Con i fondi europei in scadenza... l'UE "invade" la Polonia




Dopo quasi due anni di scontri, alla fine è successo: la Commissione Europea ha attivato l’articolo 7 del Trattato di Lisbona come sanzione nei confronti delle controverse riforme giudiziarie della Polonia. L’articolo permette di sospendere il diritto di voto nel Consiglio Europeo e istituire sanzioni nei confronti di uno stato membro. Per arrivare a tanto però c’è bisogno di un voto finale all’unanimità e il governo polacco può contare sull’appoggio dell'Ungheria, che ha già affermato che bloccherà qualsiasi tentativo di imporre sanzioni alla Polonia. Tuttavia, per la Commissione Europea il gesto è più che sufficiente a mettere in difficoltà l’esecutivo guidato da Mateusz Morawiecki. Il Presidente del Consiglio Europeo, il polacco Donald Tusk, ha affermato che la Polonia “è attualmente vista come una forza di disintegrazione dell'Unione europea e quindi è importante porre fine alla distruzione della reputazione di Varsavia.”

Una posizione decisamente pesante, che viene da un politico respinto in patria che sta facendo carriera a Bruxelles proprio in funzione di contrasto all’attuale leadership polacca.

Ciò nonostante, non ci sono segni che in Polonia abbiano intenzione di fare marcia indietro: poco dopo l’annuncio della Commissione, il presidente polacco Andrzej Duda ha firmato due delle controverse leggi giudiziarie, mentre il primo ministro Morawiecki ha dichiarato che la riforma del sistema giudiziario è necessaria. La questione quindi è tutt’altro che conclusa, se Bruxelles pensava che l’attivazione dell’art.7 sarebbe basta a indurre Varsavia verso una postura più conciliante questo non sta succedendo.

La conflittualità Est-Ovest interna all’Unione Europea non è una novità e negli anni a venire diventerà un tema sempre più centrale per il destino dell’Unione. La Polonia e la Ue sono in conflitto anche sul tema dell’immigrazione perché Varsavia ha rifiutato il sistema di accoglienza dei migranti basato su delle quote imposte da Bruxelles. Una contesta comune a tutti i paesi del Gruppo di Visegrád. Il V4 è un’alleanza che riunisce Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia con lo scopo di promuovere l’integrazione europea e di portare avanti una cooperazione militare, economica ed energetica. Il V4 favorisce l’integrazione europea e l’alleanza atlantica, ma rappresenta anche un nucleo solidale interno alla Ue con una visione del mondo e dell’integrazione europea molto diversa da quella delle attuali leadership francesi e tedesche, al netto delle profonde differenze di questi quattro paesi.

La Polonia è il paese che riceve la quota maggiore di contributi europei, un beneficio innegabile destinato a durare fino al 2020 e poi si vedrà. Se Varsavia cesserà di essere destinatario di questi fondi e il partito attualmente al governo dovesse vincere le prossime elezioni previste per la fine del 2019 è probabile che l’interesse di rimanere nella Ue si esaurirebbe insieme all’erogazione dei fondi. Non solo. Quando saranno considerati a tutti gli effetti dei paesi sviluppati – e non manca molto – la Polonia e gli altri paesi del V4 che ancora non hanno adottato l’euro (la Slovacchia ha l’euro) non avrebbero più scuse per rimandare l’ingresso nell’Eurozona e le pressioni per l’integrazione nella moneta unica da parte di Francia e Germania diventeranno più forti. Cosa succederà a quel punto, quando la Polonia e gli altri si vedranno costretti a diventare contribuenti della Ue e messi sotto pressione per entrare nell’Eurozona?

Fra qualche anno la Brexit avrà anche reso evidente a tutti che uscire dall’Unione Europea è possibile, tracciando un percorso che renderà più facili e soprattutto meno “spaventose” altre uscite. I paesi dell’Est – e la Polonia in particolare – sono entrati nell’Unione Europea per entrare nell’Occidente della NATO, per liberarsi dal passato sovietico e per abbracciare l’atlantismo; un risultato raggiunto e coronato con una certa soddisfazione. La Ue e il sogno europeo non sono l’obiettivo della leadership polacca, non c’è una condivisione piena per “i valori europei” e se quella che prima era un’opportunità diventasse un problema insormontabile come adesso l’uscita della Polonia dalla Ue diventerà la prossima minaccia esistenziale per l’Unione, che a quel punto tenderà a rafforzare ulteriormente l’integrazione intorno al nucleo dell’Eurozona, e questa è la prospettiva più pericolosa per l’Italia.


Federico Bosco

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