di Geraldina Colotti
Il ministro della Comunicazione venezuelano, Jorge Rodriguez, ha il dono della sintesi e dell’esposizione. I suoi resoconti consentono di inquadrare l’intreccio di nomi e interessi che cercano di stringere il cerchio intorno al socialismo bolivariano. Un copione che rimanda alla guerra sporca del secolo scorso, scatenata dall’imperialismo nordamericano contro il campo socialista e i paesi del cosiddetto Terzo Mondo che vi facevano riferimento.
Cambiano solo i personaggi che, di volta in volta, l’imperialismo sceglie come suoi burattini e che, in questo caso, si muovono intorno all’autoproclamato “presidente a interim”, Juan Guaidó. Un personaggio senza polso né storia, ma con il portafoglio gonfio dei milioni rubati al popolo venezuelano, indagato – ha confermato Rodriguez - per numerosi delitti che vanno dalla distrazione di fondi pubblici, al tradimento e alla sovversione contro le istituzioni della Repubblica.
Perché non viene arrestato? Il dibattito s’infiamma dopo l’ultimo tentativo di aggressione, compiuto via mare da un gruppo di mercenari a lui direttamente collegati. Il governo bolivariano ha fornito abbastanza prove che mostrano il suo diretto coinvolgimento, peraltro rivendicato nei giorni della tentata invasione dalla sua cerchia più ristretta, e confermato dalle confessioni degli arrestati.
Tra questi, com’è ormai noto, anche due contractor statunitensi, inviati da un’agenzia per la sicurezza privata, la Silvercorp USA, che prestava servizi anche al presidente Donald Trump. Fino a quando la sua amministrazione continuerà a negare? ha chiesto Jorge Rodriguez presentando ulteriori riscontri sull’inchiesta, che mostrano l’accelerazione impressa ai piani destabilizzanti dopo la visita alla Casa Bianca dell’autoproclamato.
L’ultima tappa di un viaggio compiuto in Europa dal deputato di estrema destra con l’intento di rinnovare l’appoggio fornito dai governi capitalisti europei alle misure coercitive unilaterali decise dal Pentagono contro la rivoluzione bolivariana. Misure che avevano prodotto un’altra tornata di sanzioni contro la compagnia aerea nazionale Conviasa.
Ora, il portale indipendente The Canary rivela che, a Londra, Guaidó ha partecipato a una riunione con il segretario agli esteri britannico, Dominic Raab, con il ministro per le Americhe, Christopher Pincher e con il direttore per le Americhe, Hugo Shorter, per mettere a punto una “Unità per la Ricostruzione del Venezuela”: ovvero, un piano golpista contro Maduro.
The Canary sostiene che, alla fine di gennaio 2019, l’Ufficio degli Affari Esteri e del Commonwealth (FCO) del Regno Unito ha invitato la Banca d’Inghilterra a consegnare all’autoproclamato 1.200 milioni di sterline della riserva di oro del Venezuela, bloccata dalla banca. Un raggiro che già aveva funzionato con il denaro rubato alla raffineria Citgo, basata negli USA, e a Monómero, grande impresa di fertilizzanti, con sede in Colombia.
Il governo bolivariano ha convocato l’incaricato d’affari del Regno Unito per presentare una protesta formale e chiedere spiegazioni in merito. Una denuncia circostanziata del tentativo di invasione e delle complicità connesse è stata presentata anche alla Corte Penale Internazionale e all’ONU.
Sia il ministro Rodriguez che il presidente Maduro hanno anche anticipato che il piano golpista, contenuto in un pendrive in possesso di un mercenario catturato prevedeva, oltre all’assassinio di Maduro e di altri dirigenti chavisti, anche l’eliminazione di personaggi di opposizione considerati d’intralcio.
E in questi giorni l’Assemblea Nazionale ha approvato l’apertura di due commissioni d’inchiesta relative all’operazione Gedeone: una interna relative alle responsabilità di Guaidó, dei suoi assistenti, dei contractor nordamericani, dei narcotrafficanti e degli ex agenti dell’agenzia antidroga USA (la DEA), e un’altra per chiedere al Congresso nordamericano e a quello colombiano spiegazioni in merito alla partecipazione dei loro reciproci governi nell’aggressione militare contro il Venezuela.
Fino a quando il presidente colombiano Ivan Duque continuerà a negare ogni addebito? Il coinvolgimento del suo governo – ha detto Jorge Rodriguez – è dimostrato dalle dichiarazioni concordanti dei mercenari catturati, che raccontano di essersi allenati in prossimità della polizia colombiana. Una presenza che il governo bolivariano aveva segnalato con precisione a quello di Ivan Duque, ma senza esito.
E, intanto, dopo il ritrovamento di tre lance dell’esercito colombiano, apparentemente alla deriva lungo le coste venezuelane dov’è stata sventata l’invasione, la Colombia ha detto di aver aperto un’inchiesta e di aver sospeso dall’incarico alcuni militari per presunta disattenzione...
La prossima seduta dell’AN convocherà le persone coinvolte nell’inchiesta per interrogarle sull’operazione Gedeone che, intanto, ha già provocato reazioni da parte di deputati progressisti, sia negli Stati Uniti che in Colombia. Ma le dichiarazioni del candidato dei Democratici, Joe Biden, indicano che, anche se Trump venisse sconfitto alle elezioni del prossimo novembre, l’atteggiamento contro il Venezuela e Cuba non muterebbe: le sanzioni – ha detto Biden – continuerebbero. E, d’altro canto, fu il democratico Obama a imporre per primo le “sanzioni” al Venezuela, mentre la sua Segretaria di Stato, Hillary Clinton, continuava la politica di ingerenza nel continente latinoamericano.
Intanto, ieri, il governo bolivariano ha denunciato un nuovo sabotaggio alla rete idrica, e ha annunciato che tutto il popolo è in allerta per la possibilità di altre aggressioni. “È la guerra di tutto il popolo”, ha detto Maduro lodando il coraggio dei pescatori del villaggio di Chuao, che hanno bloccato alcuni dei mercenari.
E che dire del silenzio del Parlamento Europeo, sempre pronto a dare lezioni di democrazia al Venezuela del “dittatore” Maduro? Sulla pagina web della Silvercop USA, Jordan Goudreau sostiene di aver prestato i suoi servizi alle squadre speciali dell’esercito in Francia, Italia e Germania, dove uno dei mercenari catturati afferma di essere stato contrattato.
Un silenzio ben custodito dai grandi media, disposti a spaccare il capello in quattro quando si tratta di sviscerare un pettegolezzo di palazzo in Europa o negli USA, o a ripetere fino alla noia le “gesta” di insulsi personaggi dell’opposizione venezuelana per renderli bene accetti all’opinione pubblica occidentale, ma anche tanto attenti a non scontentare il padrone.
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