Lotta al Covid. I vaccini cubani parlano anche italiano

di Francesco Fustaneo

Mentre la seconda fase pandemica dilaga, il mondo intero cerca di correre ai ripari: paesi e multinazionali scossi dall'emergenza sanitaria e dalla crisi economica si contendono la corsa al vaccino anti-covid.

Tra quelli in fase avanzata di sperimentazione si segnalano anche i vaccini cubani, notizia che ha avuto più risalto all'estero che in Italia, nonostante tra i ricercatori impegnati compaia il nome di un nostro connazionale, il palermitano Fabrizio Chiodo: 35 anni, chimico, da poco rientrato in patria e in servizio al CNR di Pozzuoli.

- Dott. Chiodo, ci racconti del suo percorso professionale e di come sia finito a lavorare insieme ai ricercatori cubani?

Mi sono laureato a Palermo nel 2008. Dal 2008 al 2013 ho effettuato un dottorato di ricerca nei Paesi Baschi (San Sebastian) con una lunga parentesi di ricerca e studio in Olanda. Dal 2013 al 2020 ho lavorato appunto in Olanda in diversi Medical Center e da ottobre 2020, dopo 12 anni all’Estero, sono rientrato in Italia (CNR, ICB, Pozzuoli). Il gruppo cubano del Prof. Vicente Verez-Bencomo (attuale direttore del Finlay Institute Havana) è stato pioniere nel mio campo di ricerca (chimica ed immunologia dei carboidrati), pubblicando su Science nel 2004, il primo ed unico vaccino sintetico della storia. Ci siamo conosciuti ad una conferenza nel 2012, e dal 2013 ho iniziato attivamente a collaborare con il suo gruppo e successivamente con il Finlay Institute. Abbiamo lavorato a diversi progetti per ottimizzare e capire meglio il funzionamento dei vaccini contro pneumococco, anche con scambi di studenti e staff tra Cuba ed Olanda. Dall’inizio della pandemia abbiamo lavorato insieme nel disegno ed approccio a diversi interventi biofarmaceutici, tra cui, ovviamente i due candidati vaccinali del Finlay Institute. Ovviamente ciò mi ha portato a recarmi regolarmente a Cuba con cadenza almeno mensile.

- Il New York Times ha recentemente scritto che tra tutti i vaccini anti-covid in fase di sperimentazione clinica, l'otto per cento sono cubani. Ci parli di quello a cui lei e i suoi colleghi state lavorando: quali sono le particolarità e cosa lo differenziano da quelli prodotti da Pfizer e dalle altre multinazionali?

I candidati vaccinali cubani sono chiamati a sub-unità. Invece di presentare al nostro organismo il materiale genetico per poi esprimere nelle nostre cellule una proteina del virus (la famosa spike protein), i vaccini a sub-unità presentano al sistema immune direttamente un frammento della spike protein. I due vaccini del Finlay Istitute su cui stiamo lavorando, Soberana01 (fine clinical trial 2), e Soberana02 (fine clinical trial 1), hanno nella loro formulazione un frammento della spike protein del virus, adiuvato nel caso di Soberana01 dalla membrana di un batterio, e nel caso di Soberana02, da un proteina carrier. Non è una gara a chi arriva prima, ed i vaccini a mRNA ed adenovirali sono scientificamente e tecnologicamente straordinari. Come costi, i vaccini a sub-unità sono, di norma, più contenuti. Le due formulazioni usate per Soberana01 e Soberana02 sono da anni utilizzate a Cuba ad uso pediatrico. Questo è al momento un grande vantaggio rispetto ai vaccini ad mRNA ed adenovirali, che al momento, visto la loro “novità” clinica, non potranno subito essere usati per uso pediatrico. Ultima cosa: i due candidati del Finlay Institute sono stabili a temperatura ambiente e si conservano in frigo.

- Realisticamente quando pensa sarà distribuito tra la popolazione?

Per entrambi i candidati del Finlay Institute, pensiamo di finire la fase 3, nei primi 2-3 mesi del 2021, ed immediatamente dopo, il vaccino sarà disponibile per la popolazione.

- Cuba nella prima fase pandemica ha utilizzato tra i farmaci di cura uno di propria produzione, l'Interferone cubano Alpha 2B (commercializzato come Heberon® Alfa R) inserito tra l'altro ufficialmente anche nei protocolli sanitari cinesi. Tale farmaco sembra essersi rivelato efficace: lei che giudizio ha in merito?

BioCubaFarma sviluppa e produce diversi prodotti biotecnologici che sono stati anche in parte usati durante la pandemia per curare i pazienti o “rafforzare” il sistema immune. L’uso degli interferoni è stato validato da diversi colleghi, con molta attenzione a “quando” somministrare questo farmaco (meglio all’inizio dell’infezione). Penso sia una valida opzione per una specifica categoria di pazienti.

- Ritiene che vedremo mai farmaci o vaccini cubani approvati dalle autorità italiane per la somministrazione nel nostro Paese?

Per il momento aspettiamo gli esiti dei clinical trials. Se tutto va come immaginiamo, non escludo che anche Paesi come l’Italia possano richiedere dosi dei vaccini cubani. Penso che da un punto di vista epidemiologico ed evolutivo (evitare pressioni evolutive al virus), mettere in circolazione diversi tipi di vaccini, sia comunque vantaggioso.

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