di Fabrizio Verde
Cuba ha ancora una volta denunciato, a livello internazionale, le illegalità negli Stati Uniti sulla vendita del rum Havana Club, visto che con questa marca viene commercializzato – da Bacardi - in maniera illegale un rum di origine non cubana.
La protesta cubana, presentata dall'ambasciatrice presso le Nazioni Unite Anayansi Rodriguez, ha ricevuto l'appoggio di numerosi paesi tra cui Angola, Argentina, Bolivia, Brasile, Cina, Ecuador, El Salvador, India, Giamaica, Messico, Nicaragua, Perù, Repubblica Dominicana, Russia, Venezuela, Vietnam e Zimbabwe.
Probabilmente in pochi sono a conoscenza che dietro a una bevanda apprezzata e molto consumata anche in Italia come il rum, sia in corso
una vera e propria 'guerra', condotta senza esclusione di colpi. Una battaglia che è parte integrante dell’incessante
attività anti-cubana condotta globalmente dagli Stati Uniti d’America.
Sin dalla sua nascita, quando i 'barbudos' guidati da Fidel Castro ed Ernesto 'Che' Guevara rovesciarono il regime di Batista instaurando il nuovo governo rivoluzionario che nazionalizzò banche, ferrovie e imprese in mano agli Usa,Cuba ha rappresentato, ed è tuttora, una spina nel fianco per l’impero yankee. Un lembo della resistenza alla tracotanza imperialista, la prova vivida e pulsante che un altro mondo è possibile. Un’esortazione per il resto del mondo a valicare il limite dell’esistente.
Bene, adesso qualcuno si chiederà: ma cosa c’entra il rum in questa storia? C’entra eccome, visto che già all’indomani della rivoluzione l’azienda Bacardi – fondata a Santiago de Cuba nel 1862 e in seguito alla vittoria della Rivoluzione trasferita in Portorico – si è schierata al fianco dei vari governi statunitensi contro Cuba e il suo concorrente diretto Havana Club: celebre rum prodotto dalla Havana Club International SA, joint venture tra l’azienda di stato CubanaExport e la francese Pernod Ricard.
I metodi utilizzati sono stati tutt'altro che incruenti: Bacardi ha infatti finanziato gran parte del terrorismo che ha insanguinato Cuba, come è ben documentato nel libro «Cuba: la guerra occulta del ron Bacardi» di Hernando Calvo Ospina edito dalle Edizioni Achab. Il fondatore di Bacardi Pepin Bosch ha promosso e foraggiato sin dai primi anni 60' la Rece (Rappresentanza Cubana dell'esilio) il cui comandante militare era un ex ufficiale dell'esercito di Batista ingaggiato dalla Cia, vice comandante nella famosa spedizione, fallita, della Baia dei Porci.
La Rece, che fu finanziata dal patron di Bacardi con ben 10000 dollari al mese, aveva l'obiettivo di
spargere il terrore sull'isola: anche e soprattutto attraverso lo spargimento di sangue. Secondo un documento desecretato nel 1998 negli Stati Uniti, vi era un progetto per assassinare Fidel Castro e Che Guevara nel 1964, attraverso l'utilizzo di elementi della mafia statunitense. Finanziato sempre da Pepin Bosch.
Tra gli uomini di punta dell'organizzazione vi era il noto terrorista Luis Posada Carriles, arrestato nel 2000 a Panama mentre preparava un attentato a Fidel Castro. Lo stesso coinvolto nello scandalo Iran-Contras, coinvolto negli anni 90' in una serie di attentati contro ristoranti ed hotel cubani al fine di stroncarne l'industria turistica. In uno di questi, siamo nel settembre del 1997, perse la vita il turista italiano Fabio Di Celmo.
Azione impunemente rivendicata dal terrorista Carriles – agente della Cia – che in un'intervista ebbe a dichiarare che l'italiano «si trovava nel posto sbagliato, al momento sbagliato». Attualmente Luis Posada Carriles passa una vecchiaia dorata, protetto negli Stati Uniti, e nessun governo italiano ha mai richiesto la sua'estradizione. La campagna bombarola fu apertamente rivendicata e appoggiata dalla FNCA (Fondazione Nazionale Cubano-Americana) nata su impulso dell'amministrazione Reagan nei primi anni 80' e che vedeva ai suoi vertici azionisti di Bacardi, con lo scopo principale di ripulire la compromessa immagine dei controrivoluzionari invischiati negli attentati terroristici e nel traffico di droga.
Come abbiamo visto, questa storia, raccontata solo in minima parte, partita dal rum è terminata nel sangue. Epilogo tristemente comune quando in ballo vi sono gli interessi dell'impero.