La mannaia dell'austerity

Nella calda estate italiana segnata dalle solite notizie di cronaca e di gossip e, purtroppo, dalle troppe morti bianche, si inserisce di nascosto qualche velina sulle manovre austeritarie dell'Europa dei tecnocrati. Con la complicità colpevole dei vari governi continentali, e con la sola eccezione del voto di protesta francese, tutto prosegue come prima. I poteri che contano, lievemente turbati, possono dormire sonni tranquilli. Il sistema è assicurato: ogni cosa è al suo posto e così gli uomini e le donne al vertice delle istituzioni.

Tra qualche mese, subito dopo la sbornia vacanziera, i nodi verranno al pettine. Finita, si spera, l'emergenza autoritaria-sanitaria dovuta alla pandemia, immersi in quella guerrafondaia targata USA/NATO/ISRAELE, ve ne è un'altra che caratterizza la vita dei cittadini europei almeno dalla crisi economico-finanziaria del 2008. Questa non ha fatto altro che accentuare le storture di un modello di gestione delle economie che, scavalcando le prerogative nazionali, e connettendole, ha provocato ripercussioni sulla tenuta delle stesse. Il dramma peggiore però riguarda la quotidianità delle masse impoverite sulle quali vanno a riversarsi i disegni diabolici del mondo della finanza e dei loro accoliti. Il ridimensionamento dei servizi pubblici insieme alla frammentazione di un mondo del lavoro dove convivono sfruttamento e precarietà, aspetti di quell'aleatorietà dell'esistente che non tralascia nessun ambito (la questione climatica e quella sociale strettamente intrecciate) sono la testimonianza principale del governo mondiale liberista.

Attraverso il quale la gestione delle differenze da esso prodotte è diventata la normalità per la classe politica. In quest'ambito l'Unione Europea ne è lo specchio più fedele. Serva degli interessi geopolitici, succube e complice degli imperialismi, usa la mano dura del rigore al fine di imporre determinate scelte economiche. Quelle che abbiamo imparato a conoscere (e subire) da troppo tempo. Oggi qualcuno fa finta di discutere dei tagli operati dal governo Meloni, che sono in continuità con quelle politiche liberiste sostenute da tutti gli esecutivi in perfetta sintonia in questi trent’anni. Il dogma austeritario impostosi all’indomani di Maastricht ha avuto un’accelerata con i successivi provvedimenti – pareggio di bilancio, fiscal compact – e Trattati (da ultimo il Mes) sottoscritti dai partiti, quelli con un passato di sinistra ed anche quelli che si definiscono sovranisti. Unica eccezione durante gli anni del COVID. In questo periodo i vincoli finanziari sono stati congelati, sospendendo le misure lacrime e sangue per quattro anni, ma non certo per quanto riguarda gli enti locali, già falcidiati in passato da ogni sorta di taglio. Ora che pare non esservi più nessun allarme sanitario il tutto torna ad essere gestito come in passato.

Di fatto già da un anno la BCE è intervenuta ad aumentare i tassi di interesse, il che rientra a pieno nella visione dell'Europa fondata sulla severità. Lo scopo unico rimane la lotta al debito, attraverso misure strutturali che alla fine sono servite unicamente a smantellare le funzioni statali. I debiti (e gli interessi) non diminuiscono e le iniziative intraprese in questi decenni oltre a privatizzare l'impossibile, a peggiorare le riforme pensionistiche, con impatti minimi sull'ammontare dello stesso debito, dimostrano l'insensatezza di un'Europa sempre più distante. E' facile immaginare quindi da dove nasca il risentimento. Funzionari al servizio di lobbisti e degli interessi geopolitici. Gli stessi nomi ai vertici che vengono riconfermati, vedi il sostegno alla ricandidatura della Ursula von der Leyen. A voler ribadire, se ancora ce ne fosse bisogno, la supremazia dei mercati.

D’altronde questo è il terreno più consono alle destre, che incentrano le loro politiche sull'arroganza, il privilegio, la militarizzazione della società. I problemi rimangono irrisolti ma l'attenzione viene spostata sulle classi sociali meno abbienti, i migranti, colpevoli di reclamare politiche inclusive. In Italia le destre si sono contraddistinte sia mediante l'utilizzo di toni inquisitori (l'attacco quotidiano al dissenso, ai pochi media non allineati, alla magistratura) che per mezzo dell'adozione di misure antisociali che, dal sottofinanziamento del sussidio di povertà (cd. Reddito di cittadinanza) all'autonomia differenziata (il famoso progetto secessionista della Lega, all'inizio discusso con interesse anche da alcuni governatori PD), avranno come unico risultato quello di aggravare il gap geografico e sociale.

La discriminazione ad opera dello Stato (altro che sovranisti). Forti con i deboli e succubi della Nato. E' in vista l’aumento delle spese militari (un trend mai placato, nemmeno durante il governo dell'avvocato Conte) oggi all’1,6% del pil con la promessa di portarle al 2%. La coperta è corta e quindi, ancora una volta, verrà falcidiata la spesa pubblica (stipendi, pensioni, servizi al cittadino, scuola, sanità). Attualmente la spesa sanitaria nazionale è inferiore alla media UE. Decenni di tagli lineari fatti dai governi di centrosinistra e centrodestra. Il welfare rimane una parola del secolo scorso.

Adesso ne sono previsti altri a causa della procedura d'infrazione predisposta dalla Commissione in caso di deficit eccessivo. Volendo guardare solo ai drammi recenti, non sono bastate la pandemia e le guerre. Le economie stentano a riprendersi. Però il Patto di stabilità concede all'Italia il lusso di poter ammortizzare in più anni (7 invece di 4) il debito. La spesa pubblica vedrà una riduzione annua pari allo 0,6% del pil ( totale 84 miliardi in meno). Sui Comuni, enti di prossimità da troppo tempo incapaci di dare risposte ai cittadini, la mannaia sarà di 250 milioni per 5 anni. Nel complesso Province e Comuni vedranno sottrarsi 1 miliardo. L'ancora di salvataggio dei fondi del Pnnr ( l’Italia è il Paese che ha avuto più soldi) verrà meno per quei Comuni che ne avranno usufruito per intraprendere opere pubbliche, con la conseguenza che impossibilitati a far fronte alle spese saranno costretti a rinunciarvi oppure ad affidarle alle esternalizzazioni (altro modo di privatizzare).

Insomma, Paesi con le mani legate, e che nonostante i sacrifici hanno visto subentrare nuovi soggetti padroni delle ricchezze (materiali e non) e delle decisioni inerenti la gestione di quelli che una volta erano servizi ed infrastrutture dedicati ai cittadini (il settore energetico, dei trasporti, il ridimensionamento della p.a., di uffici postali e sportelli bancari ). E non esistono nemmeno realtà produttive immuni dalle speculazioni finanziarie, in grado di trainare le economie nazionali, garantire lavori stabili e difendersi dallo strapotere di corporations e dai giganti del web.

Però per i signori delle istituzioni viene prima il debito. E proseguono i proclami.

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