di Fernando Buen Abad - El Telegrafo
Mentre ci sono governi neoliberisti che sospendono, in maniera inconsulta e unilaterale, le ‘leggi sui media’ più avanzate; mentre ci sono governi di destra che propugnano “l’autoregolamentazione” dei monopoli mediatici. Mentre il processo di concentrazione mediatica è protagonista delle lotte inter-borghesi calpestando con i monopoli la libertà di espressione dei popoli, si verificano nelle basi dei popoli fenomeni di trascendenza, quantitativa e qualitativa di prim’ordine.
Andiamo verso una fase davvero appassionante della lotta di classe che si esprime anche nei mezzi di comunicazione. Oggi la nuova situazione è questa: Nicolás Maduro invita a una Rivoluzione nella Comunicazione.
Decadi - di lotta recente - hanno lasciato sulla tavola della Storia Latinoamericana un’esperienza magnifica - e rinnovata - circa la sovranità dei popoli in materia di mezzi di comunicazione di massa.
Si tratta di un’esperienza che non può ignorare il dibattito sulla proprietà privata degli strumenti per la produzione (camere, microfoni, televisori, stampanti, telefoni…). Non si deve eludere nemmeno l’utilizzo dei mass media come arma di guerra ideologica contro i popoli. Ma la parte più difficile, forse sfuggente, si trova nella conquista dell’unità dei media e dei modi di comunicare, per rendere visibili le lotte per l’emancipazione.
L’appello alla rivoluzione nella comunicazione non tollera più l’idea che qualcuno, in un modo o nell’altro, possa beneficiare individualmente delle risorse e delle ricchezze che appartengono a tutti, come lo spazio aereo, i satelliti, e la rete radioelettrica, che sono risorse vitali come l’acqua, la terra, le miniere. Allo stato attuale l’appello alla mobilitazione è il clamore collettivo più avanzato che si oppone alla dilapidazione, al dispendio, all’irresponsabilità e all’aggressione permanente che alcuni beneficiari dello spazio radioelettrico compiono quotidianamente.
Ma la ‘sovranità’ non serve a nulla senza un programma Socialista per la trasformazione comunicativa nato dalle basi organizzate di lavoratori, operai e contadini…
L’appello per una Rivoluzione della comunicazione è magnifico ma insufficiente senza un programma politico di azione per la comunicazione rivoluzionaria volto a modificare radicalmente il paesaggio attuale fatto di miseria e barbarie, ossia, un programma per portare sotto il controllo di lavoratori e comunità gli strumenti per la produzione della comunicazione. Non ha senso appellarsi a una rivoluzione della comunicazione senza un piano, sospinto, per esempio, dal rafforzamento del ruolo del popolo. Potere economico, potere delle idee, potere creativo… potere Socialista.
Dal 1910, con lo scoppio della Rivoluzione messicana, apparve in America Latina il processo di ‘produzione di senso’ rivoluzionario che ha anche segnato tutta la storia del XX secolo.
Una dopo l’altra, le lotte rivoluzionarie del continente provarono ad essere (oltre al ‘motore della storia’) il motore di produzione del senso che esprime la lotta di classe anche con i simboli. Questo è il caso delle immagini di Emiliano Zapata, Francisco Villa, le ‘Adelitas’, la musica, la letteratura, la fotografia, il cinema, la propaganda, la stampa rivoluzionaria e, in generale, i processi rivoluzionari maturati nel calore della lotta di classe e nel calore delle forze di emancipazione di ogni fronte e processo storico. La rivoluzione semiotica permanente.
Questo è il contributo semantico rivoluzionario di Cuba, Nicaragua, Venezuela, Ecuador, Cile, Argentina e Brasile che hanno cambiato il modo di vedere il mondo e di esprimerlo. Il ‘segno’ che guida la certezza sociale che un altro mondo è possibile e che questa possibilità non è un sogno irrealizzabile (…). Il contributo delle lotte rivoluzionarie che l’apparato monopolistico dominante ha oscurato e deformato agli occhi dei propri popoli che, inoltre, patiscono l’esproprio semiotico della propria Storia recente con le armi della guerra ideologica del capitalismo.
Nicolás Maduro fa appello a una rivoluzione della comunicazione. Perché no? Latinoamericana… mondiale, universale.
(…) Organizziamo una forza che riunisca le centinaia di migliaia di giornalisti televisivi, delle radio, di periodici e siti web.
(…)
(Traduzione dallo spagnolo per l’AntiDiplomatico di Fabrizio Verde)
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