Dopo la cacciata degli statunitensi e del governo fantoccio da loro installato a Kabul non era affatto scontato riuscire a creare un potere statale stabile e in grado di pacificare il paese e di porre all’ordine del giorno la questione dello sviluppo. Nonostante le numerose forze centrifughe, il furto delle riserve auree e la difficile situazione umanitaria e alimentare, la nuova dirigenza dell’Emirato ha da subito mostrato grande maturità politica, comprendendo pienamente come la futura prosperità e la sopravvivenza stessa dell’Afghanistan siano necessariamente connesse a quei processi che attraversano l’Eurasia e l’intero mondo e che vedono imporsi di nuovi paradigmi nelle relazioni internazionali e nei modelli economici. La scelta di campo “multipolare” dell'Afghanistan è stata dettata, prima ancora che da considerazioni ideologiche, dalla concreta necessità materiale di un paese che, ora strappato dal cappio di Washington e dei vari signori della guerra dediti alla prostituzione minorile e al traffico di oppio, può liberamente impegnarsi per sfruttare al massimo il vantaggio dato dalla sua posizione geografica, potenzialmente di grande importanza nei pocessi d’integrazione eurasiatica sia per quanto riguarda la direttrice Nord-Sud che per quella Est-Ovest, posizione che promette di attirare partenariati economici atti a costruire una rete infrastrutturale moderna, oltre che investimenti internazionali.
Negli utili mesi tutto ciò è diventato sempre più chiaro, sia per l’interesse manifestato dal governo afghano per la Via della Seta cinese, sia per la partecipazione di una delegazione al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo. Proprio a ridosso di questo, lo stesso presidente Putin ha riconosciuto come non esistano motivi per continuare a ritenere i Talebani un’organizzazione terroristica, aggiungendo che, materialmente, l’Emirato è alleato della Russia nella lotta contro il terrorismo. Pensando ai recenti e sanguinosi attacchi subiti da Mosca per mano di estremisti legati al ramo di Daesh operante in Afghanistan, l’ISIS-Khorasan, non si può che ricordare come in prima linea nella lotta contro questa organizzazione vi sia proprio l’Emirato di Kabul, che ha visto centinaia dei propri cittadini venire assassinati dalle stesse mani responsabili dell’attacco del Crocus di Mosca.
Il partenariato con la Federazione Russa sta crescendo anche oltre l’ambito strettamente economico, sfociando in quello militare, con la partecipazione di una delegazione talebana alla decima edizione del forum tecnico-militare organizzato dall’esercito di Mosca. In un’esclusiva intervista rilasciata alla TASS, il generale Sayed Abdul Basir Saberi, capo del dipartimento per la logistica del Ministero della Difesa afgano, ha espresso la volontà del suo governo di acquistare quanto prima sistemi di difesa antiaerea di fabbricazione russa1.
Dopo la terribile guerra che vide l’Unione Sovietica intervenire in Afghanistan durante gli Anni ‘80, l’avvicinamento tra Mosca e Kabul non era affatto scontato, ma l’aver fatto esperienza dell’invasione statunitense e di un intero ventennio di occupazione militare ha permesso alla dirigenza talebana di capire quali siano gli interlocutori più affidabili e interessati ad avere relazioni pacifiche e basate sul mutuo vantaggio. Se i rapporti verso Nord, oltre le repubbliche centroasiatiche, e con la Cina sono stati fin dal 2021 più chiari nella loro evoluzione, quelli con l’Iran, vicino orientale dell'Afghanistan, sono stati assai più complessi.
La presenza di più di due milioni di rifugiati afgani in Iran e tensioni di confine per la gestione delle risorse idriche hanno causato nel 2023 tensioni non trascurabili, sfociate persino in un conflitto a fuoco in cui persero la vita alcuni soldati dei rispettivi corpi di frontiera. Tra le voci più ostili a Teheran vi fu quella del mullah Abdul Hameed Khorasani, che arrivò a chiamare apertamente alla guerra contro l’Iran, minacciando atti di forza da parte della sua unità d'elite, la Badri Karwan, oltre che invitare i rifugiati afgani ad aggredire gli iraniani, “infedeli e oppressori”. Khorasani negli ultimi mesi ha però iniziato a godere di una crescente impopolarità in Afghanistan, sia per le sue posizioni a dir poco “avventuriste”, sia per inquietanti legami che lo legherebbero all’ISIS-K. Nel maggio di quest’anno, Khorasani dichiarò in un'intervista che, a seguito di critiche espresse contro l’operato dell’Emirato, membri dell’organizzazione terroristica e di altri gruppi militari dissidenti lo avrebbero avvicinato proponendogli un’alleanza2. Nello stesso periodo alcuni membri della sua fazione hanno alzato i toni contro l’Iran e la popolazione sciita afgana,con un tale Abu Omar al-Ansari arrivato a sostenere che questi sarebbero “equiparabili agli schiavi” e utilizzabili “in qualsiasi maniera”3. Al-Ansari è stato identificato come membro di una cellula militante dell’ISIS-K grazie a video che sembrano essere stati filmati proprio presso strutture associate al gruppo di Khorasani.
Nella giornata del 29 agosto, Khorasani, convocato a Kabul dalla commissione militare talebana, è stato arrestato per “negligenza” e per avere fomentato caos e inimicizia con le sue parole per ordine del primo ministro Mohammad Hassan Akhund. I suoi uomini sono stati arrestati e disarmati dall’esercito afgano. Ciò riflette il tentativo dell’Emirato Islamico di porre un freno a quelle evidenti quinte colonne interne al paese che, col probabile supporto di attori internazionali interessati a impedire lo sviluppo dell'Afghanistan, vorrebbero provocare una destabilizzazione per vedere aumentare il proprio potere. L’arresto di Khorasani non rappresenta un importante contributo solo alla normalizzazione delle relazioni tra Kabul e Teheran, ma anche all’affermazione di un potere centrale stabile e capace di guidare il paese in una lotta contro la povertà e il sottosviluppo.
1 https://tass.com/world/1835611
2 https://www.youtube.com/watch?v=iv73Ul7jTKg
3 https://x.com/hazaristan_24/status/1818022041171509500
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