Bombe, sfruttamento e terrorismo: le tante guerre del Qatar



di Marinella Correggia

Giorni fa, l’emirato del Qatar si è opposto con successo al reintegro della Siria nella Lega araba, dalla quale era stata sospesa nel 2011. Un ritorno ormai favorito perfino dall’Arabia saudita (e dagli Emirati arabi uniti i quali da tempo hanno riaperto canali diplomatici ed economici con Damasco), la quale pure aveva sostenuto in Siria vari gruppi armati antigovernativi, alla pari degli altri paesi del Golfo. Doha ha precisato che rimane ferma la necessità di “perseguire legalmente le autorità di Damasco per i crimini commessi, che non possono avere prescrizione” https://www.agenzianova.com/a/6445ab2c14f676.68413893/4332999/2023-04-21/siria-il-qatar-ribadisce-il-suo-fermo-rifiuto-del-reintegro-di-damasco-nella-lega-araba e che “la posizione del Qatar è soprattutto legata a un cambiamento sul terreno che risponda alle aspirazioni del popolo siriano” https://www.alquds.com/en/posts/66224. La presunzione di un emiro assoluto che nessuno invece mette in discussione.

Anzi.

Agli inizi di marzo, Doha era stata scelta dalle Nazioni unite per la Quinta conferenza delle Nazioni unite sui Paesi meno sviluppati (Least Developed Countries, Ldcs https://unctad.org/topic/least-developed-countries/list), una partnership per aiutare le 46 nazioni in gran parte africane a raggiungere entro il 2030 almeno alcuni dei 17 Obiettivi dello sviluppo sostenibile (Sdg). Peraltro, la Quarta Conferenza si era svolta nella Turchia di Erdogan.

EPPURE IL QATAR HA DANNEGGIATO in molti e diversi modi proprio quei paesi; e non solo. Intanto, la ricchezza dell’emirato, con redditi pro capite fra i più elevati al mondo, in una assoluta polarizzazione rispetto agli Ldcs, si fonda sull’estrattivismo del gas.

QUANDO SI TENNE PROPRIO A DOHA LA COP18 (Conferenza delle parti dell’Onu sui cambiamenti climatici) nel 2012, gli ambientalisti sottolinearono un piccolo dettaglio: l’emirato avesse le emissioni di gas serra più elevate al mondo, una specie di Dracula del clima (https://www.mondialisation.ca/le-qatar-dracula-du-climat/28905). Le ricadute del caos climatico sono particolarmente forti proprio nei paesi meno sviluppati.

LO SFRUTTAMENTO MORTALE DEGLI OPERAI STRANIERI emigrati in Qatar e provenienti proprio da paesi nella lista dei 46, come il Bangladesh o lo Yemen, è da tempo denunciato ed è emerso, peraltro impunemente, nel corso dei lavori di costruzione per i campionati di calcio del 2022, che il Qatar si è aggiudicato con le mazzette.

PECUNIA NON OLET E COSI’ NEMMENO IL QATARGATE è riuscito a offuscare l’immagine dell’emirato. E poi non c’è stato bisogno di petrodollari a deputati e organizzazioni per insabbiare il ruolo guerrafondaio dell’emirato e il suo contributo alla diffusione internazionale del terrorismo, soprattutto in Africa: parlamenti occidentali hanno semplicemente ignorato tutta la partita, fattasi bollente dal 2011.

IL QATAR, FRA I DICIOTTO MAJOR NON-NATO ALLIES (principali alleati non membri della Nato - Mnna) degli Stati uniti dal gennaio 2022 https://www.ispionline.it/en/pubblicazione/future-qatar-major-non-nato-ally-us-33071, oltre a fare shopping multimiliardario in Europa è maestro nel farsi assegnare grandi eventi: perfino, nel 2012, la Cop18 https://www.dirittiglobali.it/2012/01/il-qatar-dracula-del-clima/, conferenza Onu delle parti sul clima. Come se si affidasse la banca del sangue a Dracula, visto che la petromonarchia in quello stesso anno contava le maggiori emissioni mondiali di gas serra pro capite.

NEL SUO RUOLO BELLICOSO DAL 2011, DOHA è stata capace di presentarsi come paladina dei popoli in rivolta, ma in realtà è stata determinante nel disfacimento della Siria (e vi contribuisce tuttora) e nella guerra della Nato in Libia con il successivo caos (al quale contribuisce tuttora). Allo scopo ha messo insieme azioni militari dirette (cacciabombardieri) e appoggio a gruppi armati, disponibilità finanziarie e influenza mediatica. A proposito di quest’ultima: Doha si era guadagnata credibilità presso l’opinione pubblica araba con la sua tivù al-Jazeera la quale, in Iraq nel 2003, aveva mostrato una certa indipendenza dalla posizione Usa-Uk (https://www.aljazeera.com/news/2013/4/11/iraq-the-deadliest-war-for-journalists. La tivù mediorientale, che ha cercato di offrire al pubblico una visione almeno in parte alternativa alla narrazione fornita dai media occidentali (si pensi alle vicende di Hamas a Gaza) ha contribuito a fare del Qatar una potenza geopolitica ed è stata determinante nel far passare come umanitari i sette mesi di bombe sulla Jamahiryia araba libica nel 2011.

