Ucraina-Russia: democrazie occidentali in campo per i “poveri” terroristi



di Fabrizio Poggi

Sicuramente ci è sfuggito qualcosa, ma, a parte casi isolati, non sembra che in Italia abbia preso ancora molto campo l'ennesima campagna per la liberazione dell'ennesima “vittima del regime russo”: lo farà presto, sull'esempio di altri paesi.


Dunque, la “vittima” si chiama Oleg Sentsov ed è stato condannato in Russia per associazione terroristica in Crimea. Kiev ne chiede la scarcerazione. Ora, dice l'ex primo ministro ucraino Nikolaj Azarov, “sono sicuro che pochissime persone conoscessero questo nome in Ucraina, tantomeno nel mondo, prima che i media occidentali decidessero di promuovere la relativa campagna”. Il copione è lo stesso dei tanti altri, visti a proposito degli “stati canaglia” di turno, che opprimono “i nostri”: come nel caso Savchenko, per rimanere all'Ucraina golpista.


Ora, dice Azarov, “in un battibaleno, una persona poco conosciuta diventa improvvisamente regista, scrittore, padre spirituale della nazione. Nessuno, tantomeno i parlamentari occidentali, ha visto i suoi film, letto i suoi libri, le sceneggiature. Ma, a comando, tutti si sono messi a chiedere la sua liberazione dalle segrete del Cremlino”. A Kiev si è addirittura riunita una conferenza dell'OSCE, in cui è stato denunciato “il regime di Putin” e chiesta la liberazione di Sentsov. E, di punto in bianco, si fa largo sulla scena a Kiev un uomo in mimetica – per la Kiev odierna, è normale che si partecipi in mimetica alle conferenze dell'OSCE - e racconta con calma come avesse portato in Crimea gli esplosivi che poi erano finiti in mano a Sentsov, e parla anche di chi abbia passato le relative informazioni al FSB russo”. Ora, conclude Azarov, in qualunque altro paese, uno trovato con esplosivi nello zaino verrebbe per prima cosa fermato e, una volta accertati “intenti criminali, senz'altro condannato”. Ma, qui, siamo in Ucraina.


Ieri, poi, Kiev si è detta disposta a prendere in esame lo scambio di 14 reclusi ucraini in Russia, tra cui Sentsov, con un corrispondente numero di russi imprigionati in Ucraina, tra cui il capo redattore di RIA Novosti-Ukraina, Kirill Vyshinskij. Da parte sua, Vladimir Putin, aveva già detto un mese fa di non considerare possibile uno scambio Vyshinskij-Sentsov, dato che le due cause non sono assolutamente paragonabili, essendo il primo stato arrestato lo scorso maggio semplicemente per la sua attività professionale, con “accuse” di propaganda filo-russa, mentre il secondo era stato arrestato in Crimea mentre si apprestava a compiere un attentato, riconosciuto quindi colpevole e condannato per terrorismo. Sentsov infatti, crimeano, nell'agosto 2015 era stato condannato a venti anni di colonia a regime duro, con l'accusa di aver dato vita nella penisola a una cellula terroristica.


Ma, qui si parla dell'Ucraina: terroristi o neo nazisti, l'importante è che chiappino i topi, avrebbe parafrasato qualcuno. Ed è così che, al pari di quanto fatto a suo tempo anche da italiche ex massime istituzioni della Repubblica, il neo nazista speaker della Rada Andrej Parubij è stato ricevuto per la seconda volta con tutti gli onori a Washington. Lo scorso anno si era incontrato con il suo omologo Paul Ryan e, ovviamente, con il falco John McCain; quest'anno è stato accolto dallo stesso Ryan, da esponenti del Dipartimento di stato e dall'intero Senato americano. Scopo dichiarato della visita di Parubij era quello di esortare Washington – che, a dire il vero, anche senza tali preghiere sta facendo di tutto per far saltare il progetto – a fare ancora più sforzi per impedire la realizzazione del “North stream 2”, che rischia di assestare un ulteriore colpo alla presenza economica USA in Europa. Al di là dell'importanza, anche per Kiev, di non perdere una significativa fonte d'entrata dai pedaggi di transito del gas russo verso l'Europa occidentale, che svanirebbero con il nuovo gasdotto che passa dal mar Baltico, appare chiaro come la visita di Parubij rivesta anche il carattere di conferma della ufficializzazione del sostegno USA alla junta golpista e, dunque, alla situazione politico-sociale del paese.


