Venezuela: l’allineamento del governo italiano non salva Conte in UE


di Michele Merlo


Non ci vuole molto a capire che dall’autoproclamazione di a questi giorni, la linea di moderazione e dialogo del governo italiano è stata “democraticamente” sconsigliata dagli altri “partner” e tanto da produrre un cambiamento notevole, anche se non è bastata ad evitare gli attacchi a Conte davanti al Parlamento europeo, per via dell’anomalia di fondo che l’Italia rappresenta nel contesto europeo. Se aggiungiamo la crisi diplomatica con la Francia, lo scontro anche europeo sul TAV, le elezioni in arrivo e il timore di essere scalzati dai populisti, lo scenario è quello di un Governo italiano capace di concentrare un discreto numero di nemici, nello stesso momento.
Con tutti questi nemici, sarà dunque arrivato il consiglio di cedere da qualche parte per non apparire troppo indipendenti, che con il clima che tira, si rischia qualche autoproclamazione anche da noi. Ed ecco con tutta probabilità il cambio di passo del governo sul Venezuela, tutto a favore della lega.


Anche l’Italia finalmente, si accoda giocoforza alla narrazione del mondo libero (di bombardare chiunque). Scambiare la linea italiana sul Venezuela per bocca del ministro degli esteri Milanesi, non ha dunque ottenuto la contropartita desiderata. Infatti, mentre al Senato il ministro degli esteri affonda la linea del M5S e si allinea tardivamente al coro pressoché unanime del parlamento italiano sul Venezuela, a Strasburgo Conte riceve attacchi anche sul Venezuela, per la mancanza di solerzia nel riconoscere Guaidò.

Per capire il cambio nella politica estera italiana sul Venezuela è necessario prestare attenzione alle parole di Moavero e ai suoi incontri precedenti.

L’intervento di Moavero giura fedeltà al leader di Voluntad Popular, pur senza mai nominarlo, ma ripetendo finalmente i mantra della propaganda globale:

  1. Non riconosciamo Maduro, perché eletto con un processo fraudolento
  2. Ci vogliono nuove elezioni presidenziali
  3. L’assemblea nazionale è l’unica istituzione democraticamente eletta
  4. Bisogna permettere il transito degli “aiuti umanitari”
  5. Preoccupazione per i connazionali

Il nome di Guaidò rimane l’unica foglia di fico, l’unico modo per nascondere lo schiaffo al 5 stelle. Non verrà pronunciato appunto da Moavero, ma non è più necessario.


A redarguirlo per i tentennamenti, per il non esplicito riconoscimento di Guaidò è una opposizione in gran forma, più guerrafondaia e illogica che mai. Ed è subito la veterana di ogni intervento militare umanitario, Emma Bonino a lanciare la linea: “deferire Maduro al Corte penale internazionale”, tuona perentoria.


L’età si fa sentire, nomina per ben due volte la Costituzione argentina al posto di quella venezuelana, ma nel complesso quest’interpretazione è in linea con i deferimenti” delle puntate precedenti su “Saddam”, “Gheddafi” e “Assad, anche se non supera le performance della lotta contro il burqua del 2001, con cui si guadagnò una spilletta anche per la guerra in Afghanistan.
Poi un coro indistinguibile di forzisti e piddini, intervallati da bulletti di formazioni minori, con le immancabili le denunce al “regime” di bloccare gli “aiuti” con le autocisterne, uccidere 8000 oppositori, incarcerarne 18.000, le manifestazioni pacifiche dell’opposizione e di nuovo la violenza del regime.


Tutti i palati vengono soddisfatti: dall’amante dei diritti umani, al pragmatico anticomunista, dall’altruista preoccupato delle malattie al sincero democratico della democrazia altrui, fino al costituzionalista consumato, ovviamente del Venezuela.


