di Alberto Negri
Ogni tanto qualcuno insegna ad altri un mestiere che non ha mai fatto. Non capisco cosa sia questa post-verità, sembra una formuletta dove, per esempio nel giornalismo, nascondere un po’ di fumo e scarsa voglia di lavorare e approfondire.
La verità spesso non si ottiene subito ma per approssimazione accumulando informazioni e studiando, bene, quello di cui si scrive. Per il giornalista è fondamentale andare sul posto, consumare la suola delle scarpe, avvicinarsi il più possibile al punto di osservazione degli eventi e poi sapersene anche distaccare per mettere a fuoco meglio la situazione.
Il giornalista può ovviamente sbagliare e deve sapersi correggere non affezionandosi a comodi schemi di interpretazione. Credo che sia il lavoro che fanno in molti dedicandosi a questo mestiere tutti i giorni per anni, a volte anche a rischio della pelle, per cui la post verità sembra già in sè una bufala propagandata da chi vuole campare sul lavoro altrui. A
ppurare i fatti è un lavoro individuale ma si fa ancora meglio in una democrazia dove può diventare uno sforzo collettivo e tutto può essere utile: è una grande opportunità di cui non bisogna avere paura. La post-verità è il riflesso della pigrizia e della paura di conoscere.
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