"La storia farà giustizia". C. Borghi Aquilini

di Alessandro Bianchi

Claudio Borghi Aquilini. Professore di Economia degli Intermediari Finanziari all'Università Sacro Cuore di Milano. Editorialista de il Giornale ed Autore di Investire nell'arte, Sperling & Kupfer (2013).

- Professore, Lei ha avuto il merito di essere tra i primi economisti italiani a focalizzare la crisi sul suo problema principale: l'insostenibilità della moneta unica per un paese come l'Italia. Oggi anche i più ferventi sostenitori del "sogno" federale degli "Stati Uniti d'Europa" hanno iniziato ad ammettere che c'è un problema. Perché, secondo Lei, l'uscita dalla zona euro è l'unica soluzione possibile e come risponde a coloro che prima di un tale passo chiedono la formazione di un cartello dei paesi dell'Europa del sud per forzare Bruxelles, Berlino e Francoforte a cambiare le loro politiche?
Ci sono solo tre vie d'uscita possibili da questa situazione e due (taglio dei salari e trasferimenti interni dalla Germania a noi) non sono né realistici né desiderabili. Rimane lo smantellamento della zona euro.

- Nei media si utilizzano tre argomenti principali per descrivere l'impossibilità di un ritorno alla lira: il rischio d'inflazione ad i livelli di Weimar, l'incapacità di competere con i nuovi giganti commerciali come la Cina e le inevitabili ritorsioni da parte della Germania. Sono dei rischi realmente concreti?
L'arsenale del terrorismo informativo è mirato ad impedire l'uscita dall'euro rendendola difficile proprio per il rischio di panico dei risparmiatori. In realtà l'inflazione credo che in tutto il mondo occidentale sia l'ultimo dei problemi e anzi, mi pare che in tanti stiano cercando disperatamente di crearla. Quanto al discorso delle dimensioni sarebbe sensato se si dovesse giocare a tiro alla fune, ma dobbiamo commerciare e lo si fa con i prodotti e con i prezzi. Nessun aiuto ci viene dai nostri partner europei, per i quali siamo a nostra volta concorrenti. La Germania poi non può ritorcere nulla perché esporta verso di noi più di quanto esportiamo noi verso di loro.

- Già nel novembre del 2011, quando il governo Berlusconi fu costretto alle dimissioni dopo la famosa lettera della Bce, Lei scrisse come si stesse compiendo "il delitto perfetto" da parte della tecnocrazia: utilizzare la leva dello spread per sovvertire le scelte democratiche ed imporre esecutivi amici. Esperimenti portati a termine anche in diversi altri paesi. Cosa è cambiato da questo punto di vista dal governo Monti a quello Letta?
Letta è meno spudorato di Monti nel suo asservimento ai voleri europei ma è solo questione di immagine, nei fatti sono tutti e due dei semplici esecutori.

- Con i programmi di salvataggio, la troika ha fino ad oggi imposto macelleria sociale e svendita delle aziende pubbliche. Per l'Italia, Cottarelli, Saccomanni e Letta preferiscono utilizzare spending review e privatizzazioni, ma il senso non cambia poi molto. In un'economia depressa e ad un passo dalla deflazione, si può davvero pensare di ridurre il debito vendendo quote dei nostri "gioelli di stato"?
Se l'Italia svende le proprie partecipazioni strategiche per ripagare una fetta minuscola del proprio debito mi domando cui prodest. Dato che gli investitori da rassicurare sono quelli futuri e che il ripagamento del debito si indirizza a quelli passati sorge un problema: non ho mai visto un creditore rassicurato dal fatto che il proprio debitore svenda i suoi gioielli per ripianare crediti altrui.

- Storicamente le grandi battaglie per la democrazia hanno visto i popoli lottare per eliminare il controllo di budget ed imposte all'arbitrarietà di pochi, ponendolo sotto il controllo sovrano parlamentare. Nel silenzio generale, l'Unione Europea ha compiuto esattamente il procedimento inverso. L'Italia ha già versato al Mes, il Fondo salva Stati, 15 miliardi – 50 se si considerano tutte le alchimie finanziarie create dal 2010 - per un totale di 125 miliardi rinnovabile potenzialmente all'infinito e che servirà per salvare una seconda volta le banche dopo gli stress test in corso. In questo contesto, come giudica il fatto che il nostro paese debba poi elemosinare due miliardi di euro e la possibilità di sforare dal Patto di stabilità per intervenire nell'emergenza in Sardegna?
Il modo in cui i nostri governi ci hanno svenduto ad interessi economici esteri è vergognoso e la storia farà giustizia. In quest'Europa tutti vengono pagati direttamente (con finanziamenti) o indirettamente (con il recupero dei crediti). Solo noi paghiamo e basta pur essendo in crisi.

- Lei ha recentemente dichiarato come la disoccupazione di massa sia l'inevitabile risultato di una moneta troppo forte. Non ritiene che, anche fuori dall'euro, la società del 2014 non possa più permettersi logiche basate solo sulla crescita infinita ed iniziare a pensare a modelli di sviluppo alternativi, oppure giudica l'utilizzo delle politiche keynesiane l'unica via percorribile?
Fra la crescita infinita e vent'anni di stagnazione direi che ci sono numerose vie di mezzo. Io comunque sono anti-ciclico: keynesiano in recessione e liberista in crescita.

- Si vive una fase di grande confusione politica per quel che riguarda la critica all'architettura istituzionale europea ed il rischio è che in questo modo molte forze vengano disperse. Che tipo di legittimità e credibilità possono avere secondo Lei partiti che sono al governo o che hanno rappresentanti a Bruxelles o Strasburgo da oltre vent'anni e che oggi promettono di battere i pugni sul tavolo?
I partiti sono quasi tutti compromessi, occorrerà credibile autocritica, ma dovranno essere molto convincenti e mi sembra una bella impresa. Il primo test sarà la qualità delle persone inserite in lista.

- Cosa si aspetta dalle elezioni del Parlamento europeo del prossimo maggio?
Mi aspetto una forte affermazione delle forze antieuriste, a cominciare dal Front National in Francia.

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