Alberto Negri, Il Sole 24 Ore*
A Papa Francesco, fine analista della guerra mondiale combattuta a pezzi, non è sfuggito il prossimo guaio che stanno preparando Trump e gli americani in Medio Oriente. E infatti ha liquidato il presidente americano in 40 minuti, lo stesso tempo del meeting tra Abbas e Trump. Il resto probabilmente lo hanno detto il segretario di Stato Parolin e Gallagher. I rapporti dal Medio Oriente da settimane sono abbastanza chiari e la visita in Arabia Saudita deve avere rafforzato le convinzioni della Santa Sede: più che la lotta all'Isis e ai foreign fighters del Califfato, gli Stati Uniti si stanno preparando ad aprire un fronte contro l'Iran e gli Hezbollah che ovviamente coinvolge la Siria di Assad.
L’euforia dei sauditi
Troppo entusiasmo da parte dei sauditi per la visita di Trump: un’euforia giustificata dalle posizione anti-iraniana assunta dal presidente americano a Riad e profumatamente pagata con commesse per 110 miliardi di dollari di armi. Queste sono le cose che fanno infuriare il Papa, il quale ha detto più volte che i problemi del Medio Oriente dipendono dal proliferare degli armamenti.
Non è certo questa la prima volta che il Vaticano e gli Usa si trovano su posizioni opposte, soprattutto in Medio Oriente. Nel 1991 Giovanni Paolo II si era opposto all'attacco all'Iraq dopo l'occupazione del Kuwait perché Saddam era il protettore dei cristiani. Ancora più forte fu l'opposizione del Papa nel 2003, convinto che i regimi autoritari ma laici erano l'unico argine contro l'islam politico.
Le tensioni tra Casa Bianca e Vaticano sono continuate con Papa Ratzinger. Il segretario di Stato Hillary Clinton ebbe buon gioco allora a convincere Barack Obama a investire sulla Fratellanza Musulmana ed ad applicare con le primavere arabe del 2011 il “leading from behind”, ovvero a guidare da dietro le rivolte.
Qui è cominciato il disastro in cui siamo immersi ancora oggi. La questione libica è sotto gli occhi di tutti: francesi, inglesi e americani, non avendo come al solito un'alternativa a Gheddafi come non l'avevano per Saddam nel 2003, hanno fatto affondare un intero Paese e anche i confini dell'Italia.
E ancora peggio è andata in Siria dove la signora Clinton, per accaparrarsi il sostegno finanziario delle monarchie del Golfo, diede via libera a Erdogan a aprire l'«autostrada della Jihad» pur di abbattere il regime di Assad. In realtà si trattava di una guerra per procura contro l'Iran, arci-nemico degli arabi del Golfo e Israele. Pensavano di manovrare i jihadisti che adesso tornano indietro come una sanguinosa risacca in Europa, come si è visto anche in queste ore in Gran Bretagna.
Francesco e la preghiera in San Pietro
Pur non essendo certo un ammiratore di Assad, Papa Bergoglio nel 2013 promosse una veglia di preghiera a San Pietro cui partecipò anche l'allora ministro degli Esteri Emma Bonino che infatti poi venne fatta fuori da Renzi: come il suo predecessore Ratzinger, Papa Bergoglio aveva compreso le gravi conseguenze che si stavano addensando sui cristiani in Siria se avesse vinto l'ala più radicale dell'Islam sunnita. I cristiani di Siria furono salvati dagli Hezbollah libanesi sciiti che liberarono i i villaggi dalle formazioni qaidiste.
Se questi sono i precedenti si può immaginare che cosa abbai potuto dire il Papa a Trump, ovvero tutto il suo dissenso per un'operazione militare in Medio Oriente destinata a colpire l'Iran e gli Hezbollah. Un'operazione che tra l'altro coinvolge gli inglesi e la Giordania, con rischi non da poco per il regno hashemita. Ma anche questo presidente americano, come molti altri che lo hanno preceduto, finge di voler fare la lotta la terrorismo ma in realtà lo alimenta e tende a fare dei favori ai suoi sponsor sauditi e delle monarchie del Golfo. Con i devastanti risultati che sappiamo.
*Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autore
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