"Generazione Antidiplomatica" - Contro il falso idealismo in politica estera

Generazione AntiDiplomatica è lo spazio che l’AntiDiplomatico mette a disposizione di studenti e giovani lavoratori desiderosi di coltivare un pensiero critico che sappia andare oltre i dogmi che vengono imposti dalle classi dirigenti occidentali, colpendo soprattutto i giovani, privati della possibilità di immaginare un futuro differente da quello voluto da Washington e Bruxelles. Come costruirlo? Vogliamo sentire la vostra voce. In questo nuovo spazio vi chiediamo di far emergere attraverso i vostri contenuti la vostra visione del mondo, i vostri problemi, le vostre speranze, come vorreste che le cose funzionassero, quale società immaginate al posto dell’attuale, quali sono le vostre idee e le vostre riflessioni sulla storia politica internazionale e del nostro paese. Non vi chiediamo standard “elevati” o testi di particolare lunghezza: vi chiediamo solo di mettervi in gioco. L’AntiDiplomatico vi offre questa opportunità. Contribuite a questo spazio scrivendo quanto volete dei temi che vi stanno a cuore. Scriveteci a: generazioneantidiplomatica@gmail.com

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Articolo di Pablo Baldi - Studente di Scienze Politiche all'Università di Pisa


Ogni azione ha una reazione. In politica, ogni azione politica genera delle conseguenze. In politica estera, le conseguenze sono uno spostamento dell'ordine geopolitico regionale e mondiale e/o un cambiamento nei rapporti di forza, cooperazione e simpatica tra popoli e/o governi.

Quindi, dovremmo farsí che tali conseguenze, nel limite della loro possibile prevedibilità, generino delle condizioni che siano favorevoli ai nostri interessi. Ma qua sorgono due problemi: nostri? di chi? interessi? quali?

Nostri: mi sto muovendo nel terreno delle ipotesi delle opzioni disponibili a uno Stato. Ma anche entità sovrastatali (UE) si comportano come stati. Insomma, il soggetto politico che ha la giurisdizione nelle specifiche situazioni.

Quali interessi: "interessi" è un concetto generale. Gli interessi sono situazioni che "ci convengono". Ma anche qui, cos'è che ci conviene? Insomma, il nostro agire deve essere indirizzato a uno scopo. Per definizione, non avrebbe senso fare altrimenti: è il fine che dà senso alle nostre azioni.

Facciamo un esempio. Elezioni in Venezuela. Le opposizioni denunciano dei brogli elettorali. Non entriamo nei particolari, ma non illudiamoci che gli oppositori siano i paladini della democrazia e della libertà. Comunque, come reagiamo a queste accuse? Possiamo raggiungere un fine di natura morale-giuridico (ma da che pulpito?) o un fine pragmatico-economico.

È chiaro che nel mondo ideale, la soluzione sarebbe quella idealistica. Ma questo non è il caso e quindi dobbiamo analizzare le conseguenze pratiche delle nostre azioni. Sostenere le accuse dell' opposizione, fondate o meno che siano, e riconoscere il suo leader come presidente, è una forma di implicita di sostegno politico e morale a un eventuale colpo di stato dell'opposizione. Sarebbe, a tutti gli effetti, da considerarsi come un uso legittimo della forza, in quanto è un monopolio dello Stato e Gonzalez ne è il legittimo presidente.

Ciò mette, inevitabilmente, Maduro in una posizione difensiva, in quanto viene minacciato il suo governo e la sua vita.

Quando il tuo nemico è l'Occidente, farsi amici i, e magari entrane nei BRICS è una buona idea. Ecco che la nostra azione idealista ha provocato come conseguenza un ulteriore allontanamento dei due blocchi e maggiori tensioni tra loro, inemicandoci il governo effettivo. Come sempre, dietro alla maschera dei bei ideali, può esserci un interesse pratico nell'inasprirsi delle tensioni tra Occidente e resto del mondo. Ciò sarebbe diabolico.

Quindi, se non avessimo voluto che tutto questo accadesse (mi riferisco alla posizione dell'UE in questo caso) avremmo dovuto mantenerci sul terreno economico e non su quello del conflitto politico. Anche se la differenza sta solo nei rischi che ci vogliamo prendere e nel grado di escalation che vogliamo provocare.

La decisione cauta è quella di non esporsi e continuare il commercio con il Venezuela, con i vantaggi che possiamo trarne.
Ma sostenere un governo insediato con un colpo di stato realizzato grazie al "nostro" supporto avrebbe provocato la "riconoscenza" del nuovo regime. In questo caso i rischi e i morti sono maggiori, come anche l'aumento nelle tensioni regionali e mondiali.

Già chiamarla "guerra economica" ne fà capire il carattere non pacifico. Ma che almeno il conflitto resti economico e non diventi militare.

Ricapitolando: usiamo l'approccio idealistico. Se i brogli non ci sono stati davvero il nostro agire non è veramente mosso da ideali, ma è solo una maschera per giustificare i nostri fini. Se i brogli ci sono stati, non riconoscere il governo effettivo ci danneggia senza risolvere l'oppressione subita dai venezuelani. Se non vogliamo che le nostre parole siano solo onde sonore sparse nell'aria dovremmo rendere effettiva la nostra posizione sostenendo il governo da noi ritenuto legittimo in una guerra civile.

