Bin Salman, principe ereditario saudita, ha riferito al quotidiano statunitense 'The Washington Post' in un'intervista pubblicata il 22 marzo scorso, ma che ha appena attirato l'attenzione dei media, che furono gli alleati di Riad, a chiedere al governo saudita di utilizzare le sue risorse per impedire la penetrazione sovietica.
In questo modo, secondo il Salman furono le condizioni della guerra fredda che portarono il suo paese per finanziare e sostenere l'ideologia wahabita investendo nella costruzione di moschee in tutto il mondo e le scuole di beneficenza volte a diffonderla, caratterizzata da la sua intolleranza e tendenza alla violenza.
È interessante notare che, Bin Salman nelle sue dichiarazioni esonera le autorità saudite dall'aver pagato anche per il progetto, insistendo sul fatto che i fondi provengono per lo più dalle radicate "fondazioni private" in Arabia Saudita, in modo tale da non presentarlo come un piano del governo.
Inoltre, il principe ereditario afferma che il governo del suo paese "ha perso la traccia" di quella diffusione di idee estremiste, e afferma che ora "dobbiamo recuperare tutto".
Nonostante questi dinieghi, gli investimenti di Riyad in fondazioni "caritatevoli" responsabili della diffusione del messaggio wahabita sono stati stimati dal Dipartimento di Stato nordamericano in più di 6 miliardi di sterline negli ultimi quattro decenni, secondo una pubblicazione fatta lo scorso giugno dalla rivista 'Metro'.
Di quei soldi, alcuni esperti ritengono che fino al 20% sia stato deviato verso il gruppo terroristico Al-Qaeda, e tra le altre bande della stessa tendenza.
Il quotidiano britannico menzionato sottolinea che l'ideologia wahabita offre ai suoi praticanti un vantaggio nell'uso della violenza, in quanto possono giustificarlo teologicamente, e mette in evidenza riferimenti diretti delle regole del gruppo terroristico ISIS (Daesh, in arabo) ai criteri di Mohammad ibn Abd al-Wahhab, l'omonimo fondatore del Wahabismo.
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