Ora, per poter esaminare obiettivamente i fatti storici e le condizioni oggettive di un paese, è necessario prima di tutto definire le categorie con cui si ragiona. E, dunque, scrivono gli osservatori di infopolk.ru, “in primo luogo, in Ucraina non c'è fascismo. Ciò è chiaro a chiunque abbia almeno un po' studiato la storia e conosca la differenza tra fascismo italiano, nazismo di Hitler, imperialismo giapponese e nazionalismo ucraino”. Certo, si può esser d'accordo o meno sulla considerazione dell'assenza, quantomeno di neo-nazismo, nell'Ucraina odierna. A parte la simbologia apertamente ispirata al Terzo Reich, si può dire che molto di quanto avviene oggi nelle città ucraine risponda per lo più ai canoni di un nazionalismo estremo – quello che, se la strada intrapresa non verrà interrotta, si rischia di vedere anche sulle italiche sponde – che poi in molti casi sfocia negli aperti pogròm per le vie di Kiev, Kharkov, L'vov e nel terrorismo da SS contro la popolazione del Donbass. “I pogròm contro i rom iniziati ora sono “naturali” ed erano prevedibili e inevitabili” scrive ancora infopolk.ru; dopo i rom, “seguiranno ungheresi e polacchi; quindi, russi ed ebrei. Dalle minoranze più deboli a quelle più forti e numerose. E' un processo già inarrestabile”.

Non a caso, si sono registrati ufficialmente cinque pogròm contro comunità rom solo nell'ultimo mese, senza contare episodi di vandalismo ai danni di monumenti ungheresi e polacchi e, ovviamente, tacendo del tutto sulle continue bastonature a quanti si azzardino a parlare russo, a portare il nastro di San Giorgio della vittoria sul nazismo, ecc; per non parlare dei comunisti messi fuori legge, gettati in galera o assassinati. Del resto, scrive infopolk.ru, erano stati oligarchi e Partito delle Regioni (uno dei cui fondatori era Petro Poroshenko) a sponsorizzare i nazionalisti e i loro campi di addestramento; e il “nazionalismo sfocia sempre, prima o poi, nel nazismo. Un nazionalista è un potenziale squadrista, un “polizei” e un assassino. Un nazionalista prima o poi si trasformerà in un nazista se gli viene data libertà di azione. Come in Ucraina. Per affermare te stesso, devi sconfiggere il nemico. Se il nemico non c'è, bisogna crearlo. In Ucraina, è stata creata la minaccia di "invasione della Russia", le "orde di Mosca" e il nemico interno dei "separatisti". Non sorprende quindi, conclude infopolk.ru, che il nazionalismo ucraino si sia trasformato in nazismo ucraino in soli quattro anni. Se non c'è espansione all'esterno, inizia quella interna. Ora sono i rom, in attesa del prossimo, che ci sarà inevitabilmente”.


Certo, quella che ora non può più esser taciuta nemmeno dai media internazionali più favorevoli al regime di Kiev è la valanga di pogròm contro i rom. Nessuno di quei media si è mai scomposto per le migliaia di comunisti messi in galera, torturati e uccisi. Sono gli stessi media che descrivono con malcelata ironica soddisfazione le notizie sulla ridenominazione “per legge” di città, strade, istituzioni i cui nomi possano rimandare, anche solo lontanamente, alla memoria del passato sovietico. Ci pensano però gli ucraini stessi a tener viva l'attenzione sulla “decomunistizzazione” del paese, che tanta invidia suscita nei rosè di casa nostra costretti, quella decomunistizzazione, a farla passare per “riforme progressiste”.


Una delle ultime perle da Kiev, che affianca l'opera dei severi censori del regime, è quella del cosiddetto progetto “Stop sovok”. Per la cronaca, “sovok” (la paletta per le pulizie di casa; ma la parte iniziale della parola rimanda ovviamente all'aggettivo “sovietico”) era usata sottovoce nella stessa Urss per riferirsi all'Unione Sovietica. Il curatore di “Stop sovok”, Kirill Dorolenko, dice che obiettivo del sito è quello di raccogliere un database di luoghi, edifici e altro “non decomunistizzati” e controllare che vengano smantellati.


Ogni visitatore del sito, servendosi del modello allegato, può scrivere direttamente al sindaco o all'amministrazione di zona per porre fine a questa “violazione della legge”. Noi controlleremo, dice Dorolenko, che le autorità applichino “la legge” (varata nell'aprile 2015, prevede la condanna dei regimi totalitari comunisti e nazisti – di fatto, solo dei primi - e ne vieta simbologia e propaganda) e vengano a capo delle “difformità” che, a detta sua, sarebbero tuttora “molte centinaia”, soprattutto nell'area di Kharkov, ma anche di Rovno, L'vov, Zhitomir, Cernovtsi, o di Poltava dove – orrore – si è scoperta addirittura una statua di Lenin non ancora decomunistizzata.


E, se all'interno va avanti la “decomunistizzazione”, ecco che all'esterno – le Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk vengono considerate da Kiev territorio ucraino o meno a seconda degli schemi propagandistici – i golpisti contano di dare inizio alla cosiddetta “deoccupazione” del Donbass lungo la direttrice di Gorlovka-Novoazovsk, dove in effetti si è sviluppata la più massiccia offensiva ucraina già dallo scorso maggio. Secondo il Ministero degli interni golpista, “tremila uomini sono più che sufficienti” alla bisogna della “liberazione dei territori momentaneamente occupati”, tanto più che il presidente, nel caso specifico, è autorizzato a usare l'esercito all'interno del paese senza autorizzazione della Rada.


Per dirla in senso ironico: nel Donbass esprimono forti dubbi che il piano golpista possa riuscire.

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