Ciò vorrebbe dire essere i poliziotti del mondo: non c'è idealismo senza coerenza, l'idealismo a convenienza è una contraddizione, in quanto l'idealismo non considera altri fini se non quelli ideali. Da bravi paladini della democrazia dovremmo tagliare i rapporti con regimi opachi come quello turco. E cosa dovremmo fare con una monarchia assoluta come quella Saudita? L'Arabia Saudita è l'unico Stato moderno nominato come la casa regnante, quella di Saud, ma questo non ci causa nessun problema: siamo idealisti a convenienza.

La Cina è riuscita a stringere legami con i Paesi africani non avendo un approccio moralistico.
Che siano democrazie o dittature, la Cina offre vantaggi economici reciproci a tutti. Che il commercio convenga a entrambe le parti si sà dai tempi della teoria dei vantaggi comparati di Ricardo (vissuto piú di due secoli fa).

Anche il sostegno all'Ucraina ha la maschera idealistica del rispetto del diritto internazionale. Questa maschera è possibile solo grazie a una narrazione che cancella dalla storia la rivoluzione arancione e la guerra civile. Anche in questo caso, l'Ucraina non è la paladina della democrazia e della libertà. Tutto deriva dalla narrazione. Come la narrazione che giustifica il genocidio dei palestinesi facendo iniziare la storia dal 7 ottobre 2023, cancellando oltre un secolo di eventi pregressi.

Ma dopo un paio d'anni nessuno ci crede piú nessuno e Borrell, il capo della diplomazia europea dichiara: “Non si tratta di sostenere l’Ucraina”: la sconfitta della Russia è nell’interesse degli Stati Uniti e dell’Europa.

“Non possiamo permettere che la Russia vinca questa guerra, altrimenti gli interessi degli Stati Uniti e dell’Europa saranno gravemente danneggiati. Questa non è solo una questione di generosità. Non si tratta di sostenere l’Ucraina, perché amiamo il popolo ucraino.
Questo è nel nostro interesse. Ciò è anche nell’interesse degli Stati Uniti in quanto attore globale. Un paese che dovrebbe essere percepito come un partner affidabile, un fornitore di sicurezza per gli alleati”, ha detto Borrell alla CNN.

L'interesse economico è tutto degli Stati Uniti, i quali hanno sostituito la Russia nel rifornire l'Unione europea di energia. Questa dice molto sulla nostra indipendenza e autonomia. I "nostri interessi" sono quelli degli Stati Uniti, contrari a quelli europei. Partecipiamo a un conflitto per motivi strategico-economici e neanche ci conviene.

La soluzione cauta sarebbe stata (ed è) quella di non favorire l'escalation, quindi non entrare in guerra. Non siamo l'arbitro del conflitto. Farcelo credere è funzionale agli interessi del potere economico. Il quale tramite il potere mediatico assopisce il pensiero critico della popolazione servendogli la pappa già pronta, una bella narrazione su misura con tanto di eroi e cattivoni, come nelle migliori favole. La costruzione dei russi come cattivoni era già in corso da molti anni, quindi non è stato difficile credere che abbiano invaso l'Ucraina perchè vogliono espandersi e poi arriveranno a Lisbona. La ciliegina sulla torta: i soldati russi, come i miliziani di Hamas, sono barbari stupratori. Nessuna prova, ma non servono, tanto le menti erano già predisposte a crederlo. I media ci avevano già fatto installato nel cervello l'immagine di russi e islamici come barbari, quindi era logico che facessero cose barbariche.

Ma come? Con la nostra amata libera informazione? Si. Gli studi sull'agenda setting dimostrano che il potere di agenda è maggiore nei sistemi di libera informazione che in quelli con l'informazione censurata. Il potere di agenda è la trasmissione di salienza di temi (politica estera) e attributi di tali temi (russi cattivi) dall'agenda dei media a quella della popolazione. Crollano tutte le certezze dell'Occidentale: il resto del mondo non è fatto di beoti che si mangiano la propaganda del proprio regime, anzi: è proprio quello che sta avvenendo in Occidente. Sbalorditivo.

Vizietto tipico dell'Occidente: scambiare la libertà formale con quella sostanziale. Se è vero che posso scrivere tutto questo, è anche vero che nessuno lo leggerà e che il sistema mediale è in mano al potere economico. I miliardari modellano la nostra interpretazione del mondo per far sembrare che il loro bene sia il bene di tutti. Comcast, Disney, Warner Bros. Discovery, e Paramount, circa il 70 per cento del mercato in settori come la televisione e i giornali. L'indice HHI è superiore a 2500: segnala un'elevata concentrazione e una limitata concorrenza.

Oltre all'informazione, questi colossi hanno anche il monopolio della nostra immaginazione, controllando l'industria culturale e il suo set di cliches che conosciamo istintivamente (il tutto è funzionale all'abbandono del pensiero critico). Nel mercato dello streaming, gli Stati Uniti vedono una dominanza di piattaforme come Netflix, Disney+, Amazon Prime Video e Hulu. Queste aziende, insieme, hanno una quota di mercato combinata di circa il 70 per cento negli Stati Uniti. In Italia i 4 piú grandi gruppi editoriali detengono il 58 per cento del mercato dell'informazione.

Insomma, si sono comprati l'egemonia culturale e siamo in una posizione di svantaggio nel contrastare le bugie del mainstream.

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