Pur di criticare Luigi Di Maio e il Movimento 5 Stelle certa sinistra è pronta a gettarsi finanche tra le braccia del presidente INPS Tito Boeri. Un abbraccio mortale visto che quest’ultimo è un neoliberista fino al midollo. E da questa ideologia una sinistra degna di tal nome dovrebbe solo starne alla larga. Pena la scomparsa. Proprio quel che è accaduto in Italia. Ma evidentemente, come affermava Antonio Gramsci, la storia insegna ma non ha scolari.
Chi invece è intervenuto sul tema (Decreto Dignità) con cognizione di causa è Stefano Fassina con un ottimo articolo pubblicato su Huffington Post. Scrive Fassina, ridicolizzando certa sinistra sulla questione delle stime sull’occupazione: «Non hanno nulla di oggettivo, nonostante la conciliante accusa di "negazionismo economico" da parte del Presidente dell'Inps a chi osa criticare. Sono frutto di un paradigma economico, l'impianto neo-liberista, assolutizzato da decenni e sbandierato come "tecnico". In realtà, uno dei paradigmi possibili. Uno, soltanto uno. La teoria economica, come riconosciuto dagli economisti "classici", è politica: dipende dalle visioni del mondo, dall'ideologia, presente anche quando negata in nome di neutre valutazioni empiriche».
Più avanti spiega ancora il deputato: «La risposta è semplice: l'Inps, legittimamente, continua a applicare il paradigma neo-liberista che, come associa un'espansione dell'occupazione e del Pil a misure di "flessibilizzazione" delle regole del mercato del lavoro, "prevede" minore occupazione e minore espansione dell'economia reale a fronte di modesti interventi di riduzione della precarietà.
Su Decreto Dignità, previsioni @INPS_it di riduzione occupati sono legittime, ma frutto del paradigma neo-liberista, proposto come verità. Con impianto keynesiano risultati opposti. Caro @Tboeri l’economia è politica @HuffPostItalia https://t.co/sR76SHgbOG
— Stefano Fassina (@StefanoFassina) 16 luglio 2018
La scelta dell'Inps è legittima, ma è "politica", non è l'unica possibile. È vero, il paradigma neo-liberista è dominante da almeno tre decenni. È vero, è l'unico insegnato nella stragrande maggioranza delle università ovunque nel mondo. È vero, rimane dominante, nonostante abbia sorretto l'ordine istituzionale e di policy alla base della regressione sociale e democratica sotto i nostri occhi ovunque».
Ma «esiste invece, un altro paradigma economico. È l'impianto keynesiano. Secondo tale impianto, la domanda di lavoro dipende dal livello dell'attività economica, ossia dalla quantità e qualità degli investimenti pubblici e privati e dei consumi, non dalla durata massima dei contratti a tempo determinato, non da incrementi marginali alle sanzioni monetarie per il licenziamento illegittimo per i cosiddetti "contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti".
In base a tale teoria, si potrebbe sostenere con una legittimità scientifica certamente non inferiore a quella della teoria dominante utilizzata dall'INPS, che la maggiore stabilità, alimentata dalla riconduzione in un alveo fisiologico dei contratti a tempo determinato, aumenta la produttività, la crescita, le retribuzioni, i consumi e, infine, l'occupazione. Si potrebbe, quindi, " bollinare" una RT che associa effetti occupazionali espansivi alla norma in discussione».
I fan di Boeri e del neoliberismo, da ‘sinistra’, giunti alla soglia dell'estinzione, avranno appreso la lezione?
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