Nella presentazione del documentario da lui prodotto, che racconta la rivoluzione ucraina del 2014 "Ukraine on Fire", il regista americano Oliver Stone è intervenuto sull'argomento più dibattuto degli ultimi mesi: le fake news. Secondo Stone i primi responsabili della produzione e della diffusione delle fake news sono i canali di stampa tradizionali, le testate giornalistiche più prestigiose e non i canali non convenzionali
"New York Times, Washington Post e tutte le altre prestigiose testate americane non stanno facendo più il loro lavoro".
"Dov'è andato il giornalismo degli anni Settanta, quello che ha portato allo scandalo del Watergate e ha mostrato la vera faccia della guerra in Vietnam? -Ad un certo punto ha smesso di avere senso critico. La funzione del giornalismo dovrebbe essere quella di analizzare le teorie delle fonti ufficiali e criticarle. Non lo sta più facendo e questo documentario mostra chiaramente che ha fallito".
La tesi di Stone è che la rivoluzione ucraina è stata distorta dai media ufficiali che hanno raccontato quella ucraina come una rivoluzione di popolo, nascondendo come in realtà fosse stata finanziata e realizzata dagli Stati Uniti per colpire la Russia e mantenere "vivo il concetto della NATO". Il regista premio Oscar ha definito le notizie che descrivono la Russia come responsabile per l'escalation di violenza in Ucraina come "notizie false".
“L’America – ha affermato il regista – ha un ruolo enorme e una grossa responsabilità e continua a negarlo. E’ una situazione dolorosa per la gente ucraina. Quello che noi raccontiamo non è la narrativa ufficiale, ma è quello che è accaduto. Non lo vedrete mai sui media americani, ma troveremo un modo di fare vedere in nostro documentario, sia pure su Youtube”.
Il regista di Platoon ha anche detto di non credere che la Russia sia intervenuta nelle elezioni degli Stati Uniti, nonostante le conclusioni di CIA e FBI. “Sono gli Stati Uniti che hanno una lunga tradizione di ingerenza nella politica di altri paesi non certo la Russia".
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