenute.
Mentre la principale potenza al mondo imponeva per l’ennesima volta la propria volontà alla comunità internazionale, a Gaza veniva scoperta una nuova fossa comune con 30 corpi dentro l’ospedale Al Shifa, la polizia statunitense arrestava in massa attivisti filo-palestinesi e studenti della Columbia University a New York e in Israele manifestanti e familiari protestavano a Tel Aviv per il rilascio degli ostaggi.
Mentre sull’intera regione dell’Asia Minore pende la spada di Damocle dello scontro diretto tra Iran e Israele, gli Stati Uniti compiono un altro passo avanti verso la destabilizzazione, per garantire il cosiddetto “ordine internazionale basato sulle regole”, che diverge sempre più dall’ordine mondiale basato sul diritto internazionale e – soprattutto – non è neanche più garante della Pax Americana.
Basta uno sguardo più profondo, tuttavia, per comprendere che dietro i doppi standard e il continuo spregio per le istituzione internazionali, si nasconde una grande difficoltà di Washington nella gestione di quello che considera il suo impero, ovvero lo scacchiare globale. La tigre è di carta, per parafrasare Mao.
Gli Stati Uniti legittimano il proprio eccezionalismo ergendosi a Paese guida del “Mondo Libero”, impugnando la bandiera dei diritti umani, civili e della democrazia. Questo ruolo è incompatibile con la difesa ad oltranza ed il sostegno illimitato ad Israele, uno Stato occupante, che infrange tutte le leggi di guerra e siede davanti alla Corte internazionale di Giustizia come imputato, per il peggiore dei crimini: genocidio.
In questi lunghi mesi di distruzione e orrore a Gaza, gli Stati Uniti hanno mostrato una cinica ambiguità: da un lato appoggiano il “diritto alla difesa” di Israele con il sostegno militare, politico, finanziario e diplomatico in sede ONU, per scongiurare il suo isolamento dalla comunità internazionale. Dall’altro chiedono di rispettare almeno un po’ del diritto internazionale, di “limitare” le morti dei civili palestinesi e dichiarano di volere per il post- guerra una soluzione a due Stati, invisa a Netanyahu e all’estrema destra al governo.
Tale approccio duale e ipocrita ha almeno due conseguenze grottesche:
1. Il paradosso di mandare aiuti umanitari per i palestinesi a Gaza e - allo stesso tempo -bombe per ucciderli a Israele;
2. La crescente difficoltà a giustificare davanti al mondo una condotta anti-palestinese e a coprire le violazioni del diritto internazionale dell’esercito israeliano.
Tralasciando il primo punto, viene da chiedersi: se davvero gli Stati Uniti intendono trovare una soluzione diplomatica del conflitto, che contempli il riconoscimento dello Stato palestinese, perché hanno bloccato una risoluzione per l’ingresso della Palestina all’ONU?
"Chiediamo da tempo all'Autorità Palestinese di intraprendere le riforme necessarie per contribuire a creare gli attributi necessari per essere uno Stato pronto. Notiamo inoltre che l'organizzazione terroristica Hamas attualmente ha potere e influenza a Gaza, che è parte integrante dello Stato previsto in questa risoluzione . Per questi motivi gli Stati Uniti hanno votato contro la risoluzione del Consiglio di Sicurezza", ha detto il vice ambasciatore statunitense all’ONU, Robert Wood, dopo aver alzato la mano per bloccare la risoluzione approvata dalla stragrande maggioranza dei restanti Paesi.
La posizione statunitense è sempre più isolata. Il capo dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, ha risposto accusando gli Stati Uniti di sostenere il “genocidio” compiuto da Israele.
"La politica americana incoraggia la continuazione della guerra di genocidio di Israele contro il popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania", ha detto Abbas.
L’inviato della Federazione Russa all’ONU, Vassily Nebenzia, ha messo in evidenza come “la maggioranza assoluta della comunità globale” sia favorevole ad accogliere la Palestina nella comunità internazione. Esercitando il loro veto, gli Stati Uniti hanno dimostrato “quello che pensano veramente dei palestinesi”, ha aggiunto Nebenzia al Consiglio di sicurezza, e cioè che i palestinesi “non meritano un proprio Stato”. Washington, prosegue, tiene in considerazione soltanto gli interessi di Israele e chiude un occhio sui suoi crimini.
“L’obiettivo è spezzare la volontà dei palestinesi, costringerli una volta per tutte a sottomettersi al potere occupante, trasformarli in servi e persone di seconda classe e, forse, costringerli una volta per tutte a lasciare il loro territorio natale”, ha detto. Tuttavia “questa politica sta avendo solo l’effetto opposto”.
Gli altri tre Paesi dei BRICS membri del CdS, Egitto, Arabia Saudita, Cina hanno espresso il loro rammarico per il veto statunitense.
La risoluzione aveva bisogno di nove voti e nessun veto per essere approvata dal Consiglio di Sicurezza. Ciò avrebbe permesso il passaggio in Assemblea generale, dove avrebbe necessitato dei due terzi per essere approvata. Secondo Al Jazeera, su 193 stati membri delle Nazioni Unite, 139 hanno riconosciuto lo stato della Palestina, inclusi Paesi europei come Svezia, Ungheria, Islanda, Serbia, Bulgaria, Slovacchia, Ucraina, Polonia e Romania. Pertanto si vede come il voto di un solo Stato abbia impedito alla comunità internazionale di prendere una decisione.
L’Onu ed i suoi meccanismi di funzionamento risultano obsoleti, meri strumenti del vecchio mondo scaturito da Bretton Woods, pertanto incapaci di riflettere il nuovo ordine internazionale, di assegnare protagonismo a nuovi attori sempre più determinanti a livello planetario.
Presumibilmente, davanti a questi continui fallimenti, o l’ONU si riformerà o verrà superato da nuove organizzazioni più aderenti alla realtà. Gli Stati Uniti non sono più capaci di gestire l’ordinamento internazione e nuovi blocchi emergono sempre più preponderantemente nel viale della Storia dell’umanità.
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