Ci risiamo. E di nuovo tutti i giornali a riscrivere il nuovo messaggio di minaccia a Roma da parte dell'Isis. Addirittura ora lo Stato Islamico avrebbe lanciato l'hastag #arriveremoaRoma. Ma la fonte è sempre quella attendibile. Sempre la stessa: “Lo ha dichiarato Rita Katz di Site”. Vi avevamo già mostrato, citando un approfondimento di Augusto Rubei, come la Katz e la sua agenzia non abbiano tutte le credenziali di credibilità: un ebrea irachena con un odio verso il mondo arabo per la morte atroce del padre su ordine di Saddam, che ha servito l'esercito israeliano e che nel momento di lasciare Israele per seguire il marito ha dichiarato: nessun israeliano dovrebbe mai lasciare lo Stato ebraico perché “gli appartiene”. Insomma non proprio la persona con tutti i canoni di imparzialità, diciamo così. Se a questo aggiungiamo che la sua agenzia, riferimento mondiale di tutti i messaggi jihadisti per i media occidentali, è finanziata dai servizi di intelligence americani e non meglio precisati gruppi economici, non si tratta della migliore fonte in un momento di tensione come questo. Ma provatelo a spiegare ai giornali italiani del copia e incolla.
Dal nostro articolo precedente sull'approfondimento di A. Rubei:
Ad esempio la storia di Rita Katz, sua direttrice e co-fondatrice, il cui nome in queste ore campeggia su tutte le pagine dei giornali italiani. Chi è? Da dove viene? La Katz nasce nel 1963 a Bessora, in Iraq. Araba e di famiglia ebraica, dopo la Guerra dei Sei Giorni suo padre viene arrestato dalle forze di Saddam Hussein con l’accusa di spionaggio in favore di Israele e dopo un anno torturato e impiccato, in pubblica piazza a Baghdad, di fronte agli applausi di mezzo milione di iracheni e di alcune danzatrici del ventre ingaggiate da Saddam per onorare l’evento. Poche settimane dopo la madre di Katz riesce a fuggire e a rientrare in Israele, nella città balneare di Bat Yam. Sono gli anni in cui Rita, ancora giovane, studia all’Università di Tel Aviv e diventa una sionista convinta, arrivando persino a dire che nessun israeliano dovrebbe mai lasciare lo Stato ebraico perché “gli appartiene”.
Il Site è oggi, attraverso il finanziamento di intelligence e non meglio precisati gruppi economici privati, il punto di riferimento per la distribuzione di tutti i messaggi segreti e i video jihadisti. Rubei prosegue: “In passato ha dato nota di comunicazioni che avrebbero anticipato imminenti attacchi kamikaze. Nel 2011 tradusse la lunga dichiarazione redatta dal Comando generale di al Qaeda a conferma del decesso di Osama bin Laden. Insomma, detta l’agenda a chi come me si occupa del tema da qualche anno e di tanto in tanto smuove anche i servizi di intelligence internazionali. Li condiziona, così come le scelte dei loro governi. Per questo è opportuno chiarire alcuni punti. Rita Kazt continua a dire di scovare i suoi video, come quello della decapitazione del giornalista americano Steven Sotloff, in alcune chat room jihadiste protette da password. Ci monta su il logo del Site e li distribuisce al mondo con una traduzione in lingua inglese. Così costruisce la realtà, o buona parte di essa, sui filmati e le minacce dello Stato islamico oggi, e di al Qaeda ieri. Ma chi ci dice che una società privata, con risorse limitate, possa svolgere un lavoro migliore delle agenzie governative?”. Domanda legittima, a cui ne segue un'altra: ora che l'Italia si appresta a un intervento militare in Libia intende dotarsi di un proprio organo di filtraggio o continuerà ad appaltare il tutto ad una società privata finanziata dalle agenzie di intelligence americane, da non meglio precisati gruppi privati e gestita da una sionista dichiarata con un odio profondo verso il mondo arabo? L'unica cosa certa è che ai giornali italiani è bastato e basterà dire: “Lo riporta Rita Kaz di SITE”.
Il farsesco governo Renzi, che nei giorni scorsi ha paventato possibili invasioni prima di essere duramente reguardito da Washington e tornato sui suoi passi, non ha saputo difendere la città neanche da un gruppo di tifosi ubriachi, figuriamoci cosa potrebbe rispetto a queste minacce di Rita Katz.
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