Per consultare la prima parte dell'Intervista a Luciano Barro Caracciolo: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=6684
di Alessandro Bianchi
- Si tratta di quello che Lei nel suo libro definisce internazionalismo dell'indistinto?
L'internazionalismo dell'indistinto è esattamente parte di questa strategia: ne è il livello mediatico. E' una metonimia, vale a dire si ascrive il significato di una parte al tutto. Siamo abituati ad associare l'internazionalismo
tout court a quello cooperativo – in relazione in particolare le ragioni della pace e della cooperazione avevano portato alla costruzione dell'Onu e delle altre organizzazioni internazionali sue gemelle. E
quest'associazione “ideale” viene utilizzata per estendere questa determinata caratteristica ad ogni organizzazione internazionale. L'internazionalismo dell'indistinto consente poi di attrarre in questa etichetta anche le forze (ex o post)-marxiste, molto legate all'internazionalismo del proletariato, senza che le loro basi politiche vedano la rottura della continuità e la frattura dalle origini mitizzate.
- Cosa ha spinto i partiti della sinistra a lasciarsi omologare nell'internazionalismo liberista dagli anni'80?
Più che omologazione direi che la sinistra ha aderito in modo intenzionale a questo processo. L'idea era quella di stabilizzare la sua presenza di governo una volta caduta l'Urss e finita la paura dei carri armati sovietici. Per quest'obiettivo ha scelto di legarsi a correnti culturali precise, che avevano nell'internazionalismo liberista un punto di riferimento fondamentale. Questa è la contraddizione che sarebbe insanabile se non fosse stata accuratamente nascosta. Ancora oggi, del resto, attraverso le fonti mediatiche apparentemente di sinistra, viviamo l'equivoco di una scissione meramente di facciata fra neo-liberismo libero-scambista mondiale e politiche europee. Da un punto di vista sostanziale ciò risulta decisivamente ingannevole.
- Il paradosso più grande nella crisi di oggi è che quella stessa visione che ha prodotto il dramma sociale in cui vive oggi il continente continui a farsi promotrice ed imporre le soluzioni per uscirne. Come è stato possibile permetterglielo?
Quando si è verificata quella saldatura tra il potere finanziario che si prefigge come obiettivo il ritorno all'economia ante crisi del 1929 ed i partiti che hanno la maggior presa sui settori sociali che si potevano opporre, chiaramente si sono create le premesse per un agglomerato di forza praticamente inarrestabile. I corollari sono evidenti: da un lato, il dominio sull'accademia e sui modelli culturali impressi alla società attraverso università e ricerca, che avallano questo disegno per una sorta di sinergia volta all'autoconservazione; dall'altro, il dominio sul sistema mediatico posto sotto il diretto controllo del potere finanziario per le stesse finalità. Ed è una strategia accurata che von Hayek aveva previsto esattamente in questi termini quando aveva chiarito come il controllo dell'economia sulla società è un controllo globale e riguarda il controllo di tutti i mezzi ai fini prefissati. Ogni mezzo diviene idoneo per determinare i fini apparenti, “ciò che gli uomini che devono credere e affannarsi”, presupponendo un controllo culturale totale.
- Ed i risultati sono ormai noti: deflazione salariale, perdita dei diritti sociali acquisiti, un circolo vizioso recessivo e deflattivo senza fine...
C'è qualcosa di più che voglio far emergere nel mio libro. Questi risultati sono emblematici, e servono soprattutto agli economisti per attualizzare a posteriori gli effetti delle teorie macroeconomiche applicate nell’area euro ed identificarle. Ma se andiamo a vedere sul piano giuridico, questo era evidente fin dall'inizio, dato che la volontà normativa al vertice delle fonti UE indicava una scelta politica irreversibile e chiaramente enunciata. Le conseguenze prodottesi negli anni successivi erano tutte già contenute nei trattati, si trattava solo di un potenziale che doveva essere espresso con quella gradualità strategica caratteristica dell'ordo-liberismo.
Dal suo punto di vista, l'ordo-liberismo è un capolavoro perchè è riuscito ad invertire il senso del conflitto sociale e ci è riuscito avendo dalla sua la cooperazione di coloro che ne sono maggiormente danneggiati.
- Si è trattato di un processo che possiamo ascrivere alla piena legalità formale?
La risposta è si per quello che è il modo comune di intendere le norme dei trattati nelle loro interazioni ed interferenze con le norme costituzionali. Ma questa legalità formale è salvata solo dal fatto che senza colpo ferire si è lasciata la loro interpretazione a banchieri e ad esponenti della finanza. I nostri costituzionalisti non sembrano ancora in grado di leggere i trattati con il dovuto bagaglio di conoscenza del liberismo e dell'implicita teoria dello stato minimo hayekiano, strutturato in modo da consentire alle forze del mercato di raggiungere la massima efficienza della struttura del capitale attraverso deflazione e disciplina irreversibile del mercato del lavoro. Al contrario, se si fosse stati attenti a identificare un conflitto di norme, l'interprete avrebbe dovuto utilizzare tutti i mezzi interpretativi, compresa la sociologia, vale a dire i rapporti di forza della società, ed il contesto storico-sistematico e non ultima l’attendibilità economica delle teorie correttamente identificate.
Se si compisse una corretta interpretazione, ci si accorgerebbe come
i trattati sono una fonte neo-liberista in violazione palese dello spirito e dei principi intangibili della nostra Costituzione. Il problema è che non c'è oggi una capacità di rilettura della Costituzione economica, intesa come strettamente dipendente dai principi fondamentali – in primis il lavoro. Una volta era del tutto pacifico che la nostra Costituzione avesse rigettato ed espulso totalmente il neo-liberismo. Oggi, di fronte al disastro dilagante, si denunciano generiche oligarchie come se fossero svincolate da dinamiche normative che implicano l'affermazione prevalente dei trattati e la violazione della Costituzione da parte di forze facilmente identificabili che hanno sempre spinto verso la costruzione europea.
Leggi anche la Seconda Parte dell'Intervista a Luciano Barra Caracciolo: Come liberarsi tecnicamente dal vincolo euro