Tokyo-Seul: screzi storici e alleanze moderne



di Fabrizio Poggi

La Corea del Sud considera deplorevole la decisione giapponese di richiamare il proprio console generale a Busan e l'ambasciatore a Seoul, in seguito alla situazione creatasi con l'installazione del monumento alle donne sudcoreane costrette a prostituirsi nei bordelli per i militari giapponesi durante l'occupazione del paese nella prima metà del XX secolo. “La misura adottata dal governo giapponese è estremamente deplorabile” è detto in una nota del Ministero degli esteri di Seoul riportata dall'agenzia Yonhap.


Tokyo aveva deciso ieri di richiamare temporaneamente l'ambasciatore Yasumasa Nagamine e il Console generale a Busan Yasuhiro Morimoto e avrebbe intenzione di interrompere anche le consultazioni con Seoul per l'accordo sulcurrency swap e rinviare i colloqui ad alto livello su questioni economiche.


La statua dedicata a quelle che in Giappone sono definite eufemisticamente “donne di conforto” era stata installata una prima volta da attivisti civili sudcoreani a Seoul, di fronte all'ambasciata giapponese e quindi rimossa. Poi, lo scorso 28 dicembre, era stata piazzata nella città portuale meridionale di Busan, senza però il consenso delle autorità locali, che l'avevano tolta il giorno stesso. Il 30 dicembre, ottenuto il benestare dell'amministrazione comunale, gli attivisti avevano nuovamente sistemato la statua in prossimità della rappresentanza consolare nipponica. Domani ricorre il 25° anniversario dall'inizio dei meeting che ogni mercoledì, a partire dal 8 gennaio 1992, le donne sudcoreane organizzano di fronte all'ambasciata giapponese a Seoul, in ricordo delle “donne di conforto”.


Yun Byung-se e il suo omologo giapponese Fumio Kishida avevano raggiunto un accordo sulla questione della schiavitù sessuale durante la seconda guerra mondiale; Kishida aveva ammesso la “profonda responsabilità” giapponese e nell'agosto 2016 Tokyo aveva approvato l'assegnazione di 1 miliardo di yen al "Fondo di riconciliazione e risanamento" sudcoreano, che aiuta le donne vittime di violenza sessuale durante l'occupazione giapponese: circa 200.000, in maggioranza coreane. I critici tuttavia, nota Yonhapnews, giudicano non sincere le scuse giapponesi. Nella stessa giornata di ieri, il tribunale amministrativo di Seoul ha giudicato legittima l'istanza presentata contro il Ministero degli esteri dall'avvocato Song Ki-ho, che chiedeva fosse resa pubblica parte del dossier relativo all'accordo del 2015 con Tokyo, in modo da verificare la "vera natura" della transazione. Song, riporta Yonhapnews, quale membro del gruppo civico progressista “Avvocati per una società democratica”, sostiene la necessità di riesaminare quei dossier, dato che Tokyo ha "costantemente e ufficialmente" negato i propri crimini di guerra; in particolare, si chiede la divulgazione dei documenti relativi a crimini giapponesi, schiave del sesso e donne di conforto, oltre al dossier sulle consultazioni bilaterali per la mobilitazione forzata giapponese di cittadini coreani.


Ma, quello del monumento alle “donne di conforto” non rappresenta che il lato più manifesto del prisma che caratterizza il ruolo di Seoul nello scacchiere del Pacifico. Stando al sudcoreano Tongil news, si stanno facendo sempre più frequenti le mobilitazioni di massa. Da un lato, si chiede l'estromissione della presidente Park Geun-hye, dopo il voto del 9 dicembre sull'impeachment per lo scandalo dell'influenza avuta su di lei dalla vecchia amica Choi Soon-sil (figlia del leader religioso Choi Tae Min, capo del culto pseudocristiano della "Chiesa della vita eterna", che a sua volta era stato mentore spirituale del padre di Pak, alla guida della Corea del Sud per 18 anni) considerata laRasputin sudcoreana. Si manifesta contro l'irregolarità e corruzione che paralizzano l'economia, scrive rodong.rep.kp, con un debito statale di oltre 1 miliardo di $ e un numero di grandi imprese sull'orlo del fallimento aumentato del 37% rispetto al 2012, più di 2.000 piccole imprese di produzione di beni per l'esportazione andate in fallimento e almeno 90.000 aziende in bancarotta. Il numero di disoccupati sembra superare i 4,5 milioni, con un incremento del 23,3%, rispetto a tre anni fa e 10 milioni di sottoccupati, con un tasso di disoccupazione giovanile al 34%. Nei meeting si manifesta contro le violenze fasciste, i disastri ambientali e le vittime umane causate dal germicida contenente sostanze chimiche tossiche, diffuso col pretesto della peste avicola. Si protesta inoltre contro l'ondata di “maccartismo” che ha portato all'istituzione di una lista nera, confezionata a quanto pare dal Chongwadae (che prende il nome dall'area di studio di cultura e storia coreane) e consegnata al Ministero di Cultura, Sport e Turismo, coi nomi anche di coloro che si erano schierati per i partiti di opposizione e i candidati indipendenti nelle elezioni "presidenziali" e in quelle per il sindaco di Seoul.


