Caso Carini-KhelifIl: il “rasoio di Ockham” e il principio di realtà

02 Agosto 2024 11:00 Paolo Ercolani


Siamo lieti di annunciare l'inizio di "Antidiplomatica-Mente", un blog del Prof. Paolo Ercolani, docente di filosofia all’Università di Urbino "Carlo Bo".

A.B.


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di Paolo Ercolani

Lo dico subito senza girarci intorno: il fattore che - anche nel caso del controverso incontro pugilistico fra l’italiana Carini e l’algerina Khelif - evidenzia in misura maggiore la sconfortante degenerazione del tempo presente, riguarda la polarizzazione fra due opposti fanatismi che sovente scadono nella violenza verbale e nell’offesa personale.

La logica perversa della Rete, quella del mi piace o non mi piace, del bianco o nero, dell’ideologia spesso portata avanti con convinzione pari soltanto all’ignoranza sull’argomento in questione, sembra aver diviso analisti e popolazione in tifoserie contrapposte. Ma il tifo, si sa, ha molto a che fare con una categoria come la fede e poco o nulla con quella della conoscenza ragionante.

Ciò premesso, e non è poco, la questione che sta scatenando un putiferio politico-mediatico si presenta come molto complessa. Andrà affrontata e possibilmente risolta con rigore sul piano medico-scientifico, ma non v’è dubbio che comunque suscita notevoli controversie anche su quello etico-politico, portando molti commentatori e politici nostrani a pronunciarsi attraverso sonore sciocchezze e cattiverie.

Da una parte e dall’altra. Cioè sia chi (prevalentemente a Destra) banalizza la questione ricorrendo all’argomento falso e riduttivo della pugile algerina che in realtà sarebbe un maschio transgender a cui piace vincere facile gareggiando contro le donne, o che comunque trae benefici sportivi dal suo essere un uomo sentendosi una donna e pretendendo di essere riconosciuto come tale; ma anche chi (prevalentemente a Sinistra), coglie la palla al balzo per ritirare fuori una delle ideologie funeste del nostro tempo: quella per cui la logica binaria dei due sessi (maschile e femminile) sarebbe un’invenzione culturale che, come tale, risulta fallace nel pretendere di definire tanto schematicamente la complessità umana. In questo secondo caso la violenza colpisce più che altro il buon senso e il sano principio di realtà.

Come uscire a livello etico-politico da una situazione tanto complessa, evitando le sciocchezze e le violenze verbali delle tifoserie fanatiche? Direi ricorrendo a quello che in filosofia si chiama “rasoio di Ockham”, ossia concentrandosi sui pochi dati che possiedono una ragionevole certezza e utilizzarli come leva per sollevare ulteriori interpretazioni che, perlomeno, poggino su basi solide.

In questo senso si può partire dal dato essenziale per cui i biologi concordano sul fatto che i sessi biologici sono soltanto due (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/bies.202200173). Quindi - fatta salva l’assoluta libertà e infinità dei gusti sessuali (che vanno tutelati meglio di come si fa oggi) - esistono certamente delle persone con caratteristiche ormonali e fisiche che fuoriescono dalla tipologia formale netta di coloro che sono facilmente riconoscibili come maschi o femmine. Sono persone definite “intersex” (quale sarebbe la pugile algerina), possono arrivare fino all’1,7% della popolazione e nella maggioranza dei casi presentano comunque una configurazione cromosomica xx o xy che, al netto dell’apparenza esteriore, più dubbia, le qualifica in sostanza come maschi o femmine. A questo si aggiunga, per inciso, il dato secondo cui nei rarissimi e restanti casi in cui sia presente un terzo cromosoma, gli scienziati parlano di deviazione nello sviluppo sessuale dovuta a cause ignote, anche se in altre specie sono stati condotti degli studi che associano l’intersessualità a problematiche sanitarie di diversa origine e sempre più studi documentano il caso di bambini “intersessuali” a causa dell’esposizione a elementi chimici tossici ( https://bioone.org/journals/environmental-health-insights/volume-10/issue-1/EHI.S39825/The-Increasing-Prevalence-in-Intersex-Variation-from-Toxicological-Dysregulation-in/10.1177/EHI.S39825.full). Dovrebbe far riflettere, rispetto a quest’ultimo aspetto, l’elemento aggiuntivo per cui i casi acclarati di persone intersessuali, per esempio alle Olimpiadi, provengono tutti dalla parte più povera e igienicamente in difficoltà del pianeta.

Il problema è che, da una parte, l’ideologia del gender pretende di negare l’esistenza dei due sessi naturali sulla base di una teoria che prescinde dai corpi concreti, dal dato biologico nonché dal principio logico di realtà. Questo scatena, dall’altra parte, una reazione fatta spesso di toni violenti, semplificatori e mortificatori nei confronti di persone che -non dimentichiamolo mai - non hanno colpe e non possono essere incolpate per la loro “differenza”, nonché di un’opinione pubblica (spesso riferita ai più giovani) che oggi ritiene giusto essere più sensibili e aperti rispetto ai discostamenti da quella che viene considerata una troppo rigida logica binaria.

Tutti aspetti degni di considerazione, che come ho detto evidenziano una situazione delicata e controversa da cui è sconsigliabile provare a uscirne tramite semplificazioni per giunta offensive.

Ciò detto, però, poche altre situazioni umane ci riportano tutti a un principio che il mondo virtuale ci rende sempre più ostico e sconosciuto: il principio di realtà. Quello che, al di là dei nostri sogni, del mondo perfetto che immaginiamo con perfezione nella nostra testa, del grado di convinzione ed entusiasmo provocatoci dalle nostre teorie, ci fa scontrare con dati oggettivi e immodificabili. Come quello per cui il sesso conta eccome, incide eccome, marca eccome le differenze di potenza, velocità e resistenza fra chi ha più o meno testosterone in circolo nell’organismo. Non voler riconoscere e tutelare le differenze tra i più forti e i più deboli, è sempre un favore fatto ai primi, in ogni ambito sociale.

Si tratta di un principio di realtà che ci viene costantemente e oggettivamente ricordato dallo sport, in questo caso attraverso le lacrime strazianti di una pugile italiana a cui è stato tolto il sogno di una carriera. Una di quelle donne che qualcuno dice di voler difendere dal fantasma evanescente del patriarcato, proprio mentre le si sta consegnando a un sistema ideologico sciagurato che ne annulla e mortifica a vari livelli la specifica corporeità, insieme all’identità.

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