L’arsenale nucleare israeliano: la reale minaccia per il Medio Oriente

Una delle ragioni per cui il primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu, teme tanto l’accordo nucleare con l’Iran è che l’attenzione del mondo si sposti inevitabilmente sul programma nucleare militare d’Israele, uno Stato che secondo gli esperti possiede tra le 200 e le 400 testate nucleari.
Il grosso arsenale del regime israeliano può rappresentare una grave minaccia per la regione mediorientale e per il mondo intero. Occorre ricordare che il regime israeliano, a differenza di quello iraniano, periodicamente aggredisce i suoi vicini, sganciando bombe a grappolo, al fosforo e altre armi proibite per massacrare le popolazioni civili.

Alcuni esperti israeliani hanno lanciato l’allarme su tale arsenale, compreso lo scienziato Mordechai Vanunu, ancora in prigione per aver svelato l’esistenza del nucleare israeliano e il suo programma; e il prof. Uzi Evan, ex responsabile del centro di ricerca nucleare di Dimona, nel deserto del Negev, il quale ha manifestato il suo potenziale pericolo.
Nel 2003, il generale israeliano,Van Creveld, si vantò della capacità d’Israele di raggiungere la maggior parte delle capitali europee con le sue armi nucleari.

Israele possiede almeno due centrali nucleari proibite, quella di Dimona, un regalo del governo socialista francese di Guy Mollet del 1956, e quella del centro di ricerche nucleari di Nahal Sorek, a ovest di Gerusalemme, un regalo questo, del presidente statunitense Eisenhower. La centrale di Dimona fu un compenso per i servigi prestati da Israele al colonialismo francese durante la Guerra d’Indipendenza dell’Algeria, in cui Israele aiutò la Francia a combattere l’FLN algerino grazie alle reti sioniste presenti nel Paese nordafricano.

Vanunu, neutralizzato dal bellicismo israeliano, svelò pubblicamente per la prima volta nel 1986 l’esistenza della centrale nucleare e la sua capacità di fabbricazione di testate nucleare. Questo gli valse il suo sequestro e 18 anni di reclusione. Oltre al suo isolamento e divieto di rilasciare interviste alla stampa.
Nel 2008, un quotidiano italiano svelò un grosso scandalo: Mahmud Saada, esperto e membro di una commissione internazionale responsabile della protezione in caso di guerre nucleari, informò che “le radiazioni emanate dal reattore israeliano di Dimona e dalle scorie nucleari sepolte in tre depositi sotterranei adiacenti, sono la causa di forme molto rare di tumore agli occhi e al cervello tra i bambini palestinesi del distretto di Daheriyeh, a sud di Al Jalil (Hebron), in Cisgiordania. Non vi erano altre spiegazioni per l’aumento del 60% di questo tipo di cancro.
Due anni prima, alcuni medici palestinesi, con l’appoggio dell’esperto israeliano Michael Shapira, avevano denunciato l’aumento di casi di cancro e di aborti spontanei in cinque villaggi a sud di Hebron.
Nel 2009, un gruppo di lavoratori israeliani di Dimona accusò la direzione del Centro di averli usati come cavie esponendoli all’uranio per fini sperimentali.
Ma nonostante tutti questi crimini, lo Stato d’Israele continua a godere di una totale impunità. Si rifiuta di firmare il Trattato di Non Proliferazione e impedisce le ispezioni dei suoi impianti, senza che gli si vengano applicate sanzioni. L’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA) continua a far finta di niente di fronte ad uno Stato che rappresenta il maggior pericolo nucleare del pianeta.

(traduzione di Stefania Russo)

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