Dovrebbe approdare al Senato (per l’interessamento del parlamentare PD Luigi Manconi Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani) la mostra delle
“Foto di Caesar”: il sedicente “fotografo della Polizia di Assad incaricato di fotografare i prigionieri poco dopo la loro esecuzione”. Un evidente falso, oramai considerato tale persino da membri del Congresso USA, - già analizzato nei suoi svariati aspetti (si veda
qui,
qui, qui,…) - e che un recente
libro, pubblicato anche in Italia, ha cercato maldestramente di riabilitare.
Un evidente falso che proprio in questi giorni è stato ulteriormente sbugiardato dal
Report “The Caesar Photo Fraud” redatto da Rick Sterling (pubblicato nel sito
CounterPunch e sintetizzato in italiano nel sito
Comedonchisciotte) e dalla davvero esaustiva indagine (siamo già alla settima puntata!), condotta da un team di ricercatori coordinato da Adam Larson e pubblicata sul sito
libyancivilwar.
La mole delle documentazioni che evidenziano le incongruenze e le falsità che costellano l’”Operazione Caesar”
(finanziata, si badi bene, dal governo del Qatar) meriterebbe ormai un chilometrico articolo. Meglio, quindi – attingendoli dai Report di Sterling e di Larson – limitarci qui a segnalare un
video che documenta coloro che, davvero, sono raffigurati nelle “foto di Caesar” e una faccenda davvero grottesca: quella del sito “pro ribelli”
SAFMCD che supporta l’”Operazione Caesar”, raccattando un po’ dovunque foto di morti; foto, tra l’altro, che il SAFMCD filigrana con il proprio logo, nella verosimile speranza di farsi pagare il copyright se qualcuno va a ripubblicarle sul web o su stampa..
E tra le numerose (e spesso, raccapriccianti) che affollano il sito del SAFMCD,
due foto non possono che sbalordire: mostrano, inequivocabilmente, due degenti in qualche ospedale, ai quali, dopo la loro morte è stato apposto sulla fronte
l’etichetta per la morgue. Etichetta che, ovviamente, è stata resa illeggibile dai redattori del SAFMCD. Magari così riescono meglio a vendere le foto a qualche giornalista.
Francesco Santoianni