In una rara
rottura del protocollo diplomatico tra Banche centrali, la Fed ha attaccato a viso aperto le politiche scelte dalla Bce.
In
Top Fed economist slams 'incoherent' ECB, Ambrose Evans Pitchard riporta un recente rapporto di un importante economista della Banca centrale americana,
Robert Hetzel, che sostiene come l'istituzione guidata da Mario
Draghi è intrappolata in problemi istituzionali e
agisce su premesse sbagliate, vale a dire che il collasso dell'euro-zona sia determinato dal debito eccessivo quando la vera causa è la mancanza di crescita.
Le scelte della Bce hanno così peggiorato la crisi del debito che poteva invece essere evitata. “La Bce manca di una strategia coerente per creare la base monetaria richiesta per sostenere la ripresa”. Hetzel ha poi invocato un acquisto consistente di prestiti delle piccole imprese, oltre a pacchetti di debiti del governo tra gli stati membri, inclusi i bond tedeschi. “La Bce deve essere chiara che i
paesi in surplus dovranno attendersi inflazione superiore al 2% per un periodo prolungato e spiegare all'opinione pubblica tedesca che si tratta di un risultato favorevole”, ha proseguito.
Inoltre, prosegue Evans-Pitchard citando il rapporto di Hetzel, la Bce deve smettere di usare la politica monetaria come leva per cambiamenti strutturali e finire la sua politica di contrazione.
Lasciando giovedì invariati i tassi d'interesse nonostante la liquidità nell'eurozona si stia contraendo, Mario Draghi ha dimostrato di non voler cambiare strategia e di non accogliere i “consigli” della Fed. Per spiegare la sua scelta, il presidente della Bce ha dichiarato che ci sono segnali di un ritorno della fiducia dopo sei quarti di recessione, affermando che “una graduale ripresa nell'attività economica nella parte rimanente dell'anno e del 2014”.
Con questa decisione, del resto, la Bce ha anche ignorato avvisi similari che arrivavano dal Fmi e dall'Osce. La Bce ha cercato di contrastare lo shock di credito che proviene dalla nuova strategia di Bernanke adottando una nuova politica di “forward guidance” e promettendo di mantenere bassi i tassi d'interesse per un periodo prolungato. Ma le parole hanno ormai pochi risultati concreti tra i mercati. Descrivendo i tassi negativi d'inflazione in Spagna, Grecia e Cipro come un effetto o come una nota positiva di aggiustamento dei prezzi, Draghi ha presagito eventuali cali tassi d'interesse, ma sempre con toni rassicuranti per la Germania. “Non vediamo aspettative autodeterminate sulle diminuzioni dei prezzi nella zona euro”, ha dichiarato.
Secondo Jacques Cailloux di Nomura, al momento la preoccupazione maggiore è la restituzione di 1 trilione di euro in prestiti bancari elargito dalla Bce: le banche hanno riconsegnato il 60% circa dei soldi, contribuendo ad allargare la contrazione di liquidità al settore privato: non è un caso le vendite al dettaglio in Germania e Francia siano calata bruscamente a giugno e gli ultimi dati WDMA parlano di un crollo del 7,6% di ordini esteri per le autovetture tedesche.
Gli ottimisti di una possibile ripresa a breve dell'euro-zona hanno accolto trionfalmente le buone notizie
recenti sull'aumento della fiducia del settore privato, ma, conclude Evans-Pitchard, l'aumento degli indici di PMI - come affermato correttamente da Neil Mellor di BNY Mellon - possono essere fuorvianti dopo una lunga recessione. “Bisogna dare il giusto peso a questi dati. L'Europa sta solo cercando di rialzare la testa dal fosso e non ci son segnali di una ripresa della crescita. Ad oggi,
i tassi sui bond italiani sono al 4,4% ed il suo Pil nominale continua a contrarsi questo significa che l'andatura del debito resta ancora non sostenibile”.