di Maurizio Vezzosi
Sono passate ormai alcune settimane dall’arresto di Vitalij Markiv, volontario e comandante di uno dei battaglioni punitivi che secondo la Procura di Pavia fu uno dei responsabili nell’omicidio del giornalista Andrea Rocchelli consumatosi nei pressi di Sloviansk (Ucraina Orientale) il 24 Maggio del 2014 e del suo interprete, oltre che nel grave ferimento del giornalista francese William Roguelon rimasto poi invalido. L’arresto di Markiv ha compromesso la già scarsa lucidità del governo ucraino, furioso di fronte al fatto che gli amici – o presunti amici – italiani abbiano addirittura osato mettere in stato di arresto un “eroe nazionale” come Markiv.
No, a Kiev non se lo aspettavano, e tantomeno si aspettavano che la Procura di Pavia confermasse non solo la non collaborazione sul caso Rocchelli da parte delle autorità ucraine, ma che addirittura dicesse a chiare lettere che le indagini sono state ostacolate da queste ultime, confermando quanto dichiarato dai genitori di Rocchelli nell'intervista pubblicata da L’Espresso a firma di Lucia Sgueglia. Sulla vicenda segnaliamo anche l’interrogazione parlamentare presentata da Luigi Manconi ed una ricostruzione pubblicata da Volga Newsletter.
Per completare il quadro politico con cui si trova ad dover fare i conti l’élite ucraina è importante ricordare che alcune settimane prima dell’arresto di Markiv, l’europarlamentare Eleonora Forenza – a cui abbiamo dato ampio spazio – aveva deciso di recarsi in Donbass portando la propria solidarietà agli insorti di Donetsk e Lugansk.
Alcune settimane dopo l’arresto di Markiv, invece, ancora Eleonora Forenza si è fatta promotrice di un’importante conferenza - a cui chi scrive non ha mancato di dare visibilità - che si è tenuta a Bruxelles presso gli Uffici del Parlamento Europeo durante la quale - oltre alla stessa Forenza - sono intervenuti numerosi deputati europei.
La sommatoria di questi eventi, peraltro in un lasso di tempo assai ridotto, ha scatenato il livore dell’elite golpista di Kiev, che non ha mancato di indirizzare verso l’Italia delle prevedibili risposte.
Kiev chiede l’estradizione per processare per terrorismo chiunque – soprattutto gli italiani - sia recato nei territori sui quali non esercita la propria sovranità di fatto da circa tre anni, fa coprire di minacce ed insulti deputati, solidali e giornalisti: come se già non si fosse oltrepassata la soglia del grottesco, ecco che, sul calco di copioni già visti e commentati – Kiev ripropone la pratica delle liste nere, in cui figura come “antiucraino” e “terrorista” chiunque abbia avuto il coraggio di criticare pubblicamente le responsabilità dei vertici poltiici e militari.
Non pago di Myrotvorets, banca dati dei presunti nemici dell’Ucraina a disposizione di scribacchini, diffamatori e macellai neonazisti, l’apparato ucraino sta utilizzando nuove tecniche per screditare e minacciare chiunque non si faccia intimore né dagli insulti, né dallo spettro dalle galere dove sono rinchiusi migliaia di oppositori e prigionieri politici, né dalle migliaia di morti che pesano come macigni sulle spalle dell’apparato ucraino e che ne comprovano la condotta.
La macchina del fango si rimette in moto. Dmitrij Sneghirev, ad esempio, è una voce autorevole dell’apparato ucraino: ex militante del partito neonazista Svoboda – da cui è fuoriuscito polemizzando con la linea “troppo morbida” del partito - è uno dei principali inquisitori del dissenso ucraino, diffamatore di giornalisti scomodi e – chiaramente - dei ribelli del Donbass.
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