La paralisi a Berlino distrugge il sogno europeo 



Qualche giorno fa Angela Merkel ha fatto il suo 13° discorso di fine anno da Cancelliera (Bundeskanzlerin), il primo senza governo. Lo stesso ha fatto Emmanuel Macron, forte di una maggioranza solida.

Entrambi hanno espresso la volontà di collaborare l’uno con l’altro per riformare la Ue e l’Eurozona partendo dalla visione europeista proposta dal Presidente francese, esplicitando senza tanto imbarazzo che l’agenda europea viene diretta da Francia e Germania sopra a tutti gli altri stati membri. La donna che ormai si sente l’eterna e insostituibile Bundeskanzlerin il mese scorso era stata categorica: entro marzo lei e il Presidente francese Macron avrebbero raggiunto un accordo per riformare l’Eurozona, una questione di estrema importanza per il futuro della moneta unica. La situazione adesso è un po’ diversa e ancora non sappiamo se la Germania avrà un governo a marzo, né quale sarà la politica europea del prossimo esecutivo tedesco.





La paralisi politica a Berlino è un problema non solo per la Germania ma anche per i suoi partner europei e soprattutto è un problema per il Presidente francese. A settembre Macron aveva presentato il suo ambizioso progetto per il futuro della Ue ma è da allora che sta aspettando, invano, la risposta della Germania. In questi anni Merkel si è guadagnata la reputazione di grande “risolutrice” di crisi europee e leader dell’Europa ma a tre mesi dalle inconcludenti elezioni tedesche si trova a fare la Bundeskanzlerin di transizione senza una maggioranza parlamentare. La strada per formare il governo è ancora lunga. Dopo aver provato a mettere insieme una coalizione con i liberali della FDP e con gli ambientalisti del Grunen, adesso deve provare a formare per la terza volta una grande coalizione (GroKo 3.0) con il centro-sinistra della SPD. Uno scenario dagli esiti tutt’altro che scontati. L’ipotesi di una GroKo 3.0 ha seminato disordine e divisione sia all’interno della SPD di Martin Schulz che all’interno della CDU/CSU.


I colloqui veri e propri ancora non sono iniziati.


Il 7 gennaio si comincerà con i colloqui esplorativi focalizzati su 15 temi principali (la riforma fiscale, la spinosissima questione dell’immigrazione, le politiche ambientali e quelle energetiche), che andranno avanti fino al 12 gennaio, giorno in cui sarà presentato un documento preliminare da discutere nelle segreterie di partito e nei gruppi parlamentari. Fatto questo, bisognerà aspettare il 21 gennaio per scoprire se i delegati della SPD decideranno di proseguire. Se l’esito sarà positivo, il 22 gennaio inizieranno le trattative finalizzate alla stesura del contratto di coalizione, il Koalitionsvertra, documento programmatico che Schulz si è impegnato a sottoporre agli iscritti al partito che decideranno con una consultazione se dare vita a questa GroKo 3.0 e permettere alla Merkel di tornare pienamente al potere. Tra la stesura del Koalitionsvertra e la consultazione tra gli iscritti della SPD i tempi si allungheranno tranquillamente fino all’inizio di marzo, quindi se tutto va bene (ma proprio bene, e non è detto) il quarto governo Merkel si insedierà ai primi di marzo, probabilmente subito dopo le nostre elezioni politiche.


Se invece le cose dovessero andare male fino a formare un governo di minoranza (inaccettabile per la Merkel) o addirittura fino a tornare alle urne (cosa che terrorizza tutti tranne AfD), il paese dovrà aspettare fino alla seconda metà del 2018 prima di avere il suo governo. Questa situazione renderebbe molto piccola la finestra di opportunità per mettere in pratica le iniziative europee della Merkel e di Macron. Dopo l’illusione di aver sconfitto “il populismo” la speranza degli europeisti era quella di confezionare a suon di riforme una nuova visione del sogno europeo da vendere agli elettori durante le campagne elettorali per il Parlamento Europeo del 2019. Lo stallo tedesco sta facendo svanire del tutto questa speranza.


Tuttavia, in Germania non sono così agitati per l’assenza di governo, soprattutto per quello che riguarda l’integrazione europea. Nonostante gli elettori tedeschi siano generalmente pro-Europa c’è una certa riluttanza nei confronti delle proposte di maggiore integrazione dell’Eurozona provenienti da Parigi e Bruxelles. Per un tedesco è forte la sensazione che qualsiasi riforma europea finirebbe inevitabilmente per pesare sulle sue tasche, l’idea che la Germania paghi per i fallimenti, le inefficienze e le viziosità degli altri stati membri è una bugia che politica, governo e mass media tedeschi hanno spregiudicatamente venduto ai propri cittadini, al punto da essere rimasti essi stessi improgionati in una narrazione tanto velenosa.


Alcuni commentatori hanno detto che CDU/CSU e SPD potrebbero trovare sinergia proprio nell’europeismo, ma anche se questa vicinanza è vera quando si parla di Ue in senso ideale, tutto cambia quando si comincia a parlare di soldi. È vero che la Merkel ha abbracciato alcuni punti dell’agenda europea di Macron, ma su altri la condivisione è molto più fredda, e nel suo partito non c’è l’intenzione di abbracciare in pieno il progetto di Macron ma piuttosto la volontà di valutare punto per punto ogni singola proposta, e quella di istituire un budget comune dell’Eurozona è tra quelle valutate negativamente. Schulz invece è molto più convinto e appoggia l’idea macroniana di creare un budget comune da far gestire a un Ministro delle Finanze dell’euro, ma deve ancora far accettare questa proposta al suo partito, anche se complessivamente la SPD è favorevole all’idea di una Germania che spende di più in progetti dell’Unione Europea. Può risultare grottesco, ma nonostante la più che giustificata antipatia che si prova per Angela Merkel e per Martin Schulz bisogna tenere a mente che loro in Germania sono “quelli buoni”, e stanno diventando molto deboli. Il declino di queste figure è cominciato con il fallimento delle elezioni di settembre e ormai è solo questione di tempo prima del tramonto definitivo.


Poi, in Germania andranno al potere dei tedeschi molto irragionevoli e in Italia saremo costretti a fare i conti con la storia e smettere di nasconderci tirando avanti sperando che succeda “qualcosa” di salvifico che ponga fine a questa follia, e il paese dovrà decidere da che parte stare.


Federico Bosco

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