Cosa aspetta l'Unione Europea a riconoscere le elezioni regionali in Venezuela?



da ilsimplicissimus

La notizia come avviene sempre più spesso è che manca la notizia: tutti i buoni giornaloni e le ottime televisioni democratiche che sbattevano il dittatore Maduro (con più di una tornata elettorale all’anno) in prima pagina, ora che ha stravinto le elezioni regionali, dopo aver vinto quelle per la costituente, hanno fatto sparire il Venezuela dall’orbe terraqueo o quanto meno dal piccolo e ingobile mondo della comunicazione occiendentale. Come conciliare una campagna quotidiana, ossessiva, pretestuosa e spesso clamorosamente bugiarda contro il chavismo che impedirebbe manu militari la libertà con la dimostrazione palese che la maggioranza del popolo sta con Maduro e con il chiavismo? Di certo gli spacciatori di democrazia fasulla, di propaganda mediatica, di guerra economica, di accaparramento illegale di derrate alimentare e di medicinali in modo da simulare la massima penuria, di violenza prezzolata dagli sfruttatori locali oltre che da Washington, non sono di certo contenti del risultato elettorale e cercano di far passare sotto silenzio il tutto, di non farlo sapere alle future vittime dei loro spot spacciati per informazione. Purtroppo per loro non è andata bene come in Guatemala.


Ma il silenzio è in un certo senso dovuto perché è ferma intenzione della governance multinazionale, non saprei come meglio definirla. perseverare diabolicamente con la guerriglia nelle strade e sui mezzi di comunicazione di massa visto che di idee nell’opposizione non ne compaiono, salvo due che purtroppo non possono essere chiaramente enunciate e rimangono nel sottofondo opaco e melmoso: quella di “regalare” il controllo del petrolio agli Usa e a una minoranza di ricca borghesia parassitaria annidata nei quartieri bene, scenario unico dove si svolgono le manifestazioni “democratiche” e abbattere tutte le faticosissime conquiste di questi anni per redistribuire il più possibile alla popolazione i proventi dell’oro nero, cosa che al neo liberismo suona come una bestemmia.





In questa lotta ideologica non esiste alcun riguardo per la realtà e la verità tanto che l’eurodeputato Javier Couso Permuy, che fa parte della Delegazione Ue all’Assemblea parlamentare euro-latinoamericana, ha denunciato nei giorni scorsi l’esistenza di un documento preventivo dell’Unione europea per non riconoscere a priori il risultato delle elezioni venezuelane. Su quali basi non è dato sapere, anche perché la correttezza della tornata elettorale è stata promossa persino dagli osservatori dell’America latina, ma probabilmente in base a una nuova strategia paradossalmente contraria a quella adottata sul nostro continente, ossia l’istigazione alla separazione di alcuni di stati, in particolare i due più ricchi di petrolio, una macchinazione che ha già le sue truppe pagate, rifocillate e mediaticamente coperte che potrebbe più facilmente portare anche un intervento diretto in nome del diritto all’autodeterminazione, favorito o negato a seconda dei casi, in quel kafkiano mondo alla rovescia del diritto neoliberista che coincide con la legge della giungla. Nel quale si pretende ad esempio la testa della dirigenza indipendentista catalana e si licenziano i giornalisti che ne hanno parlato: un vero paradiso della libertà.


In ogni caso le elezioni non porteranno a uno smantellamento delle sanzioni che secondo la Ue dovrebbero servire a favorire un dialogo tra governo e opposizione: un degradante pasticcio intellettuale, degno della suprema finezza di un Trump e per giunta condito di menzogne perché in una democrazia questo confronto lo si fa con le elezioni e non lo si fa con chi non riconoscendole, almeno quando le perde, si pone in una situazione eversiva. Come dovrebbe ben sapere chi non a stento tollera una manifestazione di piazza, la demonizza come populismo e la reprime a suon di manganelli. Ma pazienza vedrete che Bruxelles in compenso non muoverà un dito sull’assassinio a Malta di una blogger che aveva scoperto i legami del governo con pasticci petroliferi attuati tramite il regime azero, pappa e ciccia con l’occidente, lo stato di corruzione totale di questo membro dell’Ue, il coinvolgimento dell’esecutivo nei Panama Papers e in generale nella volontà di fare dell’isola un paradiso fiscale mediterraneo alla faccia del fiscal compact che i signori di Bruxelles vogliono imporrre ai poveracci. Ma per carità non parliamone, siamo democratici.


Francamente quando sento parlare dell’Europa, non come continente, come complesso di culture e di lingue che s’intrecciano, come crocevia di civiltà, ma come unione politico – elitaria che impone agli stati di uniformarsi al diritto privato, c’è da farsi venire i brividi. E non bastano certo il golfini sdruciti della retorica corrente a farli passare.

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