Dall'altro lato, si manifesta per chiedere la revoca della decisione sull'installazione del sistema missilistico yankee THAAD. Organizzazioni di massa sudcoreane, quali Action for Checking THAAD Deployment e altre, denunciano che il THAAD costituisce un fattore di intralcio alla pace e di serio pericolo per la salute e l'ambiente a causa delle onde elettromagnetiche, che porterà benefici solo a Stati Uniti e Giappone, ma non sicurezza alla Corea del Sud e hanno promesso il boicottaggio dei prodotti della multinazionale nippo-sudcoreana “Lotte”, nel caso questa non receda dalla decisione di mettere a disposizione un campo da golf di sua proprietà a Seongju, nella provincia del Gyeongsang settentrionale, per l'installazione del THAAD, invece del sito militare precedentemente scelto di Namyangju, nella provincia di Gyeonggi, più prossima al confine con la Corea del Nord.


In effetti, al di là dei piccoli screzi tra Tokyo e Seoul, in qualche misura funzionali alla strategia yankee nel Pacifico, ben più fondante appare il vertice tenutosi ieri l'altro a Washington tra il vice Ministro degli esteri sudcoreano Lim Sung-nam, il vice Segretario di stato USA Antony Blinken e l'omologo giapponese Shinsuke Sugiyama, in cui si è concordato di “intensificare gli sforzi comuni per aumentare la pressione sulla Corea del Nord”, dopo l'annuncio di Pyongyang del perfezionamento di propri missili balistici a lunga gittata. La sudcoreana Yonhapnews scrive che “crescono negli Stati Uniti le voci sulla possibilità di attacchi militari preventivi per eliminare le capacità nucleari e missilistiche della Corea del Nord”, nonostante Donald Trump abbia tuittato che "La Corea del Nord ha solo detto di trovarsi nelle fasi finali di realizzazione di un'arma nucleare in grado di raggiungere gli Stati Uniti. Ma non accadrà!".


Mercoledì scorso, continua Yonhapnews, la società di intelligence privata “Stratfor” ha addirittura stilato un elenco di potenziali bersagli in Corea del Nord, tra cui il complesso nucleare di Yongbyon, con il reattore nucleare da 5 megawatt e l'impianto di ritrattamento, la miniera di uranio di Pyongsan che fornisce combustibile per il reattore e la struttura di ricerca e sviluppo nucleare Pyongsong, nota come la "Silicon Valley" del nord. "Quando si considera un attacco alla Corea del Nord” scrive Stratfor, si deve considerare principalmente un “attacco minimalista, focalizzato sullo smantellamento del programma nucleare nordcoreano”. Evitando di “lanciare attacchi su altri obiettivi della Corea del Nord, Washington lascia un po' la porta aperta, per la de-escalation. I benefici sono dati da meno risorse e preparazione necessari e miglior elemento sorpresa". A parere di diversi analisti militari, concludeYonhapnews, la Corea del Nord è in testa all'ordine del giorno della politica estera USA: i più invitano a rafforzare la deterrenza, imponendo dure sanzioni, piuttosto che rischiare una guerra, con migliaia di morti americani e centinaia di migliaia sudcoreani, data anche la vicinanza di Seoul al confine tra le due Coree e la possibilità che il Nord risponda con una “pioggia di proiettili di artiglieria sulla vicina capitale”.


L'obiettivo, in definitiva, tanto a Tokyo, quanto a Seoul e a Washington, con gli occhi ben puntati sulle mosse di Pechino, è quello di un'alleanza militare triangolare tra Giappone, Stati Uniti e Corea del Sud, il cui rafforzamento era stato auspicato anche dal Primo ministro giapponese Shinz? Abe nel recente incontro con Barack Obama a Pearl Harbor. Un incontro, scrive oggi rodong.rep.kp, da “mendicante, per evitare il rapido probabile scadimento dell'alleanza Giappone-Usa, con l'avvento del nuovo padrone della Casa Bianca e, d'altro canto, anche un tour ipocrita del capo dei militaristi giapponesi, che mira a realizzare il vecchio sogno della Sfera di co-prosperità della Grande Asia orientale all'insegna spuria della “pace". L'unica via per Tokyo di sfuggire alla propria rovina” concluderodong.rep.kp, “è quello di fare ammenda sincera per i propri crimini passati, con una riparazione adeguata e rinunciare alle proprie ambizioni. Le mosse bellicose di Abe per ricondurre il Giappone, con il sostegno statunitense, in Corea e nel resto dell'Asia, porteranno solo l'arcipelago giapponese in fondo al mare”.

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