di Agata Iacono
Il coronavirus covid19 era presente in Italia già da metà settembre: questi i risultati della ricerca condotta in tutta Italia dal dottor Pasquale Bacco, che abbiamo intervistato.
D: attualmente si assiste alla sfrenata "ricerca" dello Stato che ha "unto", dove è stato generato il virus e come è stato generato. La vostra ricerca stravolge tutto il mainstream mediatico e la guerra ibrida politica che si sta giocando nel quadro geopolitico mondiale, non solo in ambito di gestione sanitaria della crisi Covid.
Come siete arrivati ad accertare che il coronavirus era già presente in Italia già a settembre/ottobre?
R: abbiamo effettuato più di 7000 controlli in ogni regione italiana, effettuando test in grado di rilevare non solo la presenza (estremamente diffusa) di reazione immunitaria al contatto con il virus, ma anche di poter datare il periodo del contatto, entro un range di circa una settimana.
D: com'è nato il vostro studio, dottore?
R: Siamo una equipe di medici legali e ricercatori; collaboriamo (a vario titolo) con una società per azioni (proprietà mista, italiana e americana) di nome “Meleam” che ci ha finanziato senza fini di lucro. Fino ad oggi abbiamo effettuato 7.038 visite in rappresentanza di tutte le regioni italiane e ci apprestiamo ad effettuare ulteriori 7000 controlli, ampliando i criteri di selezione del campione, per monitorare come "si muove" il virus con le alte temperature e valutare la sua capacità patogena in condizioni e contesti molteplici (freddi, caldi, inquinati con presenza di P10 ecc) e su soggetti con differenti comportamenti alimentari, fumatori o con patologie concomitanti.
Il prossimo studio comprenderà ad esempio anche soggetti che presentano carenza di vitamina D.
D: quindi, dottore, se il virus era già presente in Italia come presumibilmente in vari altri Paesi, possiamo escludere che si sia presentato in Cina per la prima volta in assoluto a gennaio 2020?
R: assolutamente sì, non sappiamo con certezza, ancora, se i primi casi siano stati a nord o a sud, ma in Lombardia hanno contribuito alla diffusione una serie di fattori ambientali, climatici, errori e responsabilità che non bisogna sottovalutare.
Ma sicuramente il virus era già presente a metà settembre: non è un'ipotesi. Sono dati scientifici solidamente riproducibili che datano in modo certo la presenza delle immonoglobuline in soggetti sempre asintomatici.
D: i risultati del vostro studio sono veramente rivoluzionari, rispetto alla narrazione ufficiale sulla data di diffusione del virus.
R: Del nostro studio si è scritto molto all’Estero, i nostri studi hanno avuto moltissima eco in Gran Bretagna e a Cuba, in Germania, in Austria, in Francia, moltissimi ricercatori hanno trovato riscontri dei loro studi e delle loro ipotesi attraverso i nostri risultati e stiamo collaborando per integrare, ampliare e approfondire le nostre indagini, senza alcun fine di lucro.
D: E in Italia, come è stato accolto il vostro contributo?
R: Se ne parla poco in Italia, anche se recentemente siamo stati contattati da molti media ufficiali. Avevamo offerto la nostra esperienza e i nostri dati, sempre a titolo gratuito, alle varie istituzioni preposte alla gestione dell'emergenza covid19, ma siamo stati ignorati e addirittura ostacolati.
Ci hanno richiesto lo studio Strutture Ospedaliere ed Università, quali l’Università degli Studi di Milano, di Napoli e di Bari.
D: Che virus è, dottore, è naturale o prodotto artificialmente? Ha letto Montaigner? Conosce le accuse mosse da Trump alla Cina sul laboratorio di Whuan?
Il vostro studio mette punti fermi anche su queste "diatribe"?
R: Basta studiare i genomi del covid19 per capire che non possono essere dubbi sul fatto che si tratta di un virus aspecifico e molto mutabile (non attacca un singolo organo, ma tutto l'organismo ospite, laddove è più fragile, come il virus HIV), altamente contagioso.
Ma non è un prodotto di bioingegneria: chi fa ricerca sa distinguere senza margini di dubbio un virus naturale da uno creato artificialmente.
D: A quando risale lo studio?
R: E' iniziato a febbraio e terminato a metà aprile.
