Prende nuovamente vigore la campagna mediatica volta a gettare discredito sul Venezuela Bolivariano. Il quotidiano statunitense
New York Times e l’iberico
ABC – un fogliaccio già franchista e hitleriano – rilanciano contro
Diosdado Cabello stantìe quanto fallaci accuse di guidare un cartello di narcotrafficanti. Ovviamente il mainstream italiano, megafono dell’imperialismo, si è subito accodato alla canea mediatica dando credito a queste ‘fantasiose’ notizie che hanno come unico
obiettivo quello di dipingere la patria di Bolivar e Chávez alla stregua di uno stato canaglia, dedito al narcotraffico internazionale. In Italia si è distinto l’ineffabile Roberto Saviano, nel replicare pappagallescamente affermazioni tanto gravi, quanto prive di fondamento alcuno.
Accuse fallaci. Entrando nel merito della questione, il Presidente dell’Assemblea Nazionale venezuelana, Diosdado Cabello, viene indicato alla testa di un fantomatico cartello criminale dedito al narcotraffico internazionale, il ‘Cartel de los Soles’. Un nome scelto non a caso, visto che nel 1993 – in pieno periodo neoliberista – quando al governo vi era Carlos Andrés Pérez, un gruppo di generali fu coinvolto in uno scandalo legato al traffico della droga, e siccome il simbolo di questi ufficiali è il sole, furono definiti come il ‘Cartel de los Soles’.
Per comprendere meglio la questione, adesso, dobbiamo porci alcune domande: se il dirigente bolivariano è realmente il capo di questa organizzazione composta da alti ufficiali venezuelani, perché sino a questo momento nessuno dei narcos ha lanciato accuse contro Cabello? Perché non vi sono evidenze, fotografie, intercettazioni, riguardanti questo cartello? Come mai questa indagine è l’unica nel suo genere a basarsi esclusivamente su ‘rivelazioni’ fornite da due latitanti venezuelani – Rafael Isea e Leasmy Salazar – dapprima spariti e poi riapparsi negli Stati Uniti per sottrarsi al corso della giustizia venezuelana? Infine, perché gli Stati Uniti non hanno mai preso alcun provvedimento contro l’ex presidente colombiano Uribe che in una lista della DEA, risalente ai primi anni ’90, figurava tra i narcotrafficanti più pericolosi al mondo (n.82) dietro al celebre Pablo Escobar (n.79)?
La risposta è semplice: siamo di fronte all’ennesima campagna mediatica, una sporca montatura propagandistica senza alcun fondamento, che riesce a passare in occidente esclusivamente grazie ad un’informazione che non fa il proprio mestiere.
Il ruolo dei media. In questa vicenda grottesca un ruolo cruciale lo gioca l’informazione. Senza dilungarsi, basterà citare un dato significante fornito dal Ministro degli Esteri del Venezuela, Delcy Rodriguez: in Spagna, secondo un recente monitoraggio dei mezzi d’informazione, quando viene affrontato il tema Venezuela, nel 71% dei casi si tratta di notizie negative o dispregiative, per il 29% notizie neutrali, mentre alle notizie positive i media iberici dedicano lo 0% delle notizie.
Questo avviene perché «il Venezuela – ha spiegato in maniera impeccabile Delcy Rodriguez – è al centro della nuova configurazione geopolitica in costruzione, che è contraria agli interessi dei grandi centri del potere finanziario. Per questo siamo oggetto di queste aberranti e ripetute campagne mediatiche».
Per quanto riguarda invece l’inchiesta del New York Times, essa si basa esclusivamente sulle notizie fornite da Isea, che come ricordato in precedenza, si trova negli Stati Uniti per sfuggire alla giustizia venezuelana, che lo accusa di gravi episodi di malversazione e corruzione.
La lotta alla droga in Venezuela. L’obiettivo non dichiarato ma palese è quello di rappresentare il Venezuela come un paese dominato da personaggi senza scrupoli, dove regnano arbitrio e corruzione. La realtà invece accusa proprio gli Stati Uniti.04est3-venezuela-reuters
Questa la chiara denuncia del deputato venezuelano Adel El Zabayar: «Gli Stati Uniti, pur essendo il primo paese al mondo per consumo di droghe, si vantano di riuscire a individuare gruppi di narcotrafficanti in tutto il mondo, mentre all’interno dei propri confini, non riescono a fermare i gruppi narcotrafficanti e le bande che si occupano della vendita».
Secondo quanto dichiarato dal politico venezuelano il vero obiettivo degli Stati Uniti sarebbe quello di controllare il commercio delle sostanze stupefacenti: «Si tratta di una combinazione di interessi tra i politici nordamericani, l’esercito e i narcotrafficanti, altrimenti – ha spiegato il deputato del PSUV – difficilmente la droga potrebbe entrare in territorio nordamericano».
Sulla stessa lunghezza d’onda Irwin José Ascanio Escalona, presidente dell’Ufficio Nazionale Antidroghe, che oltre a denunciare il ruolo degli Stati Uniti nella campagna mediatica, ha ricordato come la lotta al traffico di droga in Venezuela abbia prodotto risultati significativi dopo la cacciata della DEA: «Una volta liberati della DEA abbiamo triplicato i sequestri di sostanze e migliorato il processo di disarticolazione delle organizzazioni criminali». Ricordando, infine, che la DEA ha ampiamente utilizzato meccanismi illegali come le ‘consegne controllate’, dov’erano coinvolti anche alti dirigenti dell’organizzazione statunitense.
Mistificazioni, menzogne, aberranti campagne mediatiche. Nulla di nuovo per la Rivoluzione Bolivariana che continua la sua opera di costruzione del Socialismo del XXI secolo, seguendo il percorso tracciato dal Comandante Chávez.