I BOMBARDAMENTI SULLA LIBIA PER SETTE MESI NEL 2011 videro il Qatar in prima fila insieme ai paesi della Nato, come forza aerea dei «ribelli». Ha commentato Patrick Terry dell’Institute of foreign and comparative law https://www.jstor.org/stable/24585876: «Nato e Qatar bombardando la Libia violarono il mandato della risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che aveva deciso una no-fly zone» (oltretutto sulla base di notizie false di repressioni e assassini di massa da parte del governo della Jamahiryia). Questi sviluppi deviati screditarono la cosiddetta Responsabilità di proteggere (R2P) inventata dagli Stati uniti. Nel regime change libico, Al Jazeera ebbe un grande ruolo mediatico per via del prestigio dell’emittente, che la rendeva più credibile agli occhi delle popolazioni arabe rispetto ad altri organi, come la televisione saudita Al Arabyia e i media occidentali i quali ugualmente diffondevano informazioni false per legittimare l’intervento della Nato.

IL SOSTEGNO DI DOHA A JIHADISTI ANTI-GHEDDAFI illustra, nel 2011, la nuova direzione della politica regionale qatariota, con un utilizzo senza precedenti del sostegno economico, politico e militare diretto e indiretto. Il Qatar è stato uno dei primi paesi a riconoscere il National Transition Council (Ntc, Consiglio nazionale di transizione) dell’opposizione come autorità legittima e a fornire ogni genere di aiuto ai combattenti; aveva anche rivelato che centinaia dei suoi soldati erano sul campo contro l’esercito della Jamahiryia e lo stesso Ntc https://www.aljazeera.com/news/2011/11/19/ntc-asks-nato-to-extend-libya-presence . Anche il presidente a interim della Libia post-Gheddafi, Mustafa Abdel-Jalil, aveva spiegato che le forze speciali del Qatar avevano «pianificato le battaglie chiave nell’avanzata» https://english.alarabiya.net/articles/2011%2F10%2F26%2F173833, compreso l’assalto finale al compound di Gheddafi a Bab al-Azyziya il 24 agosto 2011. Il sostegno in armi, formazione e denaro offerto dal Qatar a gruppi estremisti era stato all’inizio avallato, in funzione anti-Gheddafi, dagli Stati uniti di Obama https://www.nytimes.com/2012/12/06/world/africa/weapons-sent-to-libyan-rebels-with-us-approval-fell-into-islamist-hands.html, i quali in seguito rimproverarono l’emiro per la mancanza di trasparenza nei destinatari.

IL QATAR HA POI SOSTENUTO LO STATO ISLAMICO, IN LIBIA? Non solo Doha ma altre capitali del Golfo e l’Egitto hanno inviato armi e addestrato milizie che hanno combattuto a sostegno di uno dei due fronti interni libici durante la guerra civile post-2011. L’accusa rivolta al Qatar è quella di essere stato coinvolto in reti di finanziamento a organizzazioni terroristiche che tra il 2014 e il 2017 hanno agito sul suolo libico, quali le cellule Ansar Al-Sharia e dell’Isis (ricordiamo le immagini dei lavoratori copti decapitati sulla spiaggia di Sirte).

GLI EFFETTI COLLATERALI IN AFRICA SUB-SAHARIANA della crescita dei gruppi estremisti in Libia a partire dal 2011 venivano sottolineati già nel 2013 da un negletto studio per l’Europarlamento https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/etudes/join/2013/457137/EXPO-AFET_ET(2013)457137_EN.pdf In riferimento al Qatar, se ne indicava l’appoggio finanziario a gruppi legati ad al Qaeda e al Mujao (movimento per l’unità e la jihad in Africa occidentale). E si riportava una fonte anonima dei servizi segreti francesi (la Dgse – Direzione generale della sicurezza estera), secondo la quale molte delle armi fornite dal Qatar ai ribelli in Libia erano finite nelle mani di gruppi terroristici in Sahel e diverse note erano state mandate all’Eliseo per avvertire delle «attività» internazionali del Qatar e del suo emiroHamad Khalifa al-Thani, grande amico dell’allora presidente Nicolas Sarkozy, il primo a partire con le bombe sulla Libia.