D: A chi lo avete sottoposto?
R: Sono stati sottoposti a test sierologico solo soggetti che, in base ai nostri dati ed alle loro dichiarazioni, erano in buona salute generale, quindi al massimo con presenza di patologie che non interferivano con la normale attività quotidiana o con i meccanismi di infezione del Covid19. Si è effettuata un'anamnesi generale circa eventuali patologie familiari;
D: Qual è stata la reazione da parte degli organi competenti?
R: I Nostri dati inizialmente hanno spiazzato tutti; a noi risultavano punte del 49% di soggetti con anticorpi nel sangue (Brescia per esempio), mentre la Protezione Civile continuava a parlare del 2%. Oggi si sono rimangiati tutto.
D: Perché, secondo lei, questo ritardo nel capire la situazione?
R: In realtà inizialmente non si conoscevano i meccanismi di azione di questo virus. In ogni caso tutto è stato ingigantito da un'informazione sbagliata; il numero dei morti è una menzogna assoluta.
D: Quali sarebbero i rischi futuri di una nuova ondata?
R: Che il virus torni più aggressivo avendo dovuto adattarsi e quindi mutare per sopravvivere al caldo estivo. Abbiamo già un evidenza di un cambiamento del genoma, anche se non sappiamo ancora quale saranno i risultati di queste mutazioni.
D: Ha senso il lockdown?
R: All'inizio si. Oggi no, anzi è dannoso perchè impedisce il crearsi di una forma di immunità di gregge. Bisogna permettere un contatto contenuto e nelle regole. Bisogna approfittarne adesso, nel periodo in cui il virus ha sì capacità infettive, ma scarsissime capacità patogene.
D: Qualora dovesse esserci la paventata "seconda ondata", saremmo per così dire “immuni” o quanto meno preparati?
R: Possiamo farci trovare pronti solo se iniziamo a dire la verità ed a comportarci di conseguenza; questo virus, come tutti i coronavirus, determina immunità. Chi ha subito la patologia è immune per almeno sei mesi, per massimo 18 mesi.
D: C'è una correlazione di qualche tipo tra vaccini e covid19? Perché a Bergamo e Brescia, dove c'è stata una intensa campagna di vaccinazione, ad esempio, il virus è stato così aggressivo?
R: Nessuna correlazione. Riguardo al vaccino, per il COVID19 non serve perchè il virus muta; per sconfiggerlo, come nel caso dell'HIV, serve una terapia. I nostri dati negano una maggiore esposizione al virus dei soggetti vaccinati per l’influenza.
D: Parliamo degli asintomatici: in che modo possono ancora veicolare il virus e sopratutto in loro c’è la possibilità che si scateni in maniera violenta?
R: Possono veicolarlo in quanto hanno l'anticorpo nel loro organismo, quindi possono trasmetterlo. Loro se sono asintomatici dopo 20 giorni dall'infezione, si sono immunizzati quindi non avranno alcun sintomo; quindi nessuna forma grave.
D: Ci si può riammalare?
R: Assolutamente no. Come le dicevo, il virus da immunità per almeno 6 mesi sicuro. Quindi riammalarsi è impossibile. Chi dice il contrario mente sapendo di mentire.
D: Perché vi sentite dimenticati?
R: Perchè hanno parlato di noi in tutta Europa ed oltre, io sono intervenuto due volte sui telegiornali inglesi, siamo usciti sul Telegraph e su Shore Capital. In italia l'ostracismo di Burioni e baroni ci ha creato difficoltà evidenti, impedendoci di dare un contributo.
D: Come mai a fronte di un minor numero di decessi per: incidenti stradali, sul lavoro ed altre morti causate dalle attività giornaliere, i morti sono aumentati?
R: I dati dell'Istat certificano la realtà di un Paese segnato molto diversamente dal passaggio del Covid 19: in 36 province il dato è raddoppiato e mentre al Nord i numeri sono tragici, in 34 province del Centro-Sud la mortalità è calata in media dell'1,8%
Sicuramente il covid ha accelerato i decessi; nel senso che ha ridotto aspettativa di vita. Pero è vero che poi nei mesi successivi quindi troveremo sicuramente un abbassamento del numero dei decessi. Questa valutazione quindi va fatta su un numero di almeno 4 mes
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