Est Ucraina: i crimini di guerra ignorati dall’occidente


di Eugenio Cipolla

La firma tanto attesa è arrivata ieri mattina, quando Volodomyr Groisman, presidente della Rada, il parlamento ucraino, ha firmato un decreto con cui il paese, nelle regioni orientali di Donetsk e Luhansk, rinuncerà a rispettare alcune norme stabilite dalla convenzione internazionale sui diritti umani. Nel provvedimento, approvato la scorsa settimana, c’è scritto chiaro e tondo che l’operazione antiterrorismo contro i separatisti filorussi, così chiamata dal governo di Kiev, non è conforme con gli obblighi in tema di protezione dei diritti umani. Il decreto ha scatenato due reazioni diametralmente opposte. Da una parte quella inesistente dell’occidente, rimasto per l’ennesima volta in silenzio di fronte a un provvedimento più che controverso, dall’altra quella indignata di molte Ong, le quali in questi mesi hanno monitorato la situazione (drammatica) dei diritti umani in est Ucraina.
Tra queste c’è Human Rights Watch, che ha attaccato duramente Kiev, sostenendo che «non ha carta bianca per ignorare le convenzioni delle Nazioni Unite in materia. L'Ucraina ha derogato ai suoi obblighi sulla convenzione dei diritti umani, il che significa che introdurrà restrizioni su alcuni diritti. La legge internazionale afferma che gli Stati lo possono fare quando sono in guerra o in uno stato di emergenza, ma non dà loro carta bianca», ha spiegato Rachel Denber, portavoce dell’organizzazione, precisando che eventuali restrizioni «dovranno essere giustificate, proporzionate e non discriminatorie. Non possono ignorare – ha aggiunto – diritti fondamentali come il diritto alla vita, il divieto della tortura o di schiavitù».
Da Kiev per ora nessuna replica ufficiale, anche perché una risposta piccata alimenterebbe ulteriormente le polemiche. Intanto nei giorni scorsi Amnesty International ha diffuso nuove prove sui crimini di guerra commessi in Donbass, pubblicando un rapporto preciso e dettagliato dove si parla di torture e uccisioni sommarie di prigionieri ad opera di entrambe le parti in conflitto. «All`ombra del conflitto ancora in corso nell`Ucraina orientale – ha detto John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International - le nostre ricerche sul campo hanno raccolto denunce di tortura tanto frequenti quanto scioccanti. Oltre 30 ex prigionieri, catturati da entrambe le parti, hanno fornito resoconti credibili e orribili di ciò che hanno vissuto».
Nel documento si parla di ex detenuti picchiati fino a spezzargli le ossa, torturati con la corrente elettrica, presi a calci, accoltellati, appesi al soffitto, privati del sonno per giorni e di cure mediche urgenti, minacciati di morte e sottoposti a finte esecuzioni. «Prigionieri di entrambe le parti hanno subìto pestaggi e finte esecuzioni. Abbiamo anche documentato uccisioni sommarie ad opera dei gruppi separatisti. Ricordiamo che torturare o uccidere deliberatamente persone fatte prigioniere durante un conflitto è un crimine di guerra». A sostegno delle testimonianze, Amnesty ha mostrato prove evidenti, tra le quali fotografie di bruciature, di cicatrici e denti mancanti, radiografie di ossa fratturate e cartelle cliniche.
Dei 33 soldati torturati intervista dall'organizzazione, 17 sono vittime dei separatisti, mentre 16 dell’esercito regolare, della polizia e dei servizi segreti di Kiev. «Le forze pro-Kiev e i gruppi separatisti devono porre fine a queste azioni criminali e far sì che tutti coloro che combattono ai loro comandi siano consapevoli delle conseguenze cui andranno incontro, secondo il diritto internazionale, in caso di abusi contro i prigionieri nel corso di un conflitto armato. Le autorità ucraine devono indagare su tutte le denunce di crimini di guerra e di altro genere, aprire fascicoli e raccogliere le prove degli abusi commessi dalle forze separatiste, con l`obiettivo di portare di fronte alla giustizia i responsabili di queste azioni vergognose», ha detto Dalhuisen.
Sconvolgenti le testimonianze sulle azioni del Pravij Sektor, il gruppo neonazista ucraino che in Donbass conta molti suoi militanti. Si parla di decine di civili presi in ostaggio, portati in un centro giovanile in disuso e sottoposti a crudeli torture per poi estorcere ampie somme di denaro tanto ai detenuti quanto alle loro famiglie. Amnesty International ha segnalato la vicenda alle autorità ucraine senza ricevere alcuna risposta. Nemmeno dalla parte dei filorussi, però, si sono “risparmiati”. Alcuni leader locali separatisti hanno ammesso senza problemi di aver violato deliberatamente norme di guerra.
Riassumendo, le ricerche di Amnesty International hanno verificato che entrambe le parti hanno arbitrariamente trattenuto civili che non avevano commesso alcun reato, per il mero fatto di aver espresso simpatia per la parte avversa. In alcuni si è arrivati addirittura ad arrestare e picchiare persone solo per aver scattato fotografie della protesta di Maidan o per aver avuto nella rubrica del telefono i contatti di separatisti. «In alcuni casi questi civili vengono presi per organizzare scambi di prigionieri, in altri soltanto per punire le loro idee. Questa prassi illegale e inquietante deve cessare immediatamente», ha tuonato Dalhuisen. Amnesty International si sta adoperando presso l’Onu affinché in Ucraina venga svolta una missione per visitare tutti i centri di prigionia, ma di riscontri al momento ce ne sono ancora pochi. E non stupisce visto l’assordante silenzio che regna in occidente.

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