GUERRA IN SIRIA: l’emiro di Doha e il sultano Erdogan, entrambi sostenitori dell’islam politico rappresentato dai Fratelli musulmani, hanno offerto fin dal 2011 sostegno politico, mediatico, militare e finanziario a gruppi armati, precedendo le altre monarchie del Golfo. Doha era stata fra le prime capitali a chiudere la propria ambasciata in Siria e la prima ad aprire l’ambasciata siriana delle opposizioni armate. Nel 2012, Usa, Ue, Qatar, Turchia e Arabia saudita sponsorizzano in Kuwait la creazione della Soc (National coalition of Syrian revolution opposition forces), alla quale non aderiscono i curdi, ritenendo la Soc una longa manus di Qatar e Turchia, e dominata del resto dai Fratelli musulmani. Il Qatar ha sponsorizzato un gran numero di organizzazioni dai Fratelli musulmani ad Ahrar al Sham fino all’ex Fronte Nusra, qaedista e responsabile di attentati terroristici sanguinosi https://ilmanifesto.it/per-doha-e-riyadh-passa-la-sconfitta-degli-anti-assad. Nel 2020 circa trecentotrenta rifugiati siriani hanno fatto appello all'Alta Corte di Londra accusando alcuni individui di cittadinanza qatariota di aver inviato denaro al gruppo terroristico Jabhat Fateh al-Sham attraverso la Doha Bank. https://www.thenationalnews.com/world/mena/qatar-faces-legal-action-from-330-people-who-accuse-it-of-funding-terrorism-1.1110324

ANCHE IL BOICOTTAGGIO DEI NEGOZIATI DI PACE IN SIRIA ha visto in Doha un attore determinante. Per esempio nel processo che ha portato gli Usa a emanare il Caesar Act (Caesar Civilian Protection Act), un piano di sanzioni che colpiscono pesantemente il popolo siriano, come ha rilevato di recente l’inviata dell’Alto commissariato Onu per i diritti umani (Ohchr) dopo una visita in Siria https://www.ohchr.org/en/node/104160. Il 20 gennaio 2014, due giorni prima l’avvio dei negoziati programmati a Ginevra sulla situazione in Siria (Ginevra 2), ottiene una enorme risonanza – e azioni legali e sanzioni – il «rapporto Caesar» https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N14/293/90/PDF/N1429390.pdf?OpenElement di 30 pagine organizzato in tutta fretta dallo studio legale inglese Carter Ruck & Co e realizzato da giuristi e medici legali: è basato su decine di migliaia di foto che documenterebbero la tortura e l’uccisione di 11mila detenuti nelle carceri siriane.

I FONDI, SPIEGA UNO DEGLI AUTORI DEL RAPPORTO, Desmond de Silva, alla Cnn, sono arrivati dal Qatar. Il rapporto e la mostra raccapricciante fanno il giro del mondo (arriveranno poi anche al Parlamento europeo); l’opposizione chiede le dimissioni del governo siriano e i negoziati falliscono rapidamente. Un’analisi del Christian Science Monitor (Csm) https://www.csmonitor.com/World/Security-Watch/Backchannels/2014/0121/Syria-smoking-gun-report-warrants-a-careful-read spiegava che la fretta nella realizzazione dello studio era dovuta al fatto che il committente, il Qatar, lo voleva in circolazione prima dei negoziati onusiani per condizionarli. Fra gli altri Rick Sterling su Counterpunch (https://www.counterpunch.org/2016/03/04/the-caesar-photo-fraud-that-undermined-syrian-negotiations/ hanno atto notare la superficialità del frettoloso esame delle foto e la natura non certo imparziale dei committenti e dello studio legale che aveva già lavorato per Erdogan (un altro attore fondamentale per gli anti-Assad).

LA MOSTRA E IL RAPPORTO «CAESAR» hanno avuto un grande peso nel mantenimento e allargamento delle sanzioni alla Siria, raggiungendo l’obiettivo di spaventare chi volesse investire nella ricostruzione del paese, e di accentuarne le gravissime difficoltà economiche https://russiancouncil.ru/en/analytics-and-comments/analytics/the-caesar-act-a-new-challenge-for-syria/ .

IL QATAR E’ ATTUALMENTE L’UNICO PAESE DEL GOLFO a opporsi alla riammissione della Siria nella Lega araba e alla normalizzazione dei rapporti con Damasco https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/syrias-normalization-momentum-32594 . Lo riferiva mesi fa l’agenzia Doha news (https://dohanews.co/qatar-stresses-need-to-prevent-impunity-in-syria-to-halt-crimes-against-humanity/) citando le comunicazioni della missione permanente del Qatar all’Assemblea generale dell’Onu.

YEMEN: FINO ALLA ROTTURA CON I SAUDITI, il Qatar ha giocato un ruolo importante nei bombardamenti e nel blocco del paese mediorientale, già in perenne emergenza, contribuendo a provocare uno fra i disastri umanitari più gravi dei tempi moderni.

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