Ma su tutti, grazie all’innumerevole numero di legislature alle spalle, emerge il solito Casini, un po' il Del Piero del Senato che lancia l’accusa definitiva: “Maduro è un narco trafficante, le ingerenze sono di Cuba e dei russi nell’esercito, la metà della droga che arriva il Italia viene dal Venezuela che ha sostituito la Colombia nel traffico di sostanze stupefacenti”. Una conoscenza del tema quasi da consumatore abituale, la certezza che gli indecisi se la berranno e le spalle coperte da plotoni di senatori con il coltello tra i denti rendono epiche le balle dell’amico di ogni popolo oppresso. Un instancabile sostenitore di moti rivoluzionari da far impallidire il Mazzini dei bei tempi. Casini negli ultimi 20 anni è stato amico nell’ordine: del popolo afghano, iracheno, libico, siriano e ovviamente adesso venezuelano.


Unico intervento degno, quello Gianluca Ferrara del 5 stelle che però dichiara esattamente il contrario di Moavero che infatti lo smentisce in chiusura, rimarcando il riconoscimento all’Assemblea nazionale come unica istituzione democratica, ergo anche nell’avallare l’autoproclamazione di Guaidò. La maggioranza è in evidente corto circuito.


A fine serata arriva l’annuncio della Casellati che, sulla scorta delle Parole di Moavero, annulla l’audizione del Vice ministro venezuelano in Commissione congiunta esteri difesa del giorno dopo, confermando invece la delegazione inviata da Guaidò. Nonostante ciò si arriva alla mediazione di ascoltare in audizione anche l’ambasciatore venezuelano Rodriguez, mentre il vice ministro Gil, incontrerà i parlamentari della Commissione Esteri 5s.


Mentre Moavero annuncia la linea italiana che verrà votata a maggioranza in una mozione, a Strasburgo Conte interviene al Parlamento europeo parlando di dialogo con la Russia e la Cina e attaccando l’eurocrazia, e rimarcando la centralità del mediterraneo in Europa e lo sfruttamento dell’Africa, ma anche avallando una linea di difesa europea complementare alla Nato.


Un discorso che evidentemente non piace ai parlamentari europei, che lo attaccano anche sul Venezuela e dalla sua difesa si capisce (forse) quale è la linea italiana: “Non riconosciamo il regime di Maduro e chiediamo elezioni presidenziali, ma non riteniamo di riconoscere presidente uno che si è autoproclamato, riteniamo piuttosto che questo rallenti la ricerca di una soluzione, ergo “le elezioni risolvono i problemi, non nel frattempo continuiamo a non riconoscere nessuno”, un po' diversa dalla posizione di Moavero, ma nella sostanza nulla cambia.


E’ evidente che Conte ha come riferimento accademico la politica estera della Democrazia Cristiana e del Partito socialista di qualche decennio addietro: timore di non scontentare mai gli alleati, a costo di prenderli per il culo, e capacità di mettersi sempre in mezzo, che non si sbaglia mai. Applicarla è un tantino diverso e rischioso. Stare in mezzo vuole dire anche prenderle da tutti i lati e se non si presta molta attenzione, rischiare di scontentare tutti.
I 5 stelle sono stati spiazzati e battuti sul Venezuela, dal loro stesso ministro, vero artefice del cambio di rotta del governo. Un affronto che difficilmente sarà digerito a breve. Il loro peso politico nella maggioranza ne esce tremendamente scosso e non si potrà far finta di niente. Se le cose in Venezuela dovessero precipitare tra l’altro il governo italiano sarà complice, a prescindere da ciò che pensano i 5 stelle.
Ciononostante è molto difficile che l’Italia sarà parte attiva negli eventi delle prossime settimane, il chè non è necessariamente un male, a patto di guardare gli eventi nella loro complessità, tenendo ben chiaro che se si vuole appoggiare la linea del dialogo tra le parti ed esserne artefici, è necessario riconoscere la legittimità di tutti i soggetti coinvolti, tenendo ben presente che le istituzioni venezuelane non sono in balia dell’autoproclamato